L’inflazione al 2%, obiettivo di Bce e Fed, si potrà raggiungere probabilmente a una sola condizione: la recessione. Cosa aspettarsi secondo le previsioni degli esperti.
L’inflazione al target del 2% inseguito dalle banche centrali è il cruccio dei mercati.
Negli Usa, l’inflazione annuale misurata dall’indice dei prezzi al consumo è scesa al 3,7% a settembre, o al 4,1% se si escludono i costi volatili di cibo ed energia, questi ultimi in costante aumento negli ultimi tempi. Sebbene entrambi i numeri siano ancora ben al di sopra dell’obiettivo della Fed, rappresentano un progresso rispetto ai giorni in cui l’ inflazione principale correva oltre il 9%.
Tuttavia, le componenti dell’IPC hanno segnalato progressi disomogenei, aiutati da un allentamento di voci come i prezzi dei veicoli usati e dei servizi di assistenza medica, ma ostacolati da forti aumenti di alloggi (7,2%) e servizi (5,7% esclusi i servizi energetici). Questi dislivelli hanno aumentato, di nuovo, le probabilità che la banca centrale Usa possa ancora rialzare i tassi di interesse. Le azioni sono crollate.
In Eurozona il sentiment non è meno teso. Come evidenziato dai verbali Bce, i rischi al rialzo per l’inflazione ci sono e rendono necessaria una politica monetaria aggressiva ancora per un po’.
La domanda che si pongono investitori e analisti, quindi, è se l’obiettivo dell’inflazione al 2% si potrà davvero raggiungere. E, soprattutto, a quale prezzo. Potrebbe essere necessaria una condizione: la recessione.
Per un’inflazione al 2% serve una recessione?
“Serve una recessione”, ha affermato Steven Blitz, capo economista statunitense presso GlobalData TS Lombard. L’inflazione non scenderà magicamente al 2%, ha sintetizzato su Cnbc.
L’analisi è arrivata subito dopo l’attesa lettura dell’IPC Usa per settembre, che non ha rassicurato pienamente sul trend in calo dei prezzi. Questo perché i servizi e i costi degli alloggi si sono rivelati più vischiosi di quelli di cibo e gas o anche delle auto usate e nuove.
“Le forze che stanno guidando la disinflazione tra le varie parti dell’indice alla fine lasciano il posto alla forza macro più ampia, che è in aumento, con una crescita superiore al trend e una bassa disoccupazione”, ha sottolineato Blitz. “Alla fine questo prevarrà finché non arriverà una recessione”.
La convinzione, comunque, è che qualsiasi recessione sarebbe piuttosto superficiale e breve. E l’aspetto ancora più positivo è che molti economisti di Wall Street, tra cui Goldman Sachs, stanno arrivando alla conclusione che la recessione tanto attesa potrebbe anche non verificarsi.
Nel frattempo, però, regna l’incertezza proprio su come si arriverà all’inflazione al 2%. I mercati sono perplessi su quale sarà il prossimo passo della banca centrale: i politici si schiereranno su un altro rialzo dei tassi per una buona misura prima della fine dell’anno, o semplicemente si atterranno al nuovo copione “più alto per più tempo” mentre osservano lo svolgersi delle dinamiche dell’inflazione?
“L’inflazione bloccata al 3,7%, unita al forte rapporto sull’occupazione di settembre, potrebbe essere sufficiente per spingere la Fed a procedere a un ulteriore aumento dei tassi quest’anno”, ha affermato Lisa Sturtevant, capo economista di Bright MLS, una società di servizi immobiliari.
Un aspetto positivo a favore della Fed è che i fattori legati alla pandemia sono in gran parte scomparsi dall’economia. Ma altri fattori persistono.
Marta Norton, responsabile degli investimenti per le Americhe presso Morningstar Wealth ha osservato che “portare l’inflazione per il resto del percorso verso l’obiettivo del 2% richiede un raffreddamento economico, ma l’impresa non è facile, dato l’allentamento fiscale, la forza dei consumatori e la salute finanziaria generale del settore aziendale”.
Cosa si aspetta la Bce sull’inflazione
L’obiettivo del 2% è piuttosto lontano anche per la Bce. I verbali della riunione di settembre hanno sottolineato che la battaglia contro i prezzi elevati non è finita e dovrebbe ancora prevedere tassi piuttosto elevati.
I rischi di vedere impennarsi di nuovo l’inflazione ci sono (con la variabile guerra in Israele non considerata). Le minute della riunione lo hanno evidenziato:
I rischi al rialzo per l’inflazione comprendono potenziali rinnovate pressioni al rialzo sui costi dell’energia e dei prodotti alimentari. Le condizioni meteorologiche avverse, e la crisi climatica in atto più in generale, potrebbero far salire i prezzi dei prodotti alimentari più del previsto. Anche un aumento duraturo delle aspettative di inflazione al di sopra dell’obiettivo del 2%, o aumenti superiori al previsto dei salari o dei margini di profitto, potrebbero spingere l’inflazione più in alto, anche nel medio termine.
Cosa potrebbe aiutare a frenare i prezzi, oltre agli effetti dei tassi alti? La recessione, che tra l’altro in Eurozona è molto più verosimile che negli Usa. Basta leggere il passaggio dei verbali per avere un’idea chiara al riguardo: “una domanda più debole – ad esempio a causa di una più forte trasmissione della politica monetaria o di un peggioramento del contesto economico al di fuori dell’area dell’euro – porterebbe a una minore pressione sui prezzi, soprattutto nel medio termine”.
L’inflazione al 2% sarà possibile con un rallentamento economico: questa sembra essere l’unica certezza - non certo nascosta dalle stesse banche centrali - in questo momento così complesso per l’economia globale.
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