“E non finisce qui”, è la profezia di Bankitalia. Grande vittoria per il governo Meloni, che gongola all’upgrade del rating sui BTP annunciato da S&P. Ma occhio alla BCE.
Nel governo Meloni, in queste ore, è tutto un brindare, dopo la grande notizia arrivata venerdì 11 aprile 2025: l’agenzia di rating S&P Global Ratings ha premiato l’Italia di Giorgia Meloni, alzando il rating sul debito da BBB a BBB+, con outlook stabile.
I motivi elencati sono diversi: il calo del rapporto deficit-PIL dell’Italia, la resilienza delle esportazioni e gli elevati risparmi degli italiani.
Non ultima, la fiducia nel fatto che la BCE, banca centrale europea guidata da Christine Lagarde, continuerà a tenere sotto controllo l’inflazione dell’area euro, impedendo che si verifichino in Europa eventuali fiammate dei prezzi, e agendo al contempo per evitare anche eventuali shock disinflazionistici.
Per quanto concerne i meriti propri dell’Italia, S&P ha spiegato l’upgrade, tra le altre cose, con “il progresso graduale” compiuto dal Paese “ nello stabilizzare i conti pubblici a partire dall’inizio della pandemia Covid-19) ”.
L’Italia di Meloni, insomma, ha fatto i compiti, e li ha fatti bene.
La sorpresa di Giancarlo Giorgetti, che poi scherza
La promozione del rating del debito italiano, in sostanza dei BTP e dei Titoli di Stato italiani, arrivata alla fine di una settimana in cui Piazza Affari e l’azionario globale, ma gli stessi bond sovrani e lo spread BTP-Bund sono stati travolti da movimenti isterici di trading fatti di grandi crolli e improvvise impennate, a fronte di sbalzi storici della volatilità, ha colto di sorpresa lo stesso ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti.
Di primo acchito, Giorgetti ha reagito all’upgrade sottolineando che “il giudizio di S&P premia la serietà dell’approccio del governo italiano alla politica di bilancio”, aggiungendo che, “nel clima generale di incertezza, prudenza e responsabilità continueranno a essere la nostra linea di azione ”.
A margine della riunione dell’Ecofin informale che si è svolta ieri a Varsavia, il titolare del Tesoro ha poi sottolineato che il “ giudizio sul rating ce lo meritavamo, anche se non ce l’aspettavamo ”.
Per poi scherzare: “Il rating è un giudizio su di me, non posso dare un giudizio sul rating”.
La rivincita di Meloni contro i “gufi” post collasso governo Draghi e dopo spettro BTP junk
La mossa di S&P Global Ratings rappresenta il primo cambiamento che l’agenzia ha apportato al rating o all’outlook del debito italiano dal luglio 2022, quando decise di rivedere al ribasso l’outlook da “positivo” a “stabile”, a seguito del collasso del governo precedente di Mario Draghi: una bella e grande rivincita per la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, soprattutto contro i cosiddetti “gufi”, S&P Global inclusa che, dopo la fine del governo Draghi, paventarono il peggio per l’Italia e i suoi BTP.
E invece no: i BTP finora non solo non stati solo bocciati, dalla formazione del governo Meloni nell’autunno del 2022, a seguito delle elezioni anticipate del settembre di quell’anno, ma hanno ricevuto diversi riconoscimenti.
In primis, dall’altra “sorella” del rating Moody’s che, nel novembre del 2023, quando tutti tremarono di fronte al rischio che i BTP diventassero junk, ovvero spazzatura, placò la grande ansia del governo Meloni e dei mercati finanziari sul destino dei Titoli di Stato italiani, confermando la sua valutazione e alzando l’outlook da “negativo” a “stabile”.
Il 22 novembre del 2024, Moody’s ha poi confermato il proprio giudizio, pari a un rating Baa3 con outlook stabile.
Nessuno scossone neanche di recente, con l’ultima delle tre sorelle del rating (Moody’s, S&P Global e Fitch), ovvero Fitch, che ha appena affermato il rating “BBB” con outlook positivo.
Le sfide per l’Italia incise nel DFP (Documento di Finanza Pubblica), con crescita PIL da zero virgola
Tornando all’upgrade di S&P, per il governo Meloni si tratta indubbiamente di una grande notizia, che arriva nel bel mezzo dell’altrettanta grande tensione esplosa sui mercati a seguito della raffica di dazi che il Presidente americano Donald Trump ha annunciato lo scorso 2 aprile 2025, nel cosiddetto “Liberation Day” o “Giorno della Liberazione”, come lui stesso lo ha ribattezzato.
L’annuncio di S&P arriva anche dopo la presentazione da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze guidato da Giancarlo Giorgetti del nuovo DEF, ora noto come Documento di Finanza Pubblica (DFP), in cui sono incise previsioni sul PIL niente affatto confortanti da parte del governo Meloni.
Certo, Giorgetti ha decantato il miglioramento dei conti pubblici e la traiettoria del deficit-PIL, destinata a confermarsi discendente.
Ma, per quanto sia stato rivisto al ribasso, e comunque molto lievemente, il debito-PIL dell’Italia è atteso salire fino al 2026, secondo lo stesso MEF.
Del tallone di Achille della crescita (da prefisso telefonico) del PIL dell’Italia ha parlato uno stesso articolo di Reuters, che ha fatto notare come, anche prima degli annunci dei dazi da parte dell’amministrazione Trump, la terza economia più grande dell’area euro, praticamente, non avesse riportato praticamente alcuna crescita (del prodotto interno loro) dalla metà del 2024.
Il PIL dell’Italia è salito di fatto dello 0,1% nel quarto trimestre del 2024 rispetto ai tre mesi precedenti, dopo essere rimasto stagnante nel terzo trimestre, e “nessuna ripresa è attesa nel breve termine”.
Non solo: va rimarcato come ora il governo Meloni preveda un ritmo di espansione dell’economia italiana, nel 2025, pari a +0,6%, praticamente dimezzato rispetto a quello dell’1,2% atteso nel settembre del 2024, e un incremento pari a +0,8%, rispetto al +1,1% previsto in precedenza.
Per non parlare, poi, della spina eterna rappresentata dal debito-PIL dell’Italia.
Certo, il Tesoro ha confermato che il rapporto deficit-PIL è atteso al 3,3% nel 2025, reiterando l’obiettivo di far scendere il ratio al di sotto del 3% imposto dal Patto di Stabilità e crescita UE del 3% nel 2026, con un target pari al 2,8%.
Ma il debito-PIL, secondo il DFP, è stimato alla cifra monstre del 135,3% nel 2024 e in rialzo al 137,6% entro il 2026, dunque ancora in crescita.
Peggiori potrebbero essere tra l’altro le previsioni future dello stesso governo Meloni, in caso di eventuali shock finanziari, come ha ammesso lo stesso DFP di Giorgetti, nel presentare lo scenario più allarmente per il rapporto debito-PIL e, dunque, per i BTP.
Perché S&P ha promosso il rating dell’Italia di Meloni e cosa potrebbe fare in futuro
Detto questo, S&P Global ha motivato la promozione del debito italiano, sottolineando che l’ultima decisione del Presidente americano Donald Trump di sospendere i dazi sui prodotti UE precedentemente annunciati, pari al 20%, per tre mesi, applicando tariffe più contenute pari al 10%, significa per l’Italia che il danno alla sua economia che sarà inflitto dalla politica commerciale della Casa Bianca sarà “gestibile”.
Quella pausa sui dazi stabilita da Trump implica che “l’impatto sull’economia italiana sarà gestibile, in parte smorzato dall’accelerazione degli investimenti pubblici e dagli stimoli di bilancio tedeschi ”, si legge nella nota dell’agenzia di rating.
Allo stesso tempo, S&P ha avvertito che, a suo avviso, il debito italiano non si stabilizzerà fino al 2028.
In evidenza due scenari che potrebbero portare l’agenzia a modificare il suo rating sul debito italiano.
Un downgrade del giudizio sui BTP potrebbe manifestarsi nel caso in cui i conti pubblici e l’economia dell’Italia venissero interessate da un deterioramento significativo al di là delle previsioni attuali: ciò potrebbe accadere se i dazi americani di Trump finissero per avere un impatto negativo significativo sulla fiducia delle aziende e delle famiglie, così come sulle finanze pubbliche e sulla bilancia dei pagamenti dell’Italia.
Dall’altro lato, il rating potrebbe essere ulteriormente migliorato se l’Italia continuasse a ridurre il rapporto deficit-PIL, mettendo il rapporto debito-PIL su una traiettoria discendente a un ritmo solido.
Un ulteriore upgrade del rating potrebbe essere annunciato anche se la sostenibilità della crescita del PIL potenziale migliorasse al di sopra dell’1%, sulla scia di eventuali riforme che l’Italia decidesse di lanciare per affrontare le sue sfide economiche strutturali.
La reazione del governo Meloni alla promozione di S&P. Stoccata da Salvini alla stampa
Intanto, diversi i commenti che sono arrivati dal mondo politico sull’upgrade di S&P Global del rating sull’Italia.
A inneggiare alla promozione soprattutto gli esponenti del governo Meloni, con alcune stoccate che non sono mancate, in particolare dal vicepremier, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti e leader della Lega, Matteo Salvini.
Così Salvini, nella giornata di ieri, parlando alla Scuola di formazione politica della Lega:
Standard and Poor’s, agenzia che non può essere accusata di sovranismo, innalza il grado di fiducia nei confronti dei titoli italiani. Le agenzie di rating dicono bravi. Se ci fosse stata al governo la sinistra oggi avremmo i cortei ’guarda i geni...”.
Salvini ha poi lanciato un affondo: “ Si fatica a trovare in prima pagina una notizia che qualche anno fa a parti invertite sarebbe in prima pagina ”.
Così in una nota Tommaso Foti, ministro per gli Affari Europei, il PNRR e le politiche di coesione:
“Dopo il segnale positivo arrivato la scorsa settimana dall’agenzia di rating Fitch, anche S&P conferma il rinnovato clima di fiducia nei confronti dell’Italia, alzando il rating da BBB a BBB+ con outlook stabile. Una promozione non scontata - alla luce del contesto globale, caratterizzato da turbolenze geopolitiche e tensioni legate ai dazi - e, al tempo stesso, altamente significativa, poiché non è solo un segnale tecnico, ma si tratta del concreto riconoscimento della linea di responsabilità e serietà portata avanti dal Governo Meloni ”.
Ancora Foti:
“Un esecutivo stabile, coeso, con un forte mandato popolare e una visione chiara di lungo periodo: sono questi gli elementi che S&P ritiene determinanti. La previsione è che, pur con un debito ancora elevato, il rapporto debito-PIL si stabilizzerà a partire dal 2028, anche grazie alla crescita sostenuta e alla qualità degli investimenti. Fondamentale, secondo gli analisti, anche l’andamento, ad oggi, del PNRR, che già nel Documento di economia e finanza atteso in Parlamento mostra un nuovo balzo degli investimenti fissi lordi e rappresenta una leva strategica per lo sviluppo del Paese. L’Italia è tornata a essere considerata affidabile agli occhi del mondo, merito della serietà del Governo Meloni, che ha saputo coniugare prudenza nei conti e visione di crescita nell’interesse della Nazione”.
Upgrade rating S&P, Giorgetti sorpreso, non Panetta (Bankitalia): “non è finita qui”
Un commento decisamente positivo è arrivato anche dal governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta, che ha parlato da Trento nella giornata di ieri, in vista di un evento realizzato in attesa del Festival dell’Economia.
Contrariamente a Giorgetti, il numero uno di Bankitalia non si è detto stupito. L’upgrade di S&P “non mi stupisce, me lo aspettavo”; e “non è finita qui, potrebbe ancora migliorare”.
Panetta ha fatto notare che, di fatto, “ le condizioni dell’economia italiana sono cambiate, i conti pubblici sono condotti con ragionevolezza, non sono trattati come variabile indipendente, ma si cerca di contemperare le esigenze dell’economia tenendo conto dell’elevato debito ”.
A questo punto, grande attesa per la reazione dello spread BTP-Bund a 10 anni e dei tassi dei BTP italiani nella giornata di domani, quando riapriranno i mercati, dopo l’effetto delle turbolenze dei mercati innescate dai ripetuti annunci arrivati da Donald Trump, che hanno travolto anche i Titoli di Stato italiani, e in più di una occasione.
La conseguenza è stata che i rendimenti dei BTP a 10 anni sono schizzati anche a un passo dalla soglia pericolo e che lo spread è volato ai nuovi valori record degli ultimi mesi.
Spread BTP-Bund e rendimenti Italia, il commento e la view di Generali Investments
Un commento sulla dinamica dei rendimenti dei BTP e dello spread è arrivato da Filippo Casagrande, head of investments, Generali Investments, nella nota “Il punto sui mercati e le prospettive in sintesi”. Nota che è stata pubblicata prima dell’annuncio dell’upgrade del rating da parte di S&P.
“Per quanto riguarda gli spread pubblici e privati, in genere abbiamo assistito ad un movimento di risk-off, con spread in allargamento, specie nei comparti più rischiosi. Lo spread tra BTP e Bund decennali è salito da 110 a 130 punti base, scendendo poi a 120 ”.
Casagrande ha tuttavia detto anche che “ non si tratta di un movimento particolarmente negativo, considerando la volatilità di mercato”.
Anzi, a essere rimarcato è stato il “forte miglioramento dei conti pubblici degli ultimi due anni, con l’eliminazione del deficit primario accumulato sotto i governi Conte-Draghi ”.
Ancora, Casagrande ha sottolineato che, “guardando al mondo degli spread pubblici e privati, i BTP rimangono supportati da una politica fiscale prudente, ed episodi di volatilità possono rappresentare occasioni di investimento ”.
In generale, Generali Investments mantiene “ un atteggiamento costruttivo sui Bund tedeschi, con il range 2,7%-2,8% come area di accumulo/aumento dell’esposizione ”.
L’esperto ha aggiunto inoltre che, “come abbiamo visto nei giorni scorsi, tensioni sui mercati possono spingere i Bund decennali verso area 2,4%-2,5%”, sottolineando che gli analisti di Generali Investments rimangono “ moderatamente costruttivi anche sui BTP, pur consapevoli della maggiore volatilità in questo ambiente di mercato”.
BCE Day in arrivo, le previsioni sull’annuncio sui tassi che arriverà a breve da Christine Lagarde
A questo punto, in attesa di capire come apriranno domani lo spread BTP-Bund e i BTP, non si può prescindere dall’attenzione che gli investitori daranno al grande evento market mover della settimana che si sta per aprire: la riunione della BCE del prossimo giovedì 17 aprile 2025.
Attesa al varco la presidente della BCE Christine Lagarde, le cui dichiarazioni potrebbero provocare forti scosse sul mercato azionario e dei titoli di Stato dell’area euro, visto che arriveranno in un momento in cui le piazze finanziarie escono da una settimana in cui protagonista è stata la storica tensione esplosa con i vari annunci di Donald Trump sui dazi.
Ora c’è un’altra minaccia che angoscia Lagarde, che porta il doppio nome di crisi del dollaro USA e di apprezzamento dell’euro.
Una qualsiasi dichiarazione da parte di Lagarde che dovesse ignorare questo fenomeno potrebbe costare cara ai mercati e ai BTP in particolare.
La BCE di Lagarde ha annunciato il sesto taglio dei tassi dal giugno dello scorso anno a seguito della riunione del Consiglio direttivo del 6 marzo scorso.
La sesta sforbiciata ha seguito quella dello scorso 30 gennaio 2025, facendo scendere i tassi di interesse sui depositi presso la banca centrale, sulle operazioni di rifinanziamento principali e sulle operazioni di rifinanziamento marginale al 2,50%, al 2,65% e al 2,90%.

Dopo la sfilza di esternazioni ed annunci vari di Trump sui dazi i mercati - che subito dopo le dichiarazioni di Lagarde rilasciate nell’ultimo BCE Day del 6 marzo scorso avevano iniziato a prezzare lo scenario di una pausa nel ciclo dei tagli dei tassi della banca centrale - scommettono praticamente su un settimo taglio dei tassi nella imminente riunione di giovedì prossimo con una probabilità che è pari, praticamente, a una certezza.
Tra gli esperti, in evidenza il nuovo outlook degli economisti di JPMorgan, secondo cui la Banca centrale europea taglierà i tassi altre quattro volte nel 2025, fino a portarli all’1,50% nel mese di settembre 2025.
C’è chi si è interrogato anche sulla possibilità che la BCE annunci un taglio dei tassi di emergenza in caso di ennesimi crolli dei mercati; sebbene su questo punto, a fare da monito è la grande illusione scontata da Wall Street su un intervento salvifico da parte della Federal Reserve di Jerome Powell, che è stata smontata alla fine nell’arco di poche ore.
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