Ecco in quali casi serve il consenso del proprietario di casa per spostare la residenza e quando, invece, se ne può fare a meno.
Per spostare la propria residenza bisogna utilizzare l’apposita procedura online o recarsi presso gli uffici competenti del Comune dove avverrà il trasferimento. La documentazione può anche essere inoltrata tramite posta elettronica o raccomandata, sempre completa di tutti i documenti necessari. Tra questi deve di norma esserci anche un documento che attesta il diritto del cittadino a eleggere come dimora abituale proprio quell’immobile, che non è sempre subordinato al consenso del proprietario di casa.
Ci sono, infatti, molte diverse situazioni giuridiche che legittimano a trasferire la propria residenza in un immobile. Si tratta, di fatto, di qualsiasi titolo legalmente valido per andare ad abitare in una nuova casa. La residenza corrisponde a nient’altro che la dimora abituale del cittadino, il luogo in cui trascorre la maggior parte del tempo, quantomeno per dormire e per consumare i pasti. Vediamo quando serve il consenso del proprietario.
Consenso del proprietario per cambiare residenza
L’occupazione abusiva degli immobili è contraria alla legge, pertanto chi deve trasferire la propria residenza in un immobile deve essere legittimato da un titolo giuridico. Ci si può quindi trovare di fronte a diverse situazioni, a seconda del motivo per cui si necessita di spostare la residenza e della ragione per cui si ha diritto a iscriverla in una determinata casa. Le opzioni sono:
- acquisto di un nuovo immobile;
- contratto di locazione;
- ricongiungimento familiare;
- ospitalità;
- comodato d’uso.
Nella prima ipotesi il proprietario coincide con il soggetto che deve cambiare la residenza, pertanto sarà sufficiente esibire al Comune il titolo di proprietà dell’immobile. Ovviamente in questo caso sarebbe assurdo interrogarsi sul consenso del proprietario, ma può essere utile affrontare il caso della comproprietà.
Ognuno dei proprietari ha diritto a iscrivere la residenza nell’immobile, a prescindere dal consenso degli altri proprietari e dalle quote di proprietà. Ognuno ha infatti pari diritto a utilizzare la casa, purché non ne alteri la destinazione d’uso e non ostacoli il pari godimento altrui.
Veniamo ora all’ipotesi del contratto di locazione. L’inquilino può esibire quest’ultimo documento per cambiare la propria residenza, senza necessità alcuna di ulteriore conferma da parte del locatore. Anzi, in presenza di un contratto d’affitto il proprietario non può negare al conduttore di trasferire la propria residenza nell’immobile. Sempre in tema di contratto d’affitto, rileva l’ipotesi del ricongiungimento familiare.
Il proprietario di casa non può infatti negare il trasferimento della residenza al coniuge, ai parenti e agli affini entro il 4° grado o ai dipendenti domestici dell’inquilino. È però necessario il consenso di quest’ultimo, espresso mediante il contratto di lavoro del collaboratore domestico o semplicemente l’assenso dell’intestatario del contratto di locazione.
Gli inquilini possono infatti chiedere in ogni momento la cancellazione della residenza, subordinata comunque ai controlli della Polizia locale sull’effettiva dimora del soggetto.
Serve, invece, il consenso del proprietario di casa quando ci si accinge a ospitare un soggetto terzo, tenuto conto che la maggior parte dei contratti d’affitto vieta la sublocazione. In questo caso bisogna procedere con una dichiarazione di ospitalità, accettata sia dall’intestatario del contratto di locazione. Nell’ipotesi in cui sia ammessa la sublocazione, al contrario, si procederà direttamente con questo contratto, sempre che il rapporto tra le parti sia definito in questi termini.
C’è poi un’altra alternativa al contratto di locazione o di acquisto dell’immobile, ossia quello di usufrutto o comodato d’uso gratuito. Entrambi i contratti possono essere stipulati esclusivamente con il consenso del proprietario. È fondamentale che il soggetto abbia la proprietà dell’immobile quando costituisce l’usufrutto, che per esempio può essere validamente costituito con il testamento, anche quando la nuda proprietà passa a un altro erede.
Il consenso del proprietario non serve nelle ipotesi di usufrutto legale, per esempio dei genitori nei confronti dei beni appartenenti ai figli minorenni.
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