Stipendio minimo in Italia, la tabella con gli importi per ogni settore

Simone Micocci

11 Novembre 2024 - 22:46

In Italia c’è uno stipendio minimo, ma non è uguale per tutti: la paga minima sindacale viene infatti fissata dai contratti collettivi del lavoro.

Stipendio minimo in Italia, la tabella con gli importi per ogni settore

In Italia non c’è uno stipendio minimo tutelato dalla legge, ma questo non significa che non ci siano tutele per il lavoratore e che l’azienda possa liberamente scegliere quanto pagare un dipendente.

Semplicemente quando si parla di stipendio minimo in Italia si deve guardare altrove: la legge infatti si limita a stabilire che ogni lavoratore ha diritto a una retribuzione dignitosa, proporzionata alla quantità e alla qualità del suo lavoro, mentre sono i contratti collettivi del lavoro a determinare il minimo sindacale al di sotto del quale non si può andare.

Nel dettaglio, secondo il Cnel il 99% dei lavoratori italiani è tutelato da un contratto collettivo che oltre a fissare l’importo minimo della “paga sindacale” interviene anche disciplinando altri aspetti, come il diritto a permessi, ferie e tutela della genitorialità.

La differenza tra salario minimo e stipendio minimo sindacale

Non esiste quindi uno salario minimo uguale per tutti in Italia, bensì una retribuzione minima sindacale per ogni settore che varia in base al livello di inquadramento, garantita non dalla legge bensì dal contratto collettivo firmato dalle associazioni datoriali e dai sindacati rappresentativi dei lavoratori.

Tuttavia non mancano i problemi: ci sono infatti dei contratti collettivi approvati appositamente per prevedere un compenso più basso rispetto a quello previsto dai Ccnl più rappresentativi del settore. Una soluzione in realtà è già sul tavolo del governo: come da emendamento approvato dalla maggioranza parlamentare, in risposta alla proposta delle opposizioni di introdurre un salario minimo assicurato dalla legge nazionale, il governo ha ottenuto la delega per approvare le norme necessarie al rafforzamento della contrattazione collettiva, individuando un trattamento economico complessivo minimo pari alla retribuzione fissata dal contratto collettivo più rappresentativo per ogni settore, da cui nessuno può discostarsi.

A tal proposito, per quanto il governo non abbia fatto ancora passi in avanti concreti, è interessante vedere qual è lo stipendio minimo previsto per i vari settori lavorativi dai contratti collettivi di riferimento; un’informazione utile per coloro che vogliono capire se la propria retribuzione è conforme ai minimi sindacali.

Stipendio minimo: a quanto ammonta in Italia?

Secondo il “Salary Outlook 2023” dell’Osservatorio JobPricing, lo stipendio medio in Italia è pari a 30.284 euro lordi l’anno (considerando il solo settore privato), circa 24.000 euro netti.

Nessun salario minimo come detto sopra, per quanto nei mesi scorsi sia stata avanzata una proposta per introdurre una soglia di 9 euro l’ora (lordi) garantiti dalla legge. Lo stipendio minimo viene invece disciplinato dalla contrattazione collettiva: in Italia oggi risultano 985 contratti vigenti - rendendo alquanto complicato il controllo da parte del Cnel - tra i quali si “nascondono” accordi con sigle minori, e alcune volte persino fittizie, meno vantaggiosi per i lavoratori (il cosiddetto fenomeno del dumping contrattuale).

A tal proposito, di seguito ne riportiamo solamente alcuni, utili comunque per capire qual è lo stipendio minimo nei vari settori.

Settore d’impiego Stipendio minimo (lordo)
Agricoltura (Contoterzismo) 1.429,41
Operai e florovivaisti 944,62
Alimentaristi (Artigiani) 1.436,20
Alimentaristi (Industrie) 1.117,15
Pesca marittima 1.524,89
Abbigliamento (Artigiani) 1298,05
Pulitolavanderie 1.468,21
Chimica, gomma, plastica, vetro 1.529,25
Servizi elettrici 1.563,38
Gas e acqua 1.624,57
Energia e petrolio 1.378,91
Pulizia Multiservizi 1.210,39
Plastica e gomma 1.529,25
Farmaceutico 1.698,46
Legno imprese artigiane 1.733,85
Legno Pmi 1.388,70
Cemento, calce e gesso, Industrie 1.584,89
Edili Pmi 1.511,78
Orafi, Argentieri e Affini 1.335,32
Odontotecnici 1.278,99
Restauro beni culturali 1.456,63
Metalmeccanica, industrie 1.608,67
Piccole medio imprese nel settore Editoria e Grafica, Fotografi e affini 1.367,60
Editoria (Industrie) 1.346,92
Grafica(Industrie) 1.346,92
Settore televisivo privato 1.314,01
Settore radiofonico 1.179,56
Autoferrotranvieri 1.238,15
Autotrasporto e spedizione merci 1.522,12
Pompe funebri 1.482,72
Imprese portuali 1.470,34
Gestione aeroportuale 1.195,90
Agenti immobiliari 1.663,73
Amministratori di condominio 1.091,43
Commercio, terziario e servizi 1.305,50
Portieri e custodi 1.275,30
Farmacie private (urbane) 1.327,25
Imprese di viaggi e turismo 1.333.46
Pubblici esercizi 1.330,48
Stabilimenti balneari 1.330,48
Alberghi 1.350,12
Studi e attività professionali 1.445,63
Vigilanza privata 1.185,44

Questi sono gli importi lordi minimi che i contratti collettivi riconoscono per il livello base: non si tiene conto ovviamente delle voci accessorie che possono aumentare l’importo della busta paga, come ad esempio straordinari, maggiorazioni per festivi e premi di produttività.

Cosa fare se il salario riconosciuto è inferiore a quanto previsto?

Come anticipato le cifre indicate nella tabella fanno riferimento al minimo tabellare previsto da ogni settore per il livello più basso d’inquadramento. Quindi è probabile che nel vostro caso specifico la retribuzione minima dalla quale il datore di lavoro non può discostarsi sia persino più alta.

Ecco perché la prima cosa che dovete fare - qualora vogliate verificare che lo stipendio a voi riconosciuto sia adeguato - è consultare il contratto collettivo di riferimento così e vedere qual è il salario minimo in base al ruolo ricoperto e all’anzianità di servizio.

Se il vostro salario è inferiore rispetto a quello stabilito, allora dovrete rivolgervi al sindacato di riferimento, o comunque a un legale, per avere una consulenza e un parere.

Per coloro che non hanno un contratto collettivo a tutelarli, il 20% secondo le stime, è possibile fare ricorso al giudice. Come stabilito dal comma II dell’articolo 2099 del Codice Civile, infatti, in mancanza di norme corporative o di accordo tra la parti, è il giudice a determinare la retribuzione sufficiente, tenendo conto - nel caso in cui ce ne fosse bisogno - del parere delle associazioni professionali.

Il giudice incaricato, quindi, facendo riferimento al contratto collettivo del relativo settore del lavoratore che ha presentato il ricorso dovrà stabilire qual è la retribuzione sufficiente e ordinare un eventuale ordinamento contrattuale, garantendo gli arretrati di stipendio dalla data in cui viene accertato che il lavoratore è occupato in quella specifica mansione.

E attenzione, perché se ritenete che il contratto a voi applicato preveda una retribuzione minima sindacale troppo bassa, allora potete comunque fare ricorso al giudice. È già successo e il Tribunale ha dato ragione al lavoratore: anche se la regola vuole che sia l’accordo collettivo a definire lo stipendio minimo, questo deve comunque rispettare quanto stabilito dall’articolo 36 della Costituzione, secondo cui il lavoratore ha diritto a una “retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”.

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