3 motivi per i quali una guerra in Taiwan è ancora possibile

Giorgia Bonamoneta

24/08/2023

La Cina potrebbe ancora dichiarare guerra a Taiwan? L’estate è quasi finita, ma non la tensione tra i due Paesi. Ecco 3 motivi per i quali una guerra in Taiwan è ancora possibile.

3 motivi per i quali una guerra in Taiwan è ancora possibile

La tensione tra Cina e Taiwan non va in ferie e, mentre l’Italia è concentrata sul caso Vannacci, 42 aerei da guerra cinese hanno fatto incursione nella zona dell’isola. L’annuncio di Taiwan è solo l’ultimo degli eventi che hanno percorso l’estate nel mar Cinese. Una guerra in Taiwan è ancora possibile.

Tra minacce, incursioni e blocco dell’esportazione del mango (che fa quasi ridere se non fosse un elemento di scontento tra la popolazione in vista delle elezioni di gennaio), la Cina ha accerchiato Taiwan da un punto di vista economico, diplomatico e militare. Le prossime elezioni nel Paese sono poi un’incognita: se l’attuale vicepresidente Lai Ching-te dovesse diventare presidente a gennaio, le relazioni tra i due Paesi potrebbero degenerare. Pechino ha giù definito Lai come un “separatista indipendentista” e un “piantagrane” capace di minacciare la tenuta del paese.

Negli ultimi giorni il generale (ora in congedo) Giorgio Battisti, intervistato da Il Giornale, ha commentato i recenti fatti spiegando che le forze armate taiwanese si stanno preparando allo scenario peggiore di fronte, non a un “se i cinesi attaccheranno” ma “quando i cinesi attaccheranno”.

La crisi Cina-Taiwan non è certo rientrata e ci sono almeno 3 motivi per i quali una guerra in Taiwan è ancora possibile.

Provocazioni: incursioni e manovre militari della Cina

La Cina rappresenta una vera minaccia militare per Taiwan. Di prove ne ce sono molte. L’ultima nota del ministero della Difesa di Taiwan segnalava, lo scorso 18 agosto, l’incursione di 42 aerei da guerra cinesi nei propri confini. A questi si aggiungono una serie di altri comportamenti che vengono definiti provocatori, ma che sono vere e proprie “prove di guerra”.

Le esercitazioni militari della marina e dell’aeronautica intorno all’isola di Taiwan ne sono un esempio. La nota del ministero della Difesa continua nel dettaglio e ha raccontato di come 26 dei 42 aeree da guerra abbiamo effettivamente attraversato la linea mediana dello Stretto di Taiwan. Nelle manovre hanno partecipato anche 8 navi cinesi.

Non serve fare supposizioni sui motivi di tali manovre, quando lo stesso portavoce del comando cinese ha confermato che le esercitazioni sono “un severo monito alla collusione dei separatisti indipendentisti di Taiwan con elementi stranieri e le loro provocazioni”.

Economica cinese: una distrazione oltre la crisi

Gli Stati Uniti lo scorso luglio hanno disposto una fornitura di 345 milioni di dollari a Taiwan in “assistenza militare”. Nel pacchetto sono inclusi l’equipaggiamento per la difesa, oltre all’istruzione e l’addestramento.

La risposta di Pechino, come sempre, non si è fatta attendere. Secondo l’ex generale Giorgio Battisti:

Xi Jinping potrebbe ordinare l’occupazione di una piccola isola periferica sotto la sovranità di Taiwan per distogliere l’attenzione dalla crisi economica.

L’isola potrebbe essere quella di Pratas, a 450 chilometri a Sud da Kaohsiung; e, se serve un pretesto, questo potrebbe essere proprio la recente visita del vicepresidente taieanese Lai negli Stati Uniti.

E cosa c’entrano i mango? Come riporta Giulia Pompili su Il Foglio, il mango invenduto potrebbe fare meno paura delle incursioni aeree e navali, ma agisce direttamente sulla collettività e funziona da deterrente in vista delle elezioni presidenziali di gennaio 2024. “Del resto non serve per forza pronti alla guerra d’invasione su larga scala: se la Cina è abbastanza forte da piegare l’economia taiwanese, chi vorrebbe un candidato ostile a Pechino?”.

Elezioni di gennaio: un presidente che porta squilibrio

Le elezioni in Taiwan sono strategiche e dai risultati si potrà evincere il futuro dell’isola. Il ministero degli Esteri cinese si è apertamente lamentato di dell’attuale vicepresidente taiwanese Lai Ching-te, personaggio che potrebbe diventare il futuro presidente a gennaio 2024.

La Cina lo attacca perché potrebbe velocizzare la direzione opposta a quella che il dragone preferirebbe intraprendere. Lai però si presenta agli elettori taiwanesi e alla comunità internazionale come un simbolo di continuità, promettendo di mantenere lo status quo. Eppure non gode delle simpatie cinesi, che lo hanno additato come un “separatista indipendentista” e un “piantagrane”.

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