Tassa su spesa e acqua nella Legge di Bilancio 2020. Nel mirino le confezioni di plastica

Rosaria Imparato

18/10/2019

Tassa sulla spesa e sull’acqua previste nella Legge di Bilancio 2020. Nel mirino confezioni in plastica e in polistirolo, insomma ogni tipo di imballaggio. La stangata in arrivo colpisce sia le industrie che i consumatori. Non sarà forse un mascherato aumento dell’IVA?

Tassa su spesa e acqua nella Legge di Bilancio 2020. Nel mirino le confezioni di plastica

Nuova tassa sulla spesa e in pratica anche una tassa sull’acqua sono in arrivo con la Legge di Bilancio 2020.

Nel Documento Programmatico di Bilancio infatti si fa riferimento all’introduzione di un’imposta sugli imballaggi di plastica corrispondente a 1 euro per ogni kg di involucro.

L’imposta partirebbe dal 1° giugno 2020 e colpirebbe non solo il settore degli imballaggi, dell’imbottigliamento, dei contenitori monouso e del polistirolo, ma anche i consumatori.

Un aumento del prezzo di produzione corrisponde infatti a un rincaro anche per le tasche dei contribuenti: per l’acqua, ad esempio, si pagherebbe di più non solo la plastica della bottiglia, ma anche la plastica dell’imballaggio.

L’incremento del prezzo finale del prodotto, quindi quello che paga il consumatore, si alzerebbe per tantissimi beni primari: dalla frutta ai cotton fioc, dall’insalata al pacco di pasta.

Una vera e propria stangata che assume sempre più la forma di un aumento dell’IVA mascherato da svolta green.

Questa è l’accusa mossa anche da Confindustria: la misura penalizza i prodotti e non i comportamenti, e per ora non sono previsti investimenti per lo smaltimento dei rifiuti.

Tassa sulla spesa e sull’acqua in arrivo con la Legge di Bilancio 2020. Nel mirino le confezioni di plastica

Il Documento Programmatico di Bilancio inviato il 16 ottobre a Bruxelles fa riferimento, tra le misure per promuovere la sostenibilità dell’ambiente, l’introduzione di un’imposta sugli imballaggi di plastica a partire dal 1° giugno 2020.

Nel mirino la plastica e non solo: verrebbero colpiti dall’imposta di 1 euro per ogni kg di imballaggio prodotto i settori dell’imbottigliamento, dei contenitori monouso e del polistirolo.

Naturalmente, ad ogni aumento del costo di produzione corrisponde un incremento sul prezzo finale pagato dal consumatore. La stangata in arrivo, dunque, con la Legge di Bilancio 2020 coinvolge sia i contribuenti che le aziende.

Se davvero dovesse profilarsi una nuova tassa sulla spesa nel 2020 per contrastare l’inquinamento e favorire lo sviluppo di consumi sostenibili, buona parte dei prodotti che acquistiamo giornalmente subiranno un aumento di prezzo.

L’impegno green del Governo Conte era stato preannunciato durante la conferenza stampa in occasione dell’approvazione della NADEF il 30 settembre 2019, in cui il Presidente del Consiglio aveva detto: “Vogliamo proteggere da subito il nostro ambiente, non l’anno prossimo, non fra due anni”.

Non bastava la tassa sulla spesa che aveva già scaldato gli animi dei consumatori lo scorso anno, ovvero quella sulle buste biodegradabili per pesare la frutta e la verdura.

La tassa sulla spesa e sulla plastica del Governo giallo-rosso porterebbe, solo nel 2020, tassando con 1 euro ogni kg di imballaggio prodotto, un gettito di 2 miliardi di euro nelle casse dello Stato.

Il risvolto sarebbe dunque doppiamente positivo: da un lato aumentano le entrate erariali e dall’altro vengono scoraggiati i comportamenti dannosi.

Ma è davvero così?

Tassa sulla spesa e sull’acqua: la plastic tax nasconde un aumento dell’IVA?

A protestare contro questa nuova tassa sulla spesa e, come anticipato, in pratica anche una tassa sull’acqua, sono sia le associazioni dei produttori di plastica che l’industria delle acque minerali.

Il rischio è che i prezzi si alzino talmente tanto per il consumatore finale che costerà più una bottiglia d’acqua che un farmaco.

A far sentire la voce dei industriali ci ha pensato Confindustria, che ha preso posizione contro la plastic tax poiché sarebbe “una sorta di doppia imposizione e come tale sarebbe ingiustificata sia sotto il profilo ambientale che economico e sociale”.

La tassa infatti colpirebbe anche gli imballaggi contenenti materiale riciclato, penalizzando di fatto tutti gli sforzi intrapresi finora dalle imprese.

Marco Ravazzolo, responsabile ambiente dell’area Politiche industriali di Confindustria, durante il Forum CompraVerde tenutosi a Roma il 17 e il 18 ottobre, ha dichiarato che:

Così com’è, è un aumento mascherato dell’IVA che si abbatte sui consumi e senza alcuna finalità ambientale. Le industrie produttrici di imballaggi di plastica e le industrie utilizzatrici pagano già il CAC, Contributo ambientale Conai: 450 milioni l’anno, dei quali 350 sono versati ai Comuni per garantire il servizio della raccolta differenziata. Sarebbe una doppia imposta per le imprese

Il fatto è che non è previsto che i due miliardi di euro di gettito che lo Stato dovrebbe incassare dalla plastic tax vengano investiti per nessuna innovazione tecnologica, o miglioramento degli impianti di smaltimento e riciclo, o anche per scopi di ricerca.

Anche Ettore Fontana, vicepresidente di Mineracqua, si schiera contro la tassa sulla plastica, e lo fa con numeri alla mano. In pratica, con l’imposta ipotizzata di 1 euro al kg,
su ogni tonnellata di plastica Pet, che costa 900 euro, ci sarebbe un aumento di oltre il 100%, perché la plastic tax ammonterebbe a 1.000 euro.

Insomma, si pagherebbe più di tassa che il prodotto stesso.

Il Ministro dell’Ambiente Sergio Costa, dal canto suo, ha proposto, sempre durante il Forum CompraVerde, di aprire un tavolo di discussione con le imprese, visto che manca ancora qualche giorno al 20 ottobre, data in cui il testo della Legge di Bilancio 2020 deve essere presentata in Parlamento.

La sfida lanciata alle industrie è di trovare un modo per rimodulare la plastic tax “in modo che sia applicabile solo a quelle non riciclabili, non biocompatibili e non ecocompatibili”.

Il problema più grave che viene giustamente sottolineato da Confindustria è che in Italia manca una corretta gestione della plastica, visto che mancano gli impianti di riciclo (argomento non affrontato dal Decreto Clima): la plastica, se riciclata in modo esatto, può essere riutilizzata un numero infinito di volte.

In realtà, qui si incappa nel solito burocratese italiano: non è chiaro nemmeno cosa si intenda per plastica non riciclabile.

Marco Ravazzolo di Confindustria fa riferimento in particolare alla decreto del 20 settembre 2013 del Ministero della Salute, che stabilisce, senza alcuna motivazione scientifica, il limite per la plastica riciclata all’interno delle bottigliette d’acqua: non più del 50%.

Il solito cane che si morde la coda, e a rimetterci saranno, come al solito, i consumatori.

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