Il presidente americano Donald Trump può strepitare quanto vuole ma dai dati arrivati oggi dal mercato del lavoro arriva una chiara indicazione per trend tassi Fed.
La Fed di Powell è destinata suo malgrado a entrare in rotta di collisione con Donald Trump.
A confermarlo è il trend dei mercati, che stanno lanciando un messaggio molto chiaro alla Banca centrale americana e alla Casa Bianca: l’economia americana non solo non sta lanciando nessun SOS alla Federal Reserve, invocando eventuali ulteriori tagli dei tassi dopo quelli annunciati, tre, dal settembre del 2024 fino alla fine dell’anno. L’economia americana sta bene, come hanno dimostrato di nuovo i numeri che sono stati sfornati oggi dal dipartimento del Lavoro degli Stati Uniti.
NonFarm Payrolls, mercato lavoro USA solido: disoccupazione giù e salari su
Se è vero che da un lato la crescita dei nuovi posti di lavoro è stata deludente, dall’altro lato il tasso di disoccupazione è sceso.
Non solo: a confermarsi solida è stata anche la dinamica dei salari, che incide sul trend dell’inflazione.
Insomma, sono gli stessi dati macro che sbattono in faccia a Donald Trump la resilienza dei fondamentali economici e dell’occupazione USA. La Fed avrebbe ragione a non avere alcuna fretta di tagliare i tassi.
Market mover di oggi il report occupazionale USA, o anche Nonfarm payrolls, che ha messo in evidenza come, lo scorso mese, l’economia americana abbia creato 143.000 nuovi posti di lavoro.
Un dato, di primo acchito, poco confortante, in quanto il consensus degli analisti aveva previsto un aumento di 170.000 buste paga circa. Il numero dei payrolls ha segnato inoltre un forte rallentamento rispetto al mese di dicembre, quando la crescita dei nuovi posti di lavoro era stata pari a ben +307.000 unità. Questa ultima cifra è stata annunciata oggi, con il dipartimento del Lavoro USA che ha rivisto al rialzo di ben 51.000 unità le stime inizialmente comunicate a dicembre, pari a un aumento di 256.000 unità.
Altra ottima notizia: il tasso di disoccupazione USA è sceso a gennaio, dal 4,1% di dicembre al 4%. Occhio inoltre al trend dei salari, con quelli orari che sono saliti in media a gennaio dello 0,5% su base mensile e del 4,1% su base annua: numeri decisamente più forti delle attese degli economisti di Dow Jones, che avevano puntato su un rialzo mese su mese pari a +0,3% e su un incremento su base annua limitato a +3,7%.
Solida la partecipazione alla forza lavoro, che si è attestata al 62,6%, rispetto al 62,5% di dicembre.
I numeri hanno confermato il quadro solido del mercato del lavoro degli Stati Uniti, sotto i riflettori anche nella giornata di ieri, con il rapporto relativo alle buste paga del settore privato - il report ADP - che ha indicato la creazione, a gennaio, di nuovi 183.000 posti di lavoro, meglio delle stime e in rafforzamento rispetto alla crescita di 176.000 unità del mese precedente.
Altro che Eurozona, potrebbe commentare qualcuno, dove l’economia arranca a fronte di una BCE che si sta muovendo ancora cautamente nel tagliare i tassi di interesse.
I fondamentali dell’economia USA stanno smentendo in modo quasi plateale le richieste, o meglio la pretesa del presidente americano Donald Trump, che ha chiesto alla Fed di “tagliare immediatamente i tassi” dopo che erano passati solo quattro giorni dall’ingresso del tycoon nell’Ufficio Ovale.
Si sa che la Fed di Jerome Powell ha fatto invece di testa sua, interrompendo il processo dei tagli dei tassi che aveva avviato nel settembre del 2024, e che finora si è tradotto in una sforbiciata complessiva di 100 punti base.
Tassi Fed, Bessent: Trump vuole abbassare i tassi dei Treasury a 10 anni
La tensione con la Fed dell’amministrazione Trump è confermata anche dalle dichiarazioni del nuovo segretario al Tesoro USA Scott Bessent, che da un lato ha detto chiaramente che Trump non sta chiedendo alla Fed di tagliare i tassi e che dall’altro, in una intervista rilasciata alla rete televisiva Fox Business, ha sottolineato che ciò che vuole fare il presidente USA è abbassare i rendimenti dei titoli di Stato USA con scadenza a 10 anni.
L’impressione, tuttavia, è che tutte queste ambizioni siano destinate a rimanere nel regno delle ipotesi: i mercati non stanno infatti prendendo affatto sul serio le minacce contro la Fed che arrivano dall’amministrazione Trump, o l’obiettivo di Scott Bessent di bypassare la Fed per tagliare i tassi di interesse, come ha fatto notare la CNN.
A parlare soprattutto la reazione dei Treasury che, subito dopo la pubblicazione del report occupazionale USA, scaricati dagli investitori, hanno visto i rendimenti decennali balzare di 5 punti base fino a oltre il 4,5%. In aumento anche i rendimenti dei Treasury a 2 anni, saliti fino al 4,27%.
Sui mercati la grande scommessa, guardando alla Fed, è di tassi di interesse che continueranno a essere lasciati fermi anche per diversi mesi, in attesa di quelle che saranno le conseguenze, finora definite praticamente da tutti inflazionistiche, che la politica economica di Donald Trump provocherà.
Trump strepita, ma i mercati danno ragione a Powell
Trump potrà strepitare quanto vuole, ma per ora i mercati stanno dando ragione non a lui, ma alla Fed.
Così ha intanto commentato i dati di oggi Neil Birrell, responsabile della divisione di investimenti di Premier Miton Investors, stando a quanto riportato dal Guardian:
“Il mercato dell’occupazione rimane in condizioni di salute decenti. Sebbene la creazione di nuovi posti di lavoro sia stata lievemente inferiore alle aspettative, la partecipazione alla forza lavoro è stata forte e il trend dei salari, in media, è stato impressionante”.
Ciò significa, ha fatto notare l’esperto, che “non c’è niente in questi numeri che lasci pensare a qualcosa che sia diverso da una economia che rimane robusta, e che non si sta né surriscaldando né indebolendo in modo preoccupante”. Di conseguenza, la Fed dovrebbe continuare a propendere per il wait and see. “E noi possiamo tornare a preoccuparci del commercio globale e dei dazi”
Alert Treasury, rendimenti +80 pb da primo maxi taglio tassi Fed di settembre
Lo scorso mercoledì 29 gennaio 2025, al termine del primo meeting da quando Trump è diventato ufficialmente il 47esimo Presidente degli Stati Uniti in data 20 gennaio, il FOMC - ovvero il braccio di politica monetaria della Federal Reserve - ha annunciato di aver lasciato i tassi di interesse USA invariati al range compreso tra il 4,25% e il 4,5%, dopo i tre tagli consecutivi varati a partire dal mese di settembre fino all’ultima riunione di dicembre 2024.
Dopo aver alzato ripetutamente i tassi sui fed funds USA nel biennio 2022-2023, la Fed ha annunciato il suo primo taglio in più di quattro anni nel settembre del 2024, pari a 50 punti base.
La banca centrale americana ha poi tagliato i tassi di 25 punti base, subito dopo la notizia della vittoria alle elezioni USA di Donald Trump.
L’ultimo atto del 2024 della Fed si è concluso lo scorso dicembre con un terzo taglio che ha portato i tassi sui fed funds a scendere al nuovo range compreso tra il 4,25% e il 4,5%.
Questo livello è stato infine confermato nella prima riunione della Fed del 2025.
Il messaggio più forte che Trump dovrebbe ascoltare continua ad arrivare dal mercato dei Treasury: da quando la Fed ha iniziato a tagliare i tassi, i rendimenti decennali sono balzati di ben 80 punti base.
Pur in calo di 19 punti base nell’ultimo mese di contrattazioni, i rendimenti viaggiano a un valore superiore di 38 punti base rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, ovvero su base annua, fotografando una realtà che non sembra portare il nome né dell’avvento di nuovi tagli da parte della Fed né di un rallentamento delle pressioni inflazionistiche.
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