I titoli FAANG hanno fatto registrare risultati impressionanti negli ultimi anni, ma ora la brusca frenata di Netflix ha portato gli analisti a farsi diverse domande sul futuro. Il punto
I titoli FAANG hanno raggiunto il loro massimo?
È più o meno questa la domanda che si sono posti gli investitori durante la settimana, vista la deludente trimestrale di Netflix che ha fatto perdere al titolo più del 13%, salvo poi il rimbalzo che gli ha permesso di chiudere sotto del 5%.
Questo sulla scia dei soli 670.000 nuovi abbonati negli Stati Uniti, inferiori agli 1,19 milioni previsti, uniti ai 4,47 milioni di nuove sottoscrizioni a livello internazionale contro i 4,97 milioni attesi.
Seguono poi Facebook, Apple, Amazon e Alphabet (Google) che hanno registrato una lieve frenata a inizio settimana.
La frenata di Netflix può trascinare giù i FAANG?
Secondo Matt Maley di Miller Tabak+Co tutta l’attenzione è al momento concentrata su Netflix, che sta pesando anche sugli altri titoli FAANG.
Malgrado la sua parziale ripresa nel corso della giornata, infatti, il brusco rallentamento della società di Scotts Valley ha evidenziato che anche per i titoli tech più prestigiosi il cielo potrebbe non essere poi così limpido in futuro.
Per Daniel Ives di GBH Insights si tratta indiscutibilmente di leader del settore tech in procinto di affrontare un periodo cruciale per il loro futuro. Nelle prossime due settimane infatti Facebook, Google e Amazon pubblicheranno i risultati del secondo trimestre.
Le cinque società che hanno dato vita all’acronimo hanno fatto registrare risultati incredibili di recente, con Facebook e Netflix a fare da capofila, forti di una crescita per gli ultimi 5 anni superiore rispettivamente al 700% e al 900%. La valutazione complessiva del gruppo si aggira sui 4.400 miliardi di dollari e rappresenta circa il 14% dello S&P 500, paragonabile al PIL di Paesi come Giappone e Germania.
Tutta l’attenzione catalizzata sui FAANG: anche le Authority li tengono d’occhio
I titoli tech sono venerati dagli azionisti a lungo termine, mentre rappresentano un incubo per i concorrenti e un peso per le Authority.
Nell’infinita telenovela per la fusione AT&T-Time Warner, ad esempio, gli avvocati di AT&T hanno sostenuto con successo che l’operazione si presenta come necessaria per competere con i titoli FAANG.
Le autorità di regolamentazione monitorano da tempo Facebook e Google per motivi di privacy e per l’annosa questione relativa al monopolio. Proprio poche ore fa l’UE ha imposto una multa da 5 miliardi di dollari contro Google per abuso di posizione dominante.
Facebook ha perso il 13,9% la settimana successiva allo scandalo Cambridge Analytica, trascinando giù anche il resto dei titoli FAANG; eppure il ciclone che ha colpito il social di Mark Zuckerberg non sembra avergli inflitto grosse conseguenze a lungo termine.
Più in generale, l’attenzione sulle 5 società sta diventando un’ossessione anche tra le aziende più piccole, che hanno parlato di loro in 950 note del primo trimestre secondo quanto rivelato da AlphaSense.
Verso una nuova bolla delle dot-com?
Le valutazioni altissime hanno naturalmente attirato paragoni con la bolla delle dot-com degli anni ’90. In una nota di giugno, gli analisti di Goldman Sachs hanno spiegato che i titoli FAANG sono però diversi:
“A differenza della vera e propria mania tech che guidava il rally degli anni ’90, la maggior parte di questo successo può essere spiegato da solidi fondamentali, entrate e guadagni piuttosto che speculazioni sul futuro. Non ci aspettiamo che la posizione dominante e i rendimenti elevati finiscano presto”.
Secondo diversi analisti è impossibile dire se i recenti sviluppi daranno avvio a un declino dei titoli, ma dal momento che la crescita è stata così forte ogni frenata o calo avrà sicuramente un grosso impatto su tutto il mercato azionario.
Ives di GBH sostiene che la debole trimestrale di Netflix rappresenti solo un piccolissimo contrattempo per quella che sarà una scalata molto lunga, così come lo sarà per altri giganti tech, diversi come natura ma tutti in grado di catalizzare l’attenzione e prendersi fette enormi di mercato. Questo non vuol dire però - secondo Ives - che la loro valutazione resterà sempre indiscussa.
Nel complesso, se dovesse rivelarsi un meccanismo consolidato il fatto che i titoli FAANG guadagnano e perdono insieme, allora ci saranno “moltissimi motivi per essere ottimisti” secondo Ives.
© RIPRODUZIONE RISERVATA