Jamie Dimon parla da Davos e loda Elon Musk: Il nostro Einstein, spezzando una lancia anche a favore dei dazi di Donald Trump.
Ora è lo stesso numero uno di JPMorgan, il CEO Jamie Dimon, a tessere le lodi di Elon Musk, il fondatore e AD di Tesla e SpaceX, proprietario di X ex Twitter, uomo più ricco del mondo e braccio destro del nuovo Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, fino a definirlo il “nostro Einstein”.
Non solo: parlando da Davos (Svizzera), dove sono in corso i lavori del World Economic Forum, Dimon ha presentato anche quelli che sarebbero i benefici che l’imposizione dei dazi da parte dell’amministrazione Trump assicurerebbe agli Stati Uniti, consigliando ai critici di farsene una ragione.
JP Morgan, Dimon dà dell’Einstein a Musk e parla di vantaggi dazi Trump (per gli USA)
Interpellato dalla CNBC, Jamie Dimon ha definito i dazi che Trump ha intenzione di imporre ai prodotti importati dagli USA “un po’ inflazionistici, ma positivi per la sicurezza nazionale”. Dunque, “così sia. Nel senso, fatevene una ragione ”.
La definizione data ai dazi dal banchiere è stata la seguente: “Sono uno strumento economico, e sono un’arma economica, a seconda di come vengano usati, del perché vengano usati, e così via”.
Sulle conseguenze che potrebbero avere sull’inflazione? “Le tariffe sono inflazionistiche e non inflazionistiche”, si è limitato a dire Dimon, amministratore delegato della prima banca degli Stati Uniti, che ha tra l’altro appena annunciato di avere chiuso il 2024 con utili da sogno.
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Dimon, “io e Musk ci siamo abbracciati”. La riconciliazione
Tornando al suo rapporto con Elon Musk, piuttosto sofferto negli ultimi anni anche a causa di controversie legali, Dimon ha detto di essersi riconciliato con il tycoon, precisando che i due hanno di fatto appianato le loro divergenze. “Elon e io ci siamo abbracciati”, ha rivelato: “Lui è venuto in una delle nostre conferenze, e io e abbiamo avuto una lunga e piacevole conversazione, superando alcune delle nostre divergenze”.
Il CEO di JP Morgan si è riferito probabilmente alla conferenza dedicata al tema della tecnologia che JPMorgan ha indetto a marzo del 2024, in occasione della quale i due manager hanno affrontato alcuni temi cruciali, parlando di Israele, di politica, di AI (intelligenza artificiale), così come trapelato dalle indiscrezioni riportate dal Wall Street Journal.
I due avrebbero parlato privatamente per più di un’ora. La stampa internazionale commenta la riappacificazione tra i due ricordando gli anni in cui, tra Dimon e Musk, c’è stata piuttosto una “faida”: come quando, nel 2021, JPMorgan avviò una causa contro Tesla del valore di $162 milioni per poi, lo scorso novembre, ritirarla all’improvviso.
Quel “F**k you” di Musk
Forbes in particolare ha ricordato come Tesla avesse una relazione molto negativa con JPMorgan. Talmente negativa che, nel corso di una audizione al tribunale di Delaware nel 2023, Musk, secondo alcune fonti, si sarebbe rivolto a un dirigente JPMorgan con l’espressione “F**k you”.
Ma l’impressione è che diversi siano i nomi altisonanti di Wall Street che si stanno convertendo, in modo più o meno ufficiale, ai dettami sfornati dal nuovo presidente Donald Trump e da Elon Musk, che hanno forgiato un’alleanza che rimarrà nella storia della finanza e della politica degli Stati Uniti e del mondo.
La conversione di Zuckerberg, Big Tech USA alla corte di Musk-Trump?
Ormai, ha detto qualcuno, siamo ai tempi della nuova America di Donald Trump e di Elon Musk, che è diventata anche, quella di Mark Zuckerberg, CEO di Meta.
Zuckerberg ha già dimostrato ampiamente di essersi convertito alla filosofia di X-Musk-Trump, decidendo di considerare ormai spazzatura i precedenti programmi di fact-checking che aveva lanciato nelle APP di Meta, ovvero su Facebook, Instagram e Threads e, così facendo, sdoganando le varie fake news che già proliferano indisturbate nel web da parecchio.
Il CEO di Apple Tim Cook avrebbe fatto dal canto suo una donazione di 1 milione di dollari alla cerimonia di inaugurazione della nuova presidenza di Donald Trump di lunedì scorso, 20 gennaio.
La responsabile della divisione degli investimenti di Google Ruth Porat, che è stata anche direttrice finanziaria della Big Tech USA che fa capo alla holding Alphabet, ha detto da Davos di intravedere incredibili opportunità nel poter lavorare con l’amministrazione Trump.
In un momento in cui diversi sono i timori che l’alleanza tra la politica USA ed Elon Musk finisca con il tradursi in un lavaggio globale dei cervelli e in un pericolo per le democrazie di tutto il mondo- Musk è praticamente l’influencer numero uno al mondo, grazie alla cassa di risonanza X di cui è proprietario - a Wall Street il vento sembra davvero cambiato. Tutti al servizio o, sicuramente, alla corte di Trump e, di conseguenza, a quella del numero uno di Tesla, Elon Musk.
Il post verità?
E forse a riassumere la paura per l’intreccio tra il mondo della politica e quello delle Big Tech USA è un post su X dell’economista francese Oliver Blanchard, che parla di momento eccezionale raggiunto dall’AI, in senso politico. Ovvero, di “un momento in cui i player dell’Intelligenza artificiale controllano i governi e così facendo eliminano tutte le regolamentazioni varate sull’AI”.
We may have reached AI singularity. Not the one you think about. But political singularity in which AI players control the government and eliminate all AI regulation. A bit worrisome.
— Olivier Blanchard (@ojblanchard1) January 22, 2025
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