Governo Meloni pronto a tutto pur di rimettere al suo posto Orcel. Il fattore che metterebbe in pericolo i risparmi degli italiani.
UniCredit-Banco BPM: il 2025 sarà l’anno della grande fusione o del grande flop della strategia del banchiere Andrea Orcel, volta a far convolare a nozze le due banche italiane?
Oggi, primo giorno di contrattazioni del 2025 di Piazza Affari, il trend delle azioni protagoniste del dossier è stato decisamente negativo, sebbene i titoli, nella seconda parte della seduta del Ftse Mib, siano risaliti dai minimi intraday.
Il tema del risiko oggi si è in ogni caso smontato, dopo i potenti rally che hanno interessato l’intero settore bancario nel corso del 2024.
La saga che dovrebbe essere solo di Borsa e che invece in Italia diventa puntualmente anche politica è destinata ad andare ancora avanti, mentre scatta il countdown al giorno in cui il CEO di UniCredit Andrea Orcel potrebbe decidere se rilanciare l’offerta pubblica di scambio, che finora è stata rifiutata senza alcuna esitazione dalla preda Banco BPM, in più di una occasione.
L’ultima volta, pochi giorni fa, quando il CEO di BAMI Castagna non solo non ha riconosciuto la presenza di alcun premio nell’OPS lanciata da UCG, ma quando ha parlato anche di una offerta chiaramente a sconto.
Governo Meloni contro Orcel, pronto a tutto per stoppare matrimonio tra UniCredit e Banco BPM
Una cosa è certa: il governo Meloni, andato subito in tilt alla notizia della mossa di Orcel, farà di tutto per evitare il matrimonio tra le due banche, sfoderando l’ottima scusa, che alcuni definiscono di stampo populista-sovranista, relativa alla presunta necessità di salvaguardare i risparmi degli italiani. Tanto che qualcuno riflette su un piano piuttosto preciso che starebbe prendendo forma: a parlarne è Giovanni Pons, autore dell’articolo “Le mosse del governo per fermare la scalata di UniCredit su BPM” pubblicato su La Repubblica, in cui si legge che il governo Meloni si sarebbe mosso “ chiedendo all’Avvocatura dello Stato un parere sulla salvaguardia del risparmio degli italiani che potrebbe essere messa a dura prova con l’integrazione tra Unicredit e Banco BPM ”.
La preoccupazione, rivela Pons, è su “ un eventuale accordo tra Orcel e i francesi del Crédit Agricole , guidati fino al prossimo aprile da Philippe Brassac, che possa catapultare Amundi anche sugli sportelli del Banco al posto di Anima”. Anima che viene considerata gioiello del risparmio gestito tutto italiano, e su cui ha puntato non per niente, nelle ultime settimane, anche l’imprenditore romano Francesco Gaetano Caltagirone, acquisendone una quota pari al 5,3%. (Caltagirone è salito ulteriormente anche nel capitale di MPS, dopo aver fatto shopping delle azioni della banca senese in occasione del terzo atto del processo di privatizzazione lanciato dal MEF a novembre. E Anima, tra l’altro, che ha aumentato essa stessa la sua quota nel Monte di Stato. Tanto che non sono mancate speculazioni anche su una possibile mossa difensiva da parte di Banco BPM contro le mire di UniCredit, che potrebbe sostanziarsi alla fine proprio nella realizzazione del piano di Meloni, ovvero in una fusione tra Piazza Meda e il Monte.
D’altronde, Banco BPM ha rilevato dal Tesoro una quota pari al 5% di MPS che, in caso di successo dell’OPA lanciata su Anima, e in considerazione dello shopping che anche quest’ultima ha fatto di nuove azioni MPS, porterebbe la sua partecipazione nel Monte al 9%. Sempre che i francesi di Crédit Agricole siano d’accordo, visto che Banco BPM è alla fine nelle loro mani.
Crédit Agricole: da alleato a traditore del governo Meloni con accordo con Orcel? Il nodo Amundi
Inizialmente, qualche settimana fa, la mossa a sorpresa con cui la Banque Verte era salita ulteriormente nel capitale del Banco aveva portato alcuni analisti a parlare di un accordo tra i francesi di CA e il governo Meloni per ostacolare le mire di Orcel.
Ma Crédit Agricole ha rapporti anche con UniCredit ed è da un po’ che i mercati attendono l’incontro tra il Ronaldo dei banchieri Orcel e il CEO di Crédit Agricole Brassac, non solo per discutere del futuro di Banco BPM, ma anche di quell’intesa decennale con cui Piazza Gae Aulenti continua a vendere i prodotti della società di asset management di Crédit Agricole, ovvero di Amundi, ai suoi clienti. (a tal proposito, è stato proprio sotto la guida di Philippe Brassac che Amundi ha acquistato Pioneer da UniCredit, nel 2016, per un valore di €3,545 milioni.
Per Amundi è cruciale che UniCredit continui a vendere i suoi prodotti, e che dunque l’accordo di distribuzione siglato venga prorogato.
Orcel, dal canto suo, ha dichiarato in passato l’intenzione di voler ridurre la quota dei fondi di Amundi che UniCredit vende attraverso l’accordo di collaborazione che scade nel 2027: un accordo di cui Orcel potrebbe fare tra l’altro a meno, nel caso in cui UniCredit riuscisse a conquistare Banco BPM, a sua volta controllante della società del risparmio gestito Anima (su cui ha lanciato per l’appunto una OPA).
Orcel pronto a mollare Amundi o Anima? Incubo risparmio italiani ai francesi
Con Anima sotto il suo controllo, in caso di riuscita della OPS lanciata su Banco BPM, UniCredit potrebbe di fatto considerare l’accordo di distribuzione siglato con Amundi superfluo.
La vicenda è tuttavia intricata, visto che Amundi fa parte della galassia di Crédit Agricole, che è appunto l’azionista di maggioranza di Banco BPM, la preda su cui il banchiere di UCG punta.
Dunque? Dunque, se il timore dei francesi di Crédit Agricole è quello che UniCredit scarichi Amundi in caso di successo dell’OPS su Banco BPM e nel caso in cui anche l’OPA lanciata da Banco BPM su Anima Holding abbia successo, il timore del governo Meloni è l’opposto: a far paura a Meloni & Co, secondo quanto riportato da La Repubblica, è infatti che Orcel, una volta inglobata Piazza Meda, possa disdire il contratto del gruppo del risparmio gestito Anima “sugli sportelli di Banco BPM (in seguito al cambio del controllo o a fronte di una penale)”, sostituendo quel contratto con Amundi: in questo caso, “ il risparmio dei correntisti Unicredit e Banco BPM verrebbe tutto gestito da controparti francesi. Un’eventualità indigeribile per il governo Meloni che lo ritiene un attacco alla sovranità nazionale ”.
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La preoccupazione del governo Meloni sarebbe anche un’altra, secondo il quotidiano italiano. Con Banco BPM nelle mani di UniCredit, ci sarebbe di fatto una banca in meno che potrebbe erogare prestiti alle PMI italiane, oltre a UniCredit e a Intesa SanPaolo.
Tradotto: “si rischierebbe di ridurre complessivamente la quantità di credito erogato alle PMI che costituiscono l’asse portante dell’economia italiana. L’eventuale cessione ai francesi di filiali eccedenti ai limiti antitrust andrebbe poi a costituire in capo a Crédit Agricole il vero terzo polo in terra italiana ”.
Il governo italiano sarebbe dunque pronto a fare il possibile per fermare Orcel e l’avanzata dei francesi, temendo un accordo tra il banchiere e la Banque Verte che, in base alla logica nazionalista e sovranista, rischierebbe di consegnare Banco BPM sia alla banca cosiddetta straniera, così come l’ha bollata Salvini, UniCredit, che ai francesi di Crédit Agricole.
Rimane dunque pronta a essere sfoderata in qualsiasi momento l’arma del golden power, già prontamente agitata subito dopo l’annuncio dell’OPS di Orcel su Banco BPM dal ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti in relazione al dossier UniCredit-Banco BPM.
Così come nelle ultime settimane del 2024, l’obiettivo di Palazzo Chigi del 2025 è destinato dunque a rimanere lo stesso: imporre l’alt a Orcel, ora visto non solo come il CEO di una UniCredit straniera, ma anche come il regista di una operazione che porterebbe la Francia di Crédit Agricole e della sua Amundi a controllare i risparmi degli italiani. Risparmi degli italiani che, come gli extraprofitti delle banche italiane, sono diventati una sorta di ossessione di questo governo. Così come una ossessione è diventata portare a buon fine la strategia impostata per il futuro di MPS, epicentro di un agognato terzo polo bancario italiano.
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Lo aveva detto chiaro e tondo in primis il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, leader della Lega e vicepremier Matteo Salvini, negli stessi giorni in cui si è accanito contro la “banca straniera” UniCredit, e lo aveva lasciato intendere anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni: UniCredit e il suo CEO Andrea Orcel sono il nemico da combattere, e per una ragione molto semplice:
nei piani del governo Meloni, Banco BPM non avrebbe dovuto essere una preda, ma una predatrice, volta ad accalappiare la solita MPS-Banca Monte dei Paschi di Siena per mettere fine all’odissea che si è confermata fonte di emicrania di ogni governo italiano che ha guidato l’Italia dal 2017 (e di governi ne sono passati un bel po’, in ode alla tradizione italiana), anno in cui la banca senese è stata investita dell’appellativo di Monte di Stato.
Di conseguenza, il blitz che Piazza Gae Aulenti ha lanciato il 25 novembre scorso per conquistare Banco BPM, presentando una OPS, offerta pubblica di scambio giudicata tra l’altro fin troppo bassa, non solo dal diretto interessato CEO Giuseppe Castagna, ma dalla stessa Piazza Affari, ha scombinato le carte che l’esecutivo aveva fieramente scelto per riportare il Monte al mercato, sebbene nei giorni seguenti in molti avessero fatto notare che la vera preda prescelta dallo stesso Orcel non fosse tanto Banco BPM ma la controllata Anima Holding, su cui BAMI aveva lanciato tra l’altro un’OPA agli inizi di novembre.
E così Salvini aveva subito tuonato: “Unicredit ormai di italiano ha poco e niente: è una banca straniera, a me sta a cuore che realtà come BPM e MPS che stanno collaborando, soggetti italiani che potrebbero creare il terzo polo italiano, non vengano messe in difficoltà”. E ancora: “Non vorrei che qualcuno volesse fermare l’accordo BPM-MPS per fare un favore ad altri”.
Ancora il leader della Lega: “ Noi abbiamo il dovere di difendere il risparmio degli italiani e il lavoro degli italiani . Questo vale per il settore dell’auto, per il settore agricolo per tutti i settori messi a rischio da alcune normative europee e in questo caso da alcune operazioni finanziarie che non rispondono a interessi italiani, tanto che ieri il consiglio di amministrazione della Banca popolare di Milano ha detto ’no grazie’”.
Quale giorno dopo, il bisogno di blindare a tutti i costi il risparmio degli italiani era stato ricordato dalla premier Meloni.
Intervistata da “Quarta Repubblica”, la presidente del Consiglio si era riferita al dossier UniCredit-Banco BPM come a “una operazione di mercato”, precisando tuttavia che “il governo ha degli strumenti per intervenire, qualora dovesse rilevare che l’operazione non rientra nell’ambito dell’interesse nazionale”.
Detto questo, “quello a cui noi normalmente dobbiamo stare attenti è se i grandi risparmi degli italiani vengono controllati da centrali che hanno il loro core business in Italia, perché se non abbiamo questo quei risparmi degli italiani non verranno reinvestiti in Italia, quindi è un tema sul quale il governo chiaramente sa qual è il suo mandato, qual è la sua responsabilità e si regola di conseguenza”.
Tutto, per essere coerenti con il dogma del governo: il risparmio degli italiani all’Italia. No all’invasione degli stranieri. Che tuttavia, Piazza Affari la dominano da parecchio. E neanche poco. Altro che UniCredit banca straniera.
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