Perché un giovane di oggi dovrebbe seguire il tortuoso iter per diventare dottore commercialista se poi escono ipotesi di norme come questa?
Il nuovo tentativo di estendere il visto di conformità ai tributaristi è una scelta assolutamente contraddittoria, soprattutto per i giovani.
Diciamo subito: questo articolo non è contro ma a favore. Non è contro i tributaristi, che sono lavoratori autonomi che erogano determinati servizi nel rispetto della legge.
Vuole essere solo una timida riflessione a favore dei giovani che oggi decidono - nonostante tutto - di intraprendere il tortuoso iter per diventare dottore commercialista. Si tratta di un percorso davvero ostico: laurea triennale, laurea specialistica, periodo di pratica obbligatoria, esame di Stato, obbligo di formazione professionale continua e obbligo di assicurazione.
Si tratta di un percorso finalizzato a dotarsi di tutte le competenze necessarie per operare nel complesso e dinamico mondo economico aziendale figlio della rivoluzione digitale; ma non solo: si tratta anche di un percorso che consente la reale tutela della fede pubblica, garantita attraverso il sistema ordinistico.
Certo, a tale ragionamento si potrebbe obiettare affermando che siamo in un sistema di libero mercato, non ci sono più le tariffe professionali, ecc., ecc.
Tuttavia è ancora in vigore il Decreto Legislativo 139/2005 che, come tutti sappiamo, ha istituito l’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, nato dalla fusione dei precedenti ordini dei dottori e dei ragionieri commercialisti.
Fin quando sarà in vigore questa legge e questo sistema, ogni tentativo di svuotare, più o meno velatamente, il ruolo e l’importanza dei dottori commercialisti raggiungerà i seguenti obiettivi:
- distruzione del principio - costituzionalmente garantito - di tutela della fede pubblica che, peraltro, sottende ogni attività professionale regolamentata;
- penalizzazione dei giovani professionisti.
Vorrei un attimo soffermarmi su questo secondo punto. Il titolo di questa riflessione è “Il visto di conformità ai tributaristi penalizza i giovani professionisti”. Qual è il senso di questo ragionamento? Semplice. Oggi un giovane che decide di sacrificarsi per diventare un professionista deve sopportare tutta una serie di sacrifici che sono quelli di cui parlavamo sopra. Nel momento in cui si decide di svilire queste competenze non si fa altro che minare quel principio fondamentale per cui esiste un ordine professionale, danneggiando in primis questi giovani professionisti, poi tutto il sistema. Se passa questo principio è bene poi accettarne le ovvie conseguenze, che non possono prescindere dalla fine del sistema ordinistico per come oggi lo conosciamo. Però andrebbero coinvolti anche i giovani in questa scelta, in tutti i modi. Facendo loro presente quanto possa essere inutilmente gravoso intraprendere un certo tipo di percorso.
Un’ultima considerazione, infine, sulla definizione di professionista. A modesto avviso di chi scrive il professionista è solo colui che supera un esame di stato, così come previsto dalla nostra bellissima Costituzione all’articolo 33. La Legge 4/2013 non ha modificato questo principio ma è nata per tutelare i consumatori, per esempio imponendo alcuni obblighi comunicativi anche alla luce dei vincoli previsti dal Codice del consumo. Le associazioni di cui alla Legge 4/2013 sono autoproclamate, cosa ben diversa dagli ordini professionali cui si accede previo superamento di un esame di stato.
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