In base a rischi, tempi, costi, strutture dei rendimenti e garanzia del capitale si possono costruire molteplici strategie operative differenti
Investire è insieme un’arte e una scienza e resta comunque la soluzione prima per non bruciare il potere d’acquisto delle ricchezze liquide disponibili.
Poi c’è anche chi ha ambizioni maggiori e, al prezzo di maggiori rischi, punta alla crescita del capitale sul medio-lungo termine.
I mercati finanziari sono infatti in grado di soddisfare molte esigenze di investimento del risparmiatore, da quello più evoluto a quello meno. Vediamo ora tre prodotti finanziari buoni per investire sul reddito fisso e incassare cedole o interessi o plusvalenze.
Investire in banca sul reddito fisso attraverso il conto deposito
Tra le soluzioni di investimento sul reddito fisso di matrice bancaria, il conto deposito (CD) è tra i prodotti che vanno per la maggiore tra banche e clienti. È di facile comprensione, è di breve o media durata e prevede il rimborso del capitale a scadenza o anche prima a seconda dei casi. Lo strumento si aggancia a uno o più conti d’appoggio (i c/c tradizionali) secondo quanto prevede l’emittente e lo completa in termini di maggiore remunerazione della liquidità.
Il CD di norma non prevede spese di gestione, oneri fiscali a parte. La ritenuta sugli interessi è del 26%, mentre l’imposta di bollo del 2x1.000 si applica nei modi, tempi e forme previste dalla Legge. In estrema sintesi, c/c e CD si completano nel senso che quello che non riesce a fare l’uno lo fa l’altro e viceversa.
Pochi, ma validi trucchi per scegliere il miglior conto deposito
Ora, come e quando sceglierlo per massimizzare il mix tempo-rischio-rendimento? In linea di massima quando si ha elevata certezza di non utilizzo del capitale per un dato periodo di tempo e l’emittente offre un buon interesse. In tal caso si può optare per il conto a vincolo e spuntare i maggiori rendimenti rispetto al CD libero.
Nella sua scelta, tuttavia, occhio ad altri tre fattori. Primo, i gestori consigliano di non sceglierlo mai in ottica all-in e per periodi di tempo che travalichino il medio termine (l’ideale sarebbe entro i 4 anni di durata complessiva). Poi nella scelta incide la valutazione se la banca prevede o meno l’apertura di uno specifico conto d’appoggio. In tal caso, infatti, il vero prezzo di una data offerta di rendimenti è data dall’adesione alle condizioni commerciali del prodotto collegato. L’ideale sarebbe che non siano previste simili disposizioni.
Infine occhio alla solidità finanziaria della banca di turno, onde evitare ogni forma di spiacevole inconveniente di percorso (la garanzia FITD è fino a 100mila €).
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3 prodotti finanziari per investire sul reddito fisso e incassare cedole o interessi o plusvalenze
I buoni fruttiferi postali, invece, sono un’altra tipologia di prodotti emessi da CDP e presentano tratti distintivi che in parte li accomunano ai CD e in altri ai titoli di Stato.
Tra i primi, la certezza del capitale a scadenza e anche prima del termine (nel caso di CD liberi o in cui la banca apre allo svincolo anticipato). In entrambi i casi (buoni e CD) il prodotto non vai mai al di sotto del valore di emissione e, infine, gli emittenti non prevedono spese di gestione dei rispettivi prodotti. Invece tra i tratti che li accomunano ai titoli di Stato ci sono le spese fiscali, che sono di vantaggio per i buoni (12,50%) rispetto ai CD (26%). Poi abbiamo la comunanza della garanzia dello Stato Italiano sul capitale investito.
Di norma la struttura dei rendimenti è di tipo fissa e costante per i buoni fruttiferi di breve-media durata, e di tipo step-up per quelli di media e lunga durata. In definitiva essi si lasciano prediligere quando si verificano più di queste circostanze:
- la propensione al rischio è quasi inesistente;
- si cerca un’elevata garanzia sul capitale, specie quando quest’ultimo è di notevole importo;
- s’intende investire a medio o lungo termine per sfruttare le potenzialità della formula step-up.
Nell’articolo seguente esponiamo l’attuale stato del’arte dei buoni fruttiferi postali in sottoscrizione per i risparmiatori.
Il prodotto finanziario più versatile in assoluto: titoli di Stato e corporate bond
Infine ecco il prodotto obbligazionario, di matrice corporate o sovrana a seconda dell’emittente di turno. Si tratta certamente del prodotto più versatile in assoluto dei tre qui esposti e quello che, sulla carte, meglio e più di tutti si presta a molteplici strategie operative.
La ragione è semplice. All’aumentare della durata residua e rating emittente (e magari al variare della valuta del bond e/o struttura dei rendimenti), si assiste a una sorte di metamorfosi. Il prodotto si vede progressivamente sfumare i connotati tipici del classico strumento del reddito fisso per sconfinare nel perimetro dei prodotti speculativi.
Tutto poi dipende dall’effettivo utilizzo e/o approccio allo strumento da parte del sottoscrittore di turno. Per il cassettista puro, infatti, non ci sono problemi: sceglie il bond, lo carica in portafoglio e incassa le cedole fino a scadenza.
Per l’investire evoluto, invece, accanto alla cedola c’è la costante ricerca della plusvalenza in tute le sue forme. Quest’operatività è più dinamica e potenzialmente più lucrosa della prima, oltre a svilupparsi su intervalli temporali molto variabili (breve o brevissimo o medio termine). Tuttavia, essa è quasi di esclusivo appannaggio degli investitori che posseggono:
- elevata propensione al rischio;
- elevato grado di preparazione e conoscenza degli strumenti finanziari maneggiati;
- attuano uno studio attento, costante e certosino delle dinamiche dei mercati e dei prezzi dei bond di proprio interesse. In pratica operano seguendo precise strategie di trading in bond, scelti sempre in base a rigorose e motivate logiche (personali) di fondo.
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