Grazie agli interventi delle Banche centrali il sell off di maggio potrebbe tramutarsi in una ghiotta occasione di acquisto, con il mercato che torna a farsi forza della propria fragilità
Il 6 giugno la Banca Centrale Europea e poi successivamente la Federal Reserve a metà mese saranno chiamate a sostenere le rispettive economie in affanno con interventi mirati.
Del resto i dati preliminari sull’inflazione di maggio in Eurolandia confermano le previsioni di bassa crescita dei prezzi e impediscono alla Bce di procedere con la normalizzazione della sua politica monetaria e anzi enfatizzano un maggior sostegno ai mercati.
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Dall’altra parte dell’Oceano il governatore Jerome Powell ha ugualmente rasserenato i mercati con parole concilianti che hanno spinto la Borsa di New York alla sua miglior seduta negli ultimi due mesi.
«L’idea di una Fed pronta a tagliare i tassi e in questo momento un Treasury decennale crollato al 2% non spaventa, ma sostiene un mercato che ‘vuole rimaner malato’», ha commentato Rocco Bove, Head of fixed income per Kairos, in un report dove spiega perché il sostegno incondizionato delle Banche Centrali ai mercati possa spingere a cercare nuove occasioni di acquisto (più remunerative ma anche rischiose).
Banche centrali: l’impossibile diventa possibile
Così come il genio grafico dell’artista Escher – spiega l’esperto di reddito fisso – le Banche centrali rendono possibile l’impossibile con la loro rinnovata promessa di sostegno incondizionato. Un po’ come il “Whatever it takes” del 2013.
«Così ad esempio tutto ciò che appariva carissimo solo sei mesi fa, in un grande schema globale di normalizzazione dei tassi, diviene oggi straordinariamente appealing», spiega Bove.
Un pensiero che dal punto di vista operativo può tradursi in un segnale d’acquisto:
È così che il sell off di maggio torna ad essere un’occasione di acquisto e il mercato torna a farsi forza della propria fragilità.
«Ovviamente però un contesto di crescita bassa fa fisiologicamente aumentare il rischio idiosincratico in un ciclo economico che inizia a dare inevitabili segni di affaticamento», ammonisce il gestore che ricorda come l’equilibrio tra rischio di credito crescente, tassi nominali non sufficienti a compensare adeguatamente l’investitore nel medio periodo e la contestuale presenza di tassi reali negativi che spingono forzosamente verso forme di investimento che, per durata o per qualità di credito riescano ad offrire ritorni ex ante positivi, crea un corto circuito logico in cui l’investitore razionale fa fatica a trovare il corretto posizionamento.
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