La morte di Camilla Canepa, giovane di 18 anni, a causa di una trombosi riapre il dibattito: perché vacciniamo anche chi non è a rischio complicazioni da Covid? Facciamo chiarezza.
L’entusiasmo per il successo che sta ottenendo la campagna di vaccinazione oggi è spezzato da una notizia che non avremmo mai voluto leggere: è morta Camilla Canepa, la giovane di 18 anni che il 25 maggio scorso era stata vaccinata con una dose di Astrazeneca.
Una notizia che inevitabilmente ha fatto sì che si tornasse a parlare dei rischi della vaccinazione, nonché del motivo per cui si stanno vaccinando anche coloro che - dati alla mano - non rischiano chissà quali complicazioni in caso di contagio.
No vax, e non solo, si stanno chiedendo che senso ha vaccinare chi ha 18 anni e se non sia arrivato il momento di mettere in discussione le regole della campagna vaccinale. Non è mancato il parere di Matteo Salvini, che subito dopo la triste notizia della morte di Camilla Canepa, ha pubblicato il seguente tweet:
Vaccini a bimbi e ragazzi ‘sconsigliati’ da Paesi europei, riviste scientifiche e medici. Stop, sulla salute dei nostri figli e nipoti non si scherza".
Secondo Salvini, dunque, ci dovrebbe essere un’età minima per la vaccinazione. In questo modo, però, non si raggiungerebbe l’immunità di gregge della quale, probabilmente, Matteo Salvini ignora l’importanza.
In questo triste momento sarebbe semplice attaccare i vaccini (fermo restando che al momento il nesso di causalità tra il vaccino Astrazeneca e la morte di Camilla non è stato ancora accertato) e pretendere un passo indietro; ma è importante essere chiari, anche con chi ci legge, e spiegare il motivo per cui è così fondamentale vaccinare tutti.
Cosa è successo a Camilla Canepa, la giovane morta a 18 anni dopo un vaccino Astrazeneca
L’unica cosa che sappiamo è che c’è stata una consequenzialità di eventi: prima il vaccino con Astrazeneca poi la trombosi che ha portato alla morte di Camilla Canepa. Non sappiamo anche se tra i due eventi c’è un nesso di causalità ossia se davvero Camilla è morta a causa del vaccino.
Era il 25 maggio quando Camilla decide di prendere parte a un Open Day per gli Over 18; il 3 giugno, però, questa comincia a lamentare cefalea e fotofobia e per questo motivo si è recata all’ospedale di Lavagna. Qui, dopo una serie di controlli - Tac cerebrale ed esame neurologico, entrambi con esito negativo - è stata rimandata a casa. Due giorni dopo, il 5 giugno, questa si reca di nuovo in Pronto Soccorso (dell’ospedale San Martino di Genova) ma stavolta anche con deficit motori: viene subito accertata una trombosi con esito emorragico con la TAC e immediatamente viene sottoposta a due interventi chirurgici. Purtroppo, però, cinque giorni dopo Camilla non ce l’ha fatta, con i genitori che hanno consentito alla donazione degli organi.
Resta da capire se ci sono responsabilità dell’ospedale di Lavagna e soprattutto se la colpa della trombosi è da attribuire al vaccino Astrazeneca. Non siamo noi a doverlo dire, ma ci limitiamo a ricordare che gli esperti hanno comunque individuato il motivo per cui, in rarissimi casi, potrebbe esserci un rischio trombosi dopo la somministrazione di alcuni vaccini (compreso quello Astrazeneca).
È notizia delle ultime ore, inoltre, quella per cui Camilla era affetta da piastrinopenia autoimmune familiare, che comporta una cronica carenza di piastrine. Si tratta, e questo potrebbe essere un fattore fondamentale per capire cosa è successo, della stessa reazione, associata a trombi cerebrali, osservata dall’Aifa. Inoltre, questa assumeva una terapia ormonale.
I vaccini sono sicuri?
Quanto successo ci impone di rispondere nuovamente alla solita domanda che ognuno di voi - lecitamente - si è fatto almeno una volta: sottoporsi al vaccino Covid è sicuro? Sì e non siamo noi a dirlo, ma i dati: in Italia, così come a livello europeo, i casi di trombosi venose intracraniche e in sede atipica in soggetti vaccinati con Vaxzevria (il vaccino di Astrazeneca) sono di 1 caso ogni 100.000 prime dosi somministrate e prevalentemente in persone con meno di 60 anni.
Esiste, dunque, una percentuale dello 0,00003% di sviluppare una sindrome trombotica indotta dal vaccino; per intenderci, la percentuale di sviluppare una trombosi causa Covid è più elevata.
Perché vacciniamo i 18enni?
È pur vero che molti potrebbero pensare che la vaccinazione di Camilla fosse inutile, visto che comunque i dati sul Covid ci dicono che per i giovani di 18 anni le probabilità di avere complicazioni in seguito al contagio da Sars-Cov-2 sono molto basse. Basti guardare che al 28 aprile 2021 erano appena 296 i decessi nella fascia Under 40, e tra questi la maggioranza - 174 - presentavano patologie preesistenti.
Va spiegato, però, che il motivo per cui si vaccinano anche i soggetti non a rischio è un altro. Come spiegato dall’OMS, potremo dire di aver sconfitto la pandemia solo quando verrà raggiunta una copertura di almeno il 70% della popolazione vaccinata nel mondo. Serve, dunque, un’immunità di gregge.
Senza di questa, ossia nel caso in virus continui a circolare, aumentano le possibilità che possano nascere nuove varianti. E se quelle oggi in circolazione non sembrano mettere a rischio la campagna di vaccinazione, non possiamo essere certi che anche in futuro vada così.
Serve, dunque, il contributo di tutti affinché la pandemia possa dirsi realmente sconfitta, anche dei 18enni e di chi è più giovane. D’altronde, gli esperti concordano - dati alla mano - nel ritenere sicuro anche il vaccino per gli adolescenti.
Camilla: perché il vaccino con Astrazeneca?
Tuttavia non possiamo non notare la confusione che è stata fatta con il vaccino Astrazeneca. È vero che - come abbiamo visto in precedenza - se un rischio trombosi esiste è molto basso, ma allo stesso tempo ci sono altri vaccini, come quelli mRna, che invece non sembrano portare a questa pericolosa conseguenza.
Il fatto che i pochi casi di trombosi fossero stati accertati solo in persone con meno di 60 anni ha fatto sì che il vaccino Astrazeneca venisse consigliato solo per gli Over 60. Alla fine, però, molte Regioni lo hanno utilizzato anche negli Open Day per i più giovani, tanto da catturare l’attenzione del Comitato Tecnico Scientifico che proprio in queste ore starebbe valutando di sospendere la somministrazione del vaccino Astrazeneca al di sotto dei 50 anni.
Quello che ci chiediamo è: perché metterlo in discussione solo adesso, visto che si è sempre saputo che al di sotto di una fascia d’età - e specialmente nelle donne - un minimo rischio esisteva?
Non sappiamo se c’è una colpa e in tal caso a chi sarebbe da attribuire: se della poca chiarezza da parte degli organi istituzionali, oppure delle Regioni che in queste settimane - prese dall’entusiasmo di arrivare il prima possibile all’immunità di gregge - hanno deciso comunque di somministrare Astrazeneca anche ai più giovani. Fatto sta che probabilmente con un’organizzazione migliore alcuni eventi tragici si potevano evitare.
© RIPRODUZIONE RISERVATA