Assumere personale senza pagare contributi INPS? Si può: la soluzione si chiama “collaboratori familiari”. Chi sono? Quando possono essere utilizzati e in che limite? Ecco la guida passo passo.
Chi sono i collaboratori familiari? È necessario pagare i contributi INPS? Quali sono le regole che disciplinano l’utilizzo di tali figure?
Partiamo innanzitutto col dire che un imprenditore, specie nelle realtà aziendali piccole (cd. “aziende familiari”), anziché assumere un persona che comporta costi esosi e poco sostenibili, può decidere d’inserire nell’organico la figura del collaboratore familiare.
Come intuibile dalla parola stessa, si tratta di un parente che presta la propria attività lavorativa in virtù di una obbligazione di natura “morale”, ossia sul legame solidaristico e affettivo proprio del contesto familiare (si pensi, ad esempio, alla moglie che collabora nella ditta del marito).
Ma perché è conveniente inserire in organico un collaboratore familiare piuttosto che un’altra persona esterna al contesto familiare? La risposta è molto semplice: l’imprenditore non paga i contributi INPS sui collaboratori familiari. Tuttavia, è necessario rispettare condizioni e limiti ben precisi, affinché l’impiego di tali figure non si tramuti in un abuso della norma, e si riconduca a un lavoro full-time. Quali sono dunque le regole da tenere in considerazione?
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Collaboratori familiari: chi sono
In primo luogo, bisogna comprendere chi sono i collaboratori familiari. Vi rientrano, sia il coniuge che i parenti e gli affini entro il terzo grado, salva la specifica disposizione applicabile nel settore agricolo che contempla i rapporti di parentela e affinità fino al quarto grado.
In particolare, i parenti sono:
- i genitori e i figli (primo grado);
- i nonni, i fratelli e sorelle, i nipoti intesi come figli dei figli (secondo grado);
- i bisnonni e gli zii, i nipoti intesi come figli di fratelli e sorelle, i pronipoti intesi come figli dei nipoti di secondo grado (terzo grado).
Collaboratori familiari: esonero contributivo INPS
Come anticipato in premessa, sui collaboratori familiari l’imprenditore non paga i contributi INPS perché la prestazione è basata sulla cd. “affectio vel benevolentiae causa”, ovvero sul legame solidaristico e affettivo proprio del contesto familiare.
Dunque, la circostanza che il lavoro sia reso da un familiare contribuisce a determinare in molti casi la natura occasionale della prestazione lavorativa, in modo tale da escludere l’obbligo d’iscrizione in capo al familiare.
Ebbene, nel corso degli anni, gli organi ispettivi hanno individuato due figure che sicuramente rientrano nell’ambito delle collaborazioni familiari, ossia:
- le prestazioni rese da pensionati;
- il familiare impiegato full time presso altro datore di lavoro.
In tali casi, quindi, la collaborazione del familiare si considera presuntivamente di natura occasionale, e per questo il datore di lavoro non deve pagare i contributi INPS su tali lavoratori.
Collaboratori familiari: le regole
E se gli ispettori trovano in azienda collaboratori non riconducibili alle predette figure, quali sono i parametri da considerare affinché la prestazione sia considerata occasionale?
L’art. 21, co. 6-ter del D.L. n. 269/2003, convertito in L. n. 326/2003, prevede che gli imprenditori artigiani iscritti nei relativi albi provinciali possono avvalersi, in deroga alla normativa previdenziale vigente, di collaborazioni occasionali di parenti entro il terzo grado, aventi anche il titolo di studente, per un periodo complessivo nel corso dell’anno non superiore a 90 giorni.
Tale limite può essere inteso anche come 720 ore nel corso dell’anno solare. Ciò significa che anche se il collaboratore familiare superasse la soglia dei 90 giorni, la natura dell’occasionalità si considera comunque rispettata se le ore prestate nell’impresa di famiglia non superano le 720 ore.
Si ricorda, infine, che le collaborazioni devono avere carattere di aiuto, a titolo di obbligazione morale e perciò senza corresponsione di compensi ed essere prestate nel caso di temporanea impossibilità dell’imprenditore artigiano all’espletamento della propria attività lavorativa. È fatto, comunque, obbligo dell’iscrizione all’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.
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