La Cassazione ha ribadito che l’assegno divorzile ha una funzione riequilibratrice e non meramente assistenziale. Superato definitivamente il “tenore di vita”.
Per calcolare l’assegno di divorzio il giudice deve tener conto della funzione riequilibratrice. Questo è quanto stabilito da una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la quale, a sua volta, richiama un principio precedentemente sancito dalle Sezioni Unite.
In pratica, l’assegno divorzile non ha una funzione meramente assistenziale, quindi volta a sostenere il coniuge economicamente più debole, ma deve riequilibrare il patrimonio dei coniugi in funzione del contributo che il richiedente ha dato alla vita familiare.
Andiamo a vedere i dettagli del caso di specie e come la Corte di Cassazione ha argomentato la decisione.
Assegno divorzile: che vuol dire funzione riequilibratrice?
La determinazione dell’ammontare dell’assegno divorzile è da sempre un argomento caldo, soprattutto per l’alternarsi dei principi che ne sono alla base.
Come noto, la regola del mantenimento del “tenore di vita” vigente durante il matrimonio è stata oltrepassata. Tuttavia, molto spesso, restano poco chiare le modalità in cui il giudice stabilisce l’ammontare dell’assegno, tanto che la Corte di Cassazione è costretta ad intervenire per ribadire o stabile nuovi principi direttivi.
Secondo la più recente decisione della Cassazione, per calcolare l’assegno divorzile si deve tener conto della funzione riequilibratrice. Ma cosa significa?
In pratica gli ermellini, rifacendosi a principi stabiliti in precedenza dalle Sezioni Unite, nell’ordinanza n. 5975/2019 (che andremo in seguito ad analizzare) stabiliscono che l’assegno divorzile non è un semplice aiuto assistenziale all’ex coniuge economicamente più debole, ma, al contrario, deve riequilibrare il contributo che l’ex coniuge ha dato allo svolgimento della vita familiare ad anche alla realizzazione professionale dell’altro.
Il caso di specie
L’ordinanza della Corte di Cassazione a cui facciamo riferimento (allegata in basso) è stata depositata in data 28 febbraio 2019. Il caso di specie riguarda il ricorso presentato da un uomo che era stato condannato nel 2013 dalla Corte di Appello di Firenze a versare all’ex moglie un assegno divorzile di 100 euro al mese.
In pratica, il ricorrente sosteneva che la Corte d’Appello avrebbe errato nella motivazione della decisione, in quanto aveva omesso di illustrare il requisito necessario per l’assegnazione dell’assegno divorzile: ovvero il deterioramento delle condizioni economiche del coniuge, come prevede l’articolo 5 della legge n. 898 del 1970.
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso ed ha motivato la scelta facendo riferimento al principio della funzione riequilibratrice dell’assegno divorzile, come precedentemente sancito dalle Sezioni Unite.
I principi delle Sezioni Unite
La recente decisione della Corte di Cassazione non fa altro che ricalcare e ribadire quanto stabilito da una importantissima pronuncia in tema di assegno divorzile: la sentenza n. 18287 del 2018 delle Sezioni Unite (in allegato).
Qui la Cassazione ribadisce il superamento del principio del “tenore di vita” nell’attribuzione dell’assegno divorzile all’ex coniuge. Inoltre viene conferita all’assegno divorzile una funzione equilibratrice del reddito dei coniugi, non con il fine di ricostituire il tenore di vita coniugale ma piuttosto come un aiuto al coniuge economicamente più debole.
Tuttavia non si tratta di una funzione assistenziale, bensì di una misura perequativo-comprensiva che si ispira al principio di solidarietà dell’articolo 2 della Costituzione.
Dunque, l’assegno divorzile deve essere volto a garantire al coniuge richiedente il conseguimenti di un livello di reddito adeguato al contributo fornito alla realizzazione della vita familiare durante il matrimonio, e non solamente dell’autosufficienza economica.
Le Sezioni Unite ribadiscono anche nella determinazione dell’ammontare dell’assegno, il giudice deve tener conto anche delle aspettative lavorative sacrificate dal coniuge per la realizzazione professionale dell’altro.
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