Covid nelle acque reflue: cosa significa e perché non c’è da preoccuparsi

Giorgia Bonamoneta

4 Aprile 2022 - 20:42

Il Covid è presente nelle acque reflue in percentuali simili al 2020. Cosa significa il dato emerso dalla ricerca condotta dall’Istituto Mario Negri? Non c’è da preoccuparsi, ecco perché.

Covid nelle acque reflue: cosa significa e perché non c’è da preoccuparsi

Nelle acque reflue di Milano è stata trovata una consistente quantità di Covid (virus SARS-CoV-2). Non è una notizia nuova, infatti fin dall’inizio della pandemia di Covid-19 è stato scoperto che le persone positive possono espellere il virus attraverso le feci, anche senza sintomi. La presenza del virus nelle acque reflue della Regione, e in particolare di Milano, è stata da quel momento monitorata.

La ricerca condotta dall’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri Irccs e dall’Università degli Studi di Milano in collaborazione con Regione Lombardia ha portato alla luce, a distanza di due anni, dei dati piuttosto interessanti e che confermano le supposizioni della comunità scientifica in merito allo “scenario di convivenza” con il Covid.

La presenza del virus nelle acque reflue non è pericolosa per l’essere umano e, al contrario, è un indicatore di efficacia dei vaccini. Infatti anche se la percentuale di virus non è diminuita dal 2020 al 2021, è sotto gli occhi di tutti il calo dei decessi o dell’insorgenza della malattia grave, di cui sono artefici proprio i vaccini.

Cosa significa che il Covid è (ancora) molto presente nelle acque reflue: la ricerca dell’Istituto Negri

La ricerca condotta sulle acque reflue di Milano - in un periodo di tempo piuttosto lungo e che percorre quasi tutte le ondate della pandemia in Italia - ha permesso di fotografare la convivenza con il Covid, cioè il passaggio del virus a fenomeno endemico.

Le acque reflue, o acque di scarico, in questione sono quelle che derivano dallo scarico dei bagni. Infatti la presenza del virus nelle feci, scoperta all’inizio della pandemia nel 2020, ha permesso a un nuovo sistema di sorveglianza del virus di essere scoperto e incrementato, così da affiancarlo al più noto monitoraggio attraverso i test rapidi e molecolari.

Su Jama (Journal of the American Medical Association) l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri Irccs e dall’Università degli Studi di Milano, in collaborazione con la Regione Lombardia, hanno pubblicato i risultati aggiornati dello studio condotto sulle acque reflue di Milano. Il monitoraggio del virus nelle acque reflue ha evidenziato che, nel corso degli ultimi due anni, la presenza di Sars-CoV-2 non è ha subito grandi variazioni. Dai dati di novembre 2021 emerge una percentuale di poco inferiore della presenza del virus rispetto a novembre 2021.

I risultati della ricerca, per utilizzare le parole della ricercatrice Laura Pellegrini, permettono di avere un vantaggio sul virus, perché prevedono “la circolazione massiccia con ben due settimane di anticipo ed eventualmente intercettano l’introduzione di nuove varianti”.

La presenza del virus nelle acque reflue è un bene: perché non c’è da preoccuparsi

La presenza del Covid nelle acque reflue non è un pericolo per le persone, anzi. I dati aggiornati al 2021 pubblicati su Jama fotografano una circolazione del virus coerente con i modelli presentati da diversi esperti epidemiologi. Tra gli scenari migliori della pandemia, quello che raccontano i dati scoperti nelle acque reflue sono tra i più positivi.

Sappiamo infatti che il virus continua a circolare, cioè a infettare, con la stessa capacità di diffondersi del passato - se non addirittura maggiore -, dandoci l’ennesima prova che la variante Omicron 2 continua a fare il proprio corso. Allo stesso tempo, tali dati, indicano che i vaccini stanno facendo il proprio dovere, proteggendoci.

Lo scenario endemico, cioè di convivenza, viene confermato dai dati della ricerca. Guido Bertolini, coordinatore dello studio, ha spiegato che “se il virus è libero di contagiare, ottiene il suo scopo” e quindi non ha bisogno di nuove varianti. Al contrario, sempre secondo l’esperto, il Covid è portato verso forme - per esempio la nuova variante XE - sempre meno aggressive, anche se più contagiose.

La direzione intrapresa dal virus potrebbe davvero essere quella dell’endemia e della convivenza, a patto che ci si continui a proteggere con i vaccini. Una raccomandazione che rimane invariata, in particolar modo per le categorie cosiddette fragili, cioè coloro che sono maggiormente esposti alla possibilità di contrarre la forma grave della malattia.

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