Lavoro: ma quali skill? Servono comportamenti quotidiani

Flavia Provenzani

11/02/2019

Le skill? Troppo limitanti. Occorre creare contesti che spingano le persone a mutare la conoscenza e la competenza in atteggiamenti e usi quotidiani.

Lavoro: ma quali skill? Servono comportamenti quotidiani

Skill, un termine sempre più abusato nel mercato del lavoro, troppo spesso eccessivamente arricchito - a torto - di senso. Una persona, una risorsa lavorativa per l’azienda non può essere sminuita a mero contenitore di competenze (eccole, le famose skill) preconfezionate.

Utilizzando invece un approccio sistemico, ecco che le skill diventano delle nuove modalità di lavoro, un diverso approccio allo sviluppo delle persone all’interno delle strategie aziendali, in sintonia con l’eterno cambiare della società. È questa l’idea dietro Kill Skill, tredicesima pubblicazione/quaderno di Weconomy nell’ambito del progetto editoriale Logotel, osservatore delle nuove opportunità proposte dall’economia collaborativa ormai da 10 anni.

Un nuovo concetto di “skill”

Tanti, troppi, gli elenchi di skill utili che sedicenti esperti non hanno esitato a definire “a prova di futuro”. Queste, sulla carta, dovrebbero aiutare i lavoratori a muoversi meglio rispondendo alle sfide poste dal mercato, che è in continuo cambiamento, ma sul lato pratico si traducono in un ostacolo. “Concentrarsi su skill come problem solving o digital literacy è una prospettiva limitante” secondo Weconomy, che nella nuova uscita del suo quaderno ha deciso di “uccidere le competenze a catalogo”.

Un approccio automatizzato alle skill professionali rischia di portare ad un apprendimento spersonalizzato, il che guasta l’eventuale presenza di un talento individuale ed ostacola l’auto-organizzazione aziendale.

Sono le aziende a pagarne maggiormente le conseguenze, dovendo affrontare fenomeni come lo skill shortage (la mancanza di capacità per affrontare i nuovi lavori) o il reskilling (la necessità di aggiornare competenze datate). Per questo motivo Weconomy propone la creazione di un ecosistema capace di tradurre le abilità in comportamenti seguendo un processo naturale.

Sentiti psicologi, imprenditori, specialisti nelle metodologie di apprendimento, si sono individuati quattro campi utili allo sviluppo di nuove skill che siano in armonia con il contesto in cui ci si trova, oppure al perfetto mantenimento delle competenze già acquisite. Queste sono: attitudine, motivazione, permesso e opportunità.

Un diverso approccio

Motivare le persone, farle apprendere, farle evolvere: sono questi gli obiettivi di Kill Skill, che sfrutta la forza del know-how Logotel, la service design company promotrice del progetto che, da 25 anni, accompagna la trasformazione di persone e organizzazioni.

In campo anche l’aiuto dell’intelligenza artificiale, aziende di grandi dimensioni in fase di trasformazione, start-up diventate imprese di successo grazie alla costruzione di proprie competenze esterne. Tutto questo affiancato dal contributo di esperti noti sul panorama internazionale, come i ricercatori del World Economic Forum, Donald H. Taylor (Learning Technologies, Londra) e Brian J. Robertson (fondatore del modello organizzativo Holacracy).

Il tredicesimo quaderno di Weconomy è distribuito con il numero di gennaio-febbraio 2019 di Harvard Business Review Italia e gratuitamente su weconomy.it, sull’app Android e iOS e in versione podcast.

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