Si può usare il telefono personale sul posto di lavoro o può motivare il licenziamento per giusta causa? Vediamo i chiarimenti della Corte di Cassazione su divieto e sequestro del cellulare.
L’uso del telefono personale durante il lavoro può costituire una giusta causa di licenziamento? Molti dipendenti si fanno questa domanda per capire se un comportamento tanto naturale e quotidiano possa integrare addirittura una cause di licenziamento.
Il dubbio è stato risolto dalla Corte di Cassazione, la quale ha stabilito che usare il cellulare sul posto di lavoro può causare il licenziamento del dipendente. Il telefono infatti è una grande fonte di distrazione e può portare il lavoratore a perdere molto tempo e anche a commettere errori e negligenze. Tuttavia, se il comportamento del dipendente rientra nella “normale tollerabilità” basterà un richiamo disciplinare e non la misura estrema del licenziamento.
Lo stesso discorso vale anche per l’uso improprio dei Social network, ad esempio la chat di Facebook. Facciamo il punto della situazione analizzando le decisioni della Corte di Cassazione.
Usare il telefono al lavoro, cosa dice la legge
Tutti noi almeno una volta siamo stati tentati di utilizzare il telefono per motivi personali a lavoro, ad esempio per rispondere ad un messaggio o consultare Facebook o Instagram; si tratta però di una pratica non consentita. Il dipendente infatti ha l’obbligo contrattuale di rispettare la volontà del datore di lavoro, il quale può stabilire il divieto.
Va da sé che come in ogni circostanza, per non cadere in errore basta rispettare le regole del buon senso, vale a dire che in caso di questioni urgenti il dipendente potrà rispondere ad una chiamata ma di certo non potrà trascorrere buona parte della giornata lavorativa al cellulare.
Se il datore non ha previsto nessuna regola a riguardo occorre attenersi alle decisioni della Corte di Cassazione. Vediamo cosa hanno stabilito i giudici nei paragrafi successivi.
Il datore può vietare o sequestrare il telefono?
Secondo la Corte Suprema è nella discrezionalità del datore di lavoro stabilire o meno il divieto di utilizzare il telefono personale durante l’orario di lavoro, a prescindere dall’utilizzo che il dipendente ne vuole fare, controllare le email, rispondere a chiamate, ecc. Il motivo è che questo comportamento può alterare il normale svolgimento della giornata lavorativa.
Invece non è mai consentito il sequestro del telefono personale e la perquisizione sui dipendenti; questo perché il divieto riguarda l’utilizzo dell’apparecchio e non il fatto di averlo con sé.
Uso del telefono: rischiamo disciplinare o licenziamento?
Chi utilizza impropriamente il telefono cellulare al lavoro può subire un richiamo disciplinare se la condotta è continua e tale da compromettere la qualità del lavoro svolto.
Ma non finisce qui. La Corte di Cassazione in più di una pronuncia ha stabilito che il dipendente che utilizza il telefono per scopi personali durante le ore di lavoro può anche essere licenziato per giusta causa. Questa condotta deve essere considerata una lesione del rapporto di fiducia che si instaura tra dipendente e datore di lavoro il che, nei casi più gravi, può anche obbligare il lavoratore a risarcire l’azienda se la sua negligenza ha causato un danno emergente o un lucro cessante.
Sulla questione si è espresso anche il Tribunale di Milano che afferma:
“È legittimo il licenziamento disciplinare nei confronti del lavoratore che usa il cellulare aziendale in maniera impropria al di fuori delle finalità istituzionali e per scopi futili in danno economico del datore di lavoro, per di più destinando a tale pratica una parte dell’orario di lavoro”.
Social network
Ma l’uso del cellulare non è l’unica distrazione possibile sul posto di lavoro soprattutto nell’epoca dei social network. Un’altra sentenza della Corte di Cassazione ha ritenuto legittimo il licenziamento del dipendente che chatta su internet o perde intere giornate su Facebook.
In particolare sarà interessante riportare un famoso caso di Cassazione in cui la Corte ha considerato legittima la creazione da parte del datore di lavoro di un falso profilo Facebook tramite cui chattare con il dipendente e intercettare così il comportamento scorretto dello stesso.
La Suprema Corte ha ritenuto questo comportamento da parte del datore di lavoro giustificato poiché si tratta di un’attività di controllo che non ha ad oggetto l’attività lavorativa ma l’assunzione di comportamenti illeciti da parte del lavoratore: tali comportamenti inoltre possono inficiare il patrimonio aziendale sotto il profilo del regolare funzionamento e della sicurezza degli impianti.
In particolare sarà interessante riportare un famoso caso di Cassazione in cui la Corte ha considerato legittima la creazione da parte del datore di lavoro di un falso profilo Facebook tramite cui chattare con il dipendente e intercettare così il comportamento scorretto dello stesso.
La Suprema Corte ha ritenuto questo comportamento da parte del datore di lavoro giustificato poiché si tratta di un’attività di controllo che non ha ad oggetto l’attività lavorativa ma l’assunzione di comportamenti illeciti da parte del lavoratore: tali comportamenti inoltre possono inficiare il patrimonio aziendale sotto il profilo del regolare funzionamento e della sicurezza degli impianti.
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