Con un volume di quasi 10 miliardi di dollari oggi il mercato dei bond cinesi onshore è il terzo mercato obbligazionario su scala mondiale. Dal prossimo anno potrebbe diventare il nuovo driver di tutta l’area Asia-Pacifico
Dal 1° aprile 2019 le obbligazioni cinesi onshore (denominate in Renminbi) sono state incluse nel Bloomberg Barclays Global Aggregate Index (clicca qui per rileggere la notizia).
L’inclusione riguarda una parte consistente del mercato obbligazionario onshore cinese, circa 13.000 miliardi di dollari, cifra che sul totale dell’indice Barclays pesa il 6% circa.
L’indice Bloomberg-Barclays è uno dei principali riferimenti a livello globale per gestori e asset manager (questo indice viene replicato da oltre 2,5 trilioni di asset nel mondo), ma secondo gli esperti anche altri index provider come JP Morgan o Citigroup seguiranno quest’esempio.
Secondo le stime formulate da S&P Global Ratings entro il 2021 ci saranno ulteriori afflussi per 150 miliardi dollari verso il mercato dei bond cinesi denominati in Renminbi cinese (CNY), mentre Goldman Sachs alza l’asticella di queste stime addirittura a 270 miliardi di dollari.
Ma quanto è grande e soprattutto quanto vale il mercato delle obbligazioni cinesi onshore? Vediamolo nel dettaglio.
Obbligazioni cinesi onshore: un mercato da 20.000 miliardi di $
«Non abbiamo mai visto in passato, né rivedremo in futuro un mercato di tali dimensioni e con simili opportunità diventare disponibile tutto d’un colpo, e lo stesso vale per il flusso di capitali che ne deriverà», ha dichiarato Ashley Perrott, Head of Pan Asia fixed income e lead portfolio manager di UBS Asset Management.
Con un volume di quasi 10 miliardi di dollari, oggi il mercato dei bond cinesi onshore è il terzo mercato obbligazionario su scala mondiale dopo quello di Stati Uniti e Giappone. Gli analisti di UBS (una delle banche occidentali che vanta la maggior presenza in Asia, ndr) hanno una certezza: «Ci aspettiamo che entro il 2020 (quindi fra un anno, ndr) il mercato delle obbligazioni cinesi onshore superi quello del Giappone guadagnando il secondo posto dietro solo agli Usa».
In un report circolato oggi la stessa S&P Global Ratings ci ha ricordato che la Cina rappresenta oltre il 40% del mercato obbligazionario in valuta locale della regione Apac (Giappone incluso), che ha un valore complessivo pari a 30.000 miliardi di dollari.
Tradotto in numeri: se oggi il mercato cinese dei bond vale poco meno di 10 miliardi di dollari fra un anno potrebbe agilmente superare i 20.000 miliardi di $.
Obbligazioni cinesi onshore: nuovo driver per l’area Asia-Pacifico
L’inserimento delle obbligazioni cinesi in un benchmark globale crea un precedente che ora gli investitori difficilmente potranno ignorare. Secondo gli addetti ai lavori la rilevanza della Cina nell’indice è destinata ad aumentare nel tempo e altri provider di indici seguiranno lo stesso percorso.
UBS sottolinea: «Oggi gli investitori globali sono sotto-investiti nelle obbligazioni cinesi a causa della storica inaccessibilità di questo mercato. La situazione però sta cambiando: l’accesso è ora possibile e le allocazioni degli investitori internazionali sono in aumento, anche se le posizioni correnti rimangono limitate al 2,1%».
Nel report «Enter The Dragon - How China’s Bond Market May Affect Asia» S&P Global Ratings calca ancora di più la mano: «Il mercato obbligazionario cinese potrebbe iniziare a guidare le condizioni finanziarie in tutta l’area Asia-Pacifico».
«Gli investitori stranieri erano quasi completamente assenti dalla Cina un decennio fa e ora detengono circa il 2% delle obbligazioni in circolazione», ha spiegato Shaun Roache, economista capo Asia-Pacifico presso S&P Global Ratings. «Questa percentuale è ancora bassa rispetto ai principali standard del mercato obbligazionario, ma è in aumento e potrebbe raggiungere il 4% nei prossimi due o tre anni».
Oggi infatti il mercato dei Treasury statunitensi è ancora la big beast dell’area Asia-Pacifico: i rendimenti in valuta locale sono guidati principalmente dai rendimenti del decennale Usa e dal sentiment globale del rischio. S&P conclude con una chiosa: «Il nostro lavoro mostra che l’influenza della Cina è destinata a crescere e l’inclusione nell’indice potrebbe segnare un punto di svolta».
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