Cosa potrebbe succedere da oggi al confine ucraino? Gli osservatori parlando di «data cruciale» e motivano così il loro monito di massima allerta.
Perché gli osservatori internazionali dicono che oggi è il giorno decisivo per capire se l’invasione russa dell’Ucraina si concretizzerà o meno? Non era forse il 16 febbraio la data che dove segnare un «prima» e un «dopo»?
Molti lettori nelle ultime ore si stanno ponendo questa domande e i media internazionali cercano di offre loro risposte tramite ricostruzioni e analisi più dettagliate possibile. Il punto di vista più autorevole, al momento, è quello del quotidiano americano POLITICO che, a dispetto dell’allerta generica del presidente Biden, ha cercato di spiegare i motivi di queste ipotesi temporali e la loro fondatezza fattuale.
Gli analisti della testata hanno quindi elencato tre solide motivazioni:
- la conclusione del raduno annuale «Davos della difesa»
- il termine ufficiale delle esercitazioni di Mosca e Minsk
- la chiusura dei giochi olimpici di Pechino
Dettagliando ciascuno di questi scenari è possibile ricostruire, almeno in buona parte, lo scenario frammentato e confuso che si prospetta davanti ai nostri occhi.
Perché non è successo nulla il 16 febbraio?
La politica della pressione costante a cui Putin da settimane sta abituando tutto l’Occidente mira evidentemente a confondere le idee di chi cerca di anticipare le sue mosse e, in questo caso, possiamo dire che il Cremlino è riuscito nel suo intento.
Credere che il 16 febbraio avremmo potuto tirare le somme delle strategie militari è stato un passo falso prima di tutto della stampa che, a causa della difficoltà oggettiva di queste pratiche probabilistiche, ha dovuto interpretare liberamente le informazioni dei governi e dell’intelligence.
Il primo e più grande «istigatore» di immediatezza è sicuramente Biden, ma c’è da dire anche che i suoi principali aiutanti non hanno mai detto pubblicamente che il 16 febbraio era il giorno certo dell’invasione, solo che un attacco poteva arrivare «in qualsiasi momento».
I funzionari europei non condividevano apertamente l’idea di un assalto imminente e, a fronte di scarsa comunicazione, le voci si sono facilmente rincorse nell’unica direzione un minimo plausibile.
Come spiega il giornale americano insomma la prospettiva di un’invasione russa dell’Ucraina il 16 febbraio «è stata sempre sopravvalutata» e anzi, ha distratto tutti dal potenziale vero obiettivo.
La Russia grande assente della conferenza sulla Difesa
Sempre il 20 febbraio si concluderà la Conferenza sulla sicurezza di Monaco iniziata venerdì. Quest’importante evento annuale è anche noto come il “Forum di Davos della difesa” e, per la prima volta dopo diversi anni, per motivi non meglio specificati dalla portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova, alla conferenza non partecipa una delegazione russa.
Presenti invece la vicepresidente Kamala Harris e il segretario di Stato Antony Blinken, vari leader europei e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
Politico a tal proposito scrive:
«La Russia che lancia un’invasione mentre il numero 2 dell’America è in Europa e mentre il capo di stato ucraino è fuori dal paese potrebbe rivelarsi un’umiliazione definitiva».
Insomma, ipotesi scartata.
Che ruolo hanno le Olimpiadi?
Il peso dei Giochi invernali di Pechino va ben oltre la cosiddetta «pace olimpica», peraltro già violata dallo stesso Putin nel 2008 con l’invasione della Georgia.
Non sono infatti le tregue imposte a livello internazionale a fermare il Cremlino, tanto più la problematicità di mettere in ombra l’omologo cinese con cui Putin stesso da tempo intesse rapporti per svincolarsi dalla dipendenza commerciale europea.
Lo sgarbo non verrebbe visto di buon occhio, ne abbiamo parlato qui.
Ritirata post esercitazione? Tutto da vedere
L’indicatore più razionale da analizzare per fare previsioni è il dispiegamento di forze che accerchia la regione.
Quella vista finora è sicuramente la più grande esercitazione militare dai tempi della Guerra Fredda, ma nei giorni scorsi i leader di Mosca e Minsk avevano promesso che le truppe di Putin sarebbero tornate a casa.
«Non un solo militare russo, non un solo pezzo di equipaggiamento rimarrà in Bielorussia dopo il completamento delle esercitazioni con la Russia» diceva il famoso 16 febbraio il ministro degli Esteri bielorusso Vladimir Makei.
Un motivo per non credere a queste parole? I funzionari occidentali temono apertamente che le truppe rimarranno permanentemente vista la smentita del Cremlino alle parole del presidente Emmanuel Macron. La Francia, a seguito dell’incontro diplomatico dei due leader, aveva infatti riferito alla stampa il «manifesto impegno» di Putin alla ritirata. I russi dicono che nessun accordo stringente è stato mai stipulato.
Ad ogni modo, proprio il 20 febbraio è la data ufficiale della fine delle esercitazioni, non resta che stare a guardare. La possibile menzogna sugli spostamenti dei militari sarebbe un dato rivelatore non indifferente.
Come dichiara Michael Kofman, un esperto dell’esercito russo presso il think tank della CNA:
«È un appuntamento utile per vedere se mentono o no. Quando qualcuno mente, ti dice molto»
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