Le opere abusive situate in un’area vincolata possono essere sanate oppure sono soggette a demolizione? Un quesito abbastanza frequente ma la risposta non è sempre univoca. Vediamo perché.
L’Italia continua a detenere il primato per numero di siti patrimonio dell’umanità iscritti nella lista dell’Unesco. Il maggior indicatore di stock chiamato «La dotazione di risorse del patrimonio culturale» ha calcolato che il nostro Paese consta di oltre 100mila beni archeologici, architettonici e museali censiti dal Mibact: in media, 33,3 ogni 100 km2.
Questo indicatore, tendenzialmente stabile nel tempo, dà conto – al di là delle ben note concentrazioni delle grandi città d’arte – soprattutto della vastità e della capillare diffusione del patrimonio cosiddetto “minore”, nella quale si realizza quella compenetrazione di paesaggio e patrimonio culturale che è uno dei tratti distintivi dell’immagine dell’Italia nonché un asset di valore incalcolabile nella competizione economica globale.
Ora, con un patrimonio del genere, inciampare in zone vincolate di interesse paesaggistico e storico artistico è molto semplice. E semplice è anche imbattersi in abusi edilizi perpetrati in queste zone.
Vi è da dire, preliminarmente, che è molto difficile trovare abusi edilizi sanabili in zona vincolata, a maggior ragione se la richiesta viene presentata ai sensi di quanto previsto dal dl n. 269/2003, convertito con modifiche dalla legge n. 326/2003, conosciuto anche come “Terzo Condono Edilizio”.
Questo perché spesso dipende da quando l’abuso è stato commesso e quindi a quale normativa edilizia vada fatto riferimento. Negli anni è stata molta la giurisprudenza che si è susseguita a riguardo, andando a chiarire molte zone d’ombra.
I vincoli e la sanatoria degli abusi
Bisogna però prima di tutto comprendere cosa significa vincolo urbanistico. Semplificando, si tratta di una limitazione al diritto d’uso della proprietà privata in virtù di un interesse della collettività, che può arrivare fino all’esproprio della stessa. In sostanza il vincolo su un bene obbliga il relativo proprietario a richiedere il permesso all’Amministrazione pubblica competente, prima di fare o non fare qualcosa; il vincolo può addirittura porre limiti al diritto di proprietà.
Prima di affrontare la questione del condono edilizio e della demolizione è opportuno analizzare le varie tipologie di vincoli.
Tipi di vincoli
Per capire se si sta commettendo un abuso o per tutelarsi in caso di compravendita occorre conoscere la tipologia di vincoli presenti sul territorio italiano. Vediamoli insieme:
Vincolo | Caratteristiche |
vincoli urbanistici | Sono determinati dal Piano Regolatore della città e consistono in una limitazione dello ius edificandi, cioè del diritto di edificare. Questo tipo di limitazione può essere assoluta, rappresentata, ad esempio, dall’impossibilità di costruire su un terreno destinato alla realizzazione di un parco pubblico, piuttosto che dalla necessità di cedere al Comune una fascia di terreno per permettere la realizzazione della strada. |
vincoli speciali | Sono determinati da leggi speciali che limitano l’utilizzo del bene. Interessano tutti quegli edifici ricadenti in aree sottoposte a vincolo idrogeologico, a vincolo ambientale, a vincolo storico, artistico o archeologico, dove gli interventi edilizi possono essere realizzati, ma con delle precise limitazioni e seguendo delle procedure autorizzative molto più complesse rispetto al solito. |
vincoli espropriativi | Sono vincoli urbanistici preordinati all’espropriazione per pubblica utilità. Prevedono un vero e proprio passaggio di proprietà dal possessore all’ente per cui rappresentano un bene di pubblico interesse, dietro la corresponsione di un congruo indennizzo. Trattandosi di una forte limitazione della proprietà privata, sono soggetti a scadenza quinquennale, dopodiché decadono, a meno di una reiterazione adeguatamente motivata. L’indennità di espropriazione, in ogni caso, non è commisurata al valore dell’immobile, ma al danno derivante dal mancato utilizzo del bene o dalla riduzione del suo valore di mercato. |
vincoli conformativi | Derivano dalla zonizzazione del territorio comunale. Sono limiti di questo tipo quelli che prescrivono il rispetto di altezze, cubature edificabili, superficie coperta, distanze da osservare dagli edifici limitrofi e distanze di rispetto da aree di interesse pubblico. Sono anche i vincoli che legano il bene a una certa destinazione d’uso prevista per quella parte del territorio, anch’essa determinata dalla sua divisione in zone. |
vincoli morfologici | Sono legati alle caratteristiche intrinseche del bene, come quelli di carattere ambientale e paesaggistico. |
Ma analizziamo in maniera ancora più approfondita altri tipi di vincoli previsti dal nostro ordinamento.
Il vincolo paesaggistico
Il vincolo paesaggistico è uno strumento previsto dalla legislazione italiana per tutelare gli immobili e le aree di maggior pregio paesaggistico. La finalità è quella di mitigare l’inserimento di opere edilizie e infrastrutture in questi spazi, senza precludere comunque del tutto la possibilità di costruire, ampliare e edificare. Tutto ciò, però, va fatto secondo indicazioni e parametri tali che gli interventi non possano danneggiare il pregio paesaggistico e ambientale della zona, ma invece ne rispettino e ne preservino il valore.
Per queste aree tutelate, il Comune non è più l’unico ente preposto a decidere riguardo gli interventi edilizi: occorre l’autorizzazione paesaggistica rilasciata da enti gerarchicamente sovraordinati, come la Regione, su parere vincolante della Sovrintendenza ai Beni paesaggistici e ambientali.
Infatti, quando una zona risulta tutelata, prima di effettuare qualsiasi intervento occorre richiedere una specifica autorizzazione: un documento che, pur in presenza di un iter che dal 2010 è stato semplificato e snellito sotto l’aspetto dei tempi, comporta comunque un notevole carico di documenti da produrre per l’utente.
Per questo motivo è sempre meglio richiedere la consulenza di uno studio tecnico abilitato che possa aiutare gli utenti a compilare correttamente tutte le pratiche e a integrarle con la documentazione idonea.
Il vincolo idrogeologico
I vincoli idrogeologici sono finalizzati ad assicurare un buon regime delle acque e a preservare la stabilità del territorio, di fronte ai pericoli di inondazioni, frane, smottamenti e altri eventi dannosi.
Il vincolo forestale
I vincoli forestali sono diretti alla protezione dei boschi, e consistono sia in limitazioni finalizzate alla difesa di terreni o fabbricati dalla caduta di valanghe, dal rotolamento di inerti e da ulteriori simili accidenti, sia alla conservazione del patrimonio boschivo in quanto tale, cioè in quanto bene insostituibile per la salubrità dell’ambiente, la qualità della vita e il mantenimento della biodiversità.
Il vincolo per la tutela delle acque
I vincoli per la tutela delle acque sono finalizzati alla loro tutela dagli agenti inquinanti, integrata con la tutela quantitativa delle risorse idriche, e ovviamente la loro disciplina dedica una peculiare attenzione alle acque destinate al consumo umano.
Il vincolo naturalistico
I vincoli naturalistici sono rivolti alla tutela di valori naturalistici, ecologici, geologici, biologici ed estetici ma anche, in diverse ipotesi (si pensi essenzialmente ai parchi), antropologici e storico-culturali, all’interno di porzioni di territorio, variamente estese e delimitate, nelle quali detti valori sono particolarmente diffusi e rilevanti.
I vincoli indiretti o di completamento
I vincoli indiretti o di completamento sono per la tutela dei beni culturali che mirano a completare la tutela dei beni culturali immobili garantendo loro una protezione indiretta, mediante limitazioni costituite non sugli stessi immobili oggetto di tutela, bensì sulle aree e sugli immobili prossimi a questi.
Tali limitazioni sono rivolte a impedire non soltanto che sia messa in pericolo l’integrità dei beni tutelati, ma pure che ne sia danneggiata la prospettiva o la luce o ne siano alterate le condizioni di ambiente e di decoro.
La demolizione
Una recente sentenza del Tar ha chiarito l’importanza di datare l’abuso e a chi vada attribuita la responsabilità: si tratta della decisione n. 7953/2021 del Tar Lazio, Sezione Seconda-quater, inerente un ordine di demolizione su alcune costruzioni abusive realizzate in zona vincolata.
Il ricorrente del caso in esame si è opposto all’ordine di demolizione di alcune costruzioni abusive realizzate entro i 300 metri dalla linea di battigia di un lago, tra cui una veranda in legno. Secondo il ricorrente, che campeggia in loco con due roulotte fin dal 1975 e che ha stipulato un contratto di affitto con la proprietaria dei terreni, tali opere sarebbero state realizzate in quel periodo, per cui non si potrebbe applicare la normativa prevista dalla legge Galasso secondo la quale:
Le aree e i beni individuati ai sensi dell’articolo 2 del decreto ministeriale 21 settembre 1984, sono inclusi tra quelli in cui è vietata, fino all’adozione da parte delle regioni dei piani di cui all’articolo 1-bis, ogni modificazione dell’assetto del territorio nonché ogni opera edilizia, con esclusione degli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici.
Secondo il giudice invece, la prova di sussistenza delle opere risiede nella richiesta di fornitura di energia elettrica, datata 2001, per cui la legge n. 431/1985 è applicabile.
Ad avviso del Tar, quindi, le opere devono essere demolite perché si trovano in area con vincolo paesaggistico e producono senza dubbio un impatto estetico-visivo che le assoggetta alla previsione contenuta nell’art. 146 del d.lgs. n. 42 del 2004 (Codice dei Beni Culturali), per cui per la loro realizzazione sarebbe stato necessario richiedere l’autorizzazione paesaggistica.
Inoltre gli atti repressivi di abusi edilizi e ambientali hanno carattere dovuto e vincolato, e non richiedono comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7 l. n. 241 del 1990 perché l’attività abusiva non può sfuggire alla repressione ripristinatoria dei luoghi.
Infine, il giudice amministrativo ha evidenziato che non rileva il fatto che l’autore degli abusi sia affittuario e non proprietario del terreno: come previsto dall’art. 31 del dpr 380/2001, l’autore di un abuso, quale responsabile del reato edilizio, è tenuto unitamente al proprietario a eseguire l’ordine di demolizione.
La nuova sentenza della Cassazione sul condono
Gli abusi edilizi commessi in area vincolata dopo il 1993 non sono sanabili e, in ogni caso, non è possibile applicare differenti norme sul condono per interventi eseguiti in tempi diversi.
Così ha stabilito la Corte di Cassazione, 3 Sez. Penale, con la sentenza n. 2231/2022, riguardante un ricorso contro l’ordine (o meglio, gli ordini) di demolizione di un edificio sul quale sono stati effettuati illegittimamente degli ampliamenti volumetrici in più riprese, su un’area sottoposta a vincolo paesaggistico ambientale.
In particolare, nel 1993 era stato realizzato un primo ampliamento volumetrico di circa 75m2, sottoposto a sequestro nel 1995. L’opera è stata ulteriormente ampliata nel 1998 (con conseguente sequestro). Mentre sulla prima parte è stata presentata richiesta di condono ai sensi della legge n. 724/1994 (Secondo Condono Edilizio), sulla seconda è stata fatta istanza di sanatoria ai sensi della legge n. 326/2003 (Terzo Condono Edilizio).
Sul merito, i giudici hanno ricordato che è costante il principio, in tema di abuso edilizio, per cui la prosecuzione di lavori edili su manufatti abusivamente realizzati concretizza una nuova condotta illecita, a prescindere dall’entità dei lavori eseguiti, e ciò anche quando per le condotte relative alla iniziale edificazione sia maturato il termine di prescrizione, dato i nuovi interventi ripetono le stesse caratteristiche di illegittimità dall’opera principale alla quale strutturalmente ineriscono.
Infatti la prosecuzione dell’attività edilizia vietata, in vista dell’ultimazione dei lavori ed eseguita successivamente al dissequestro e alla restituzione dell’immobile abusivo all’indagato, integra il reato contravvenzionale previsto dall’art. 44, comma 1, lett. b), del dpr n. 380/2001, a prescindere dall’entità degli interventi eseguiti.
Ne consegue che, se si proseguono i lavori edilizi su un immobile abusivo dopo la scadenza del termine per il condono, senza che il permesso in sanatoria sia stato rilasciato, si producono due effetti giuridici:
- la commissione di un ulteriore reato, trattandosi di lavori edilizi su immobile abusivo;
- la non concedibilità del condono richiesto, perché la data a cui fa riferimento la legge serve a fotografare la situazione di fatto esistente, su cui valutare la possibilità di rilasciare il titolo in sanatoria
Le demolizioni/ricostruzioni nel decreto bollette
Nell’ambito del bonus casa nelle ultime settimane è divenuto più semplice l’iter per le demolizioni con ricostruzione in aree vincolate. È l’effetto di una modifica inserita dalla Camera nella legge di conversione del decreto Bollette (dl 17/2022), che consentirà di ricadere nella definizione di ristrutturazione edilizia, accedendo quindi ai bonus casa, anche in caso di ricostruzioni integrali che modifichino alcune caratteristiche dell’edificio precedente, come la sagoma, i prospetti o la volumetria.
Non ovunque, però. La novità riguarda le aree tutelate per legge, regolate dall’articolo 142 del Codice dei beni culturali (dlgs 42/2004): si tratta, ad esempio, di zone costiere, di montagna, di territori vicini a laghi e fiumi, di parchi, riserve, zone di interesse archeologico.
Mentre restano le vecchie regole (quindi, l’obbligo di riprodurre esattamente l’edificio precedente per ricadere nella definizione di ristrutturazione) per altre tipologie di vincolo: quelle degli articoli 12 (beni di interesse culturale) e 136 (immobili e aree di notevole interesse pubblico) del Codice.
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