La riforma della Giustizia è stata approvata in Senato e discussa in Camera, anche sull’abuso d’ufficio abolito. Cos’è questo reato e cosa cambia ora? Ecco i possibili rischi.
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha presentato anche alla Camera il decreto legge che attuerà la riforma Berlusconi, in onore dell’ex presidente del Consiglio. La riforma della Giustizia ha molto più del nome del leader di Forza Italia, ma anzi porta alla luce una serie di battaglie portate avanti con forza dai berlusconiani, tra cui la cancellazione dell’abuso d’ufficio.
Nonostante le lunghe reticenze, infatti, il Senato ha approvato il ddl Nordio in tutti i suoi punti, compresa la cancellazione dell’articolo 323 del Codice penale: l’abuso d’ufficio è stato abolito. Resta ancora il passaggio in Camera, ma difficilmente sarà lasciato andare questo elemento chiave della riforma, la quale mira a rivedere completamente i rapporti con le pubbliche amministrazioni. Proprio durante le audizioni, ulteriori accese proteste hanno accolto lo spirito di questa riforma.
La scelta è fortemente criticata dal Consiglio superiore della magistratura e dall’Autorità nazionale anticorruzione, ma non solo, temendo che sorgano lacune di tutela e complicazioni nelle indagini. Cerchiamo di capire cosa può succedere adesso, ma prima ricordiamo cos’è l’abuso d’ufficio.
Cos’è l’abuso d’ufficio?
L’abuso d’ufficio è un reato disciplinato dall’articolo 323 del Codice penale e fa parte dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione. Si tratta di un reato proprio, poiché soltanto alcuni soggetti determinati possono commetterlo. Per esempio, il reato di furto è comune, poiché chiunque commetta la condotta di impossessarsi della cosa altrui lo commette. Al contrario, il reato d’abuso d’ufficio può essere commesso soltanto da pubblici ufficiali e dagli incaricati di pubblico servizio, peraltro soltanto nello svolgimento delle funzioni o del servizio.
L’abuso d’ufficio, infatti, si configura quando un pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio procura intenzionalmente per sé stesso o per i suoi prossimi congiunti un ingiusto vantaggio patrimoniale oppure arreca ad altri un danno ingiusto. La condotta è penalmente rilevante quando avviene nell’esercizio delle funzioni o del servizio pubblico e contro le regole di condotta previste dalla legge.
Per esempio, assegnare il posto di lavoro a un familiare a discapito di candidati terzi più idonei integra è abuso d’ufficio, lo stesso per il sindaco che aggira le regole sugli appalti per uno scambio di favori. Questo reato è punito con la reclusione da 1 a 4 anni, pena che può salire in caso di aggravanti (danno particolarmente grave o vantaggio ingente).
Cosa cambia se l’abuso d’ufficio viene abolito
Il ridimensionamento del reato di abuso d’ufficio è una questione che è stata a lungo dibattuta nelle sedi di governo italiane. La riforma Berlusconi, infatti, non è altro che il più recente degli interventi legislativi attuati in proposito. È in genere il centrodestra ad avere dimostrato la maggiore reticenza nei confronti della normativa, lamentandone l’arbitrarietà e la discrezionalità, così come quasi tutti i sindaci, senza distinzioni politiche di sorta.
In particolare, il reato di abuso d’ufficio è accusato di aver notevolmente rallentato la burocrazia, generando nei pubblici ufficiali la “paura della firma”. Così, la premier Giorgia Meloni ha definito il timore dei sindaci e dei loro collaboratori nell’assumersi le responsabilità del loro ruolo, con la paura di ripercussioni indesiderate. Opinione largamente condivisa, anche se secondo i magistrati e l’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) sarebbe più opportuno delimitare con più precisione il reato.
L’abuso d’ufficio viene invece cancellato del tutto, e non solo limitato nella sua fattispecie penale. In concreto, questo significa che alcuni comportamenti – precedentemente sanzionabili – non saranno più punibili a livello di diritto penale. Il ministro Nordio ha comunque lasciato aperta la possibilità di introdurre nuovi meccanismi sanzionatori, se dovessero rivelarsi necessari.
L’effetto a cui mira la riforma della Giustizia è quindi quello di velocizzare la macchina burocratica, cosa che dovrebbe quasi certamente verificarsi. Il ddl Nordio è così restrittivo circa all’abuso d’ufficio che è difficile pensare che possa ancora creare reticenza nei pubblici ufficiali. La criticata discrezionalità è senza dubbio eliminata dalle nuove previsioni, anche se è innegabile il potenziale risvolto negativo di questo vantaggio.
Oltretutto, viene sottolineato nel testo della riforma, che esiste una completa normativa riguardante i reati nell’ambito della pubblica amministrazione. La sua cancellazione appare quindi come un giusto compromesso, anche se l’Associazione nazionale magistrati ha rilevato una problematica molto importante: le indagini per abuso d’ufficio erano spesso la strada per scoprire reati ben più gravi, come la corruzione, rischiando ora di lasciare una vera e propria lacuna nel sistema della giustizia. Si attende ora la pronuncia della Camera.
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Quali sono i rischi dell’abolizione?
Con l’abolizione del reato, diversi comportamenti non saranno più punibili, nonostante attengano perfettamente alla condotta in questione. In concreto, questo significa che – per fare un esempio – non sarà perseguibile penalmente il carabiniere che assicuri l’assunzione di un suo parente, su “raccomandazione”.
È proprio per questo che la decisione del Guardasigilli è oggetto di accese critiche, anche se il ministro Nordio ha portato come sostegno della sua tesi dei dati estremamente significativi: c’è un enorme squilibrio fra iscrizioni al registro degli indagati e le archiviazioni. Questo significa che moltissimi pubblici ufficiali vengono accusati del reato, ma poi soltanto pochi di loro effettivamente condannati.
Resta comunque punibile il reato di corruzione, che si verifica con modalità molto simili all’abuso d’ufficio ma prevede come ricompensa una somma di denaro o comunque un’utilità. I vantaggi al di fuori di questa ipotesi resteranno esclusi dalla disciplina penale, tra cui: assegnazione di un appalto, assunzione, priorità nell’assistenza sanitaria, promozione scolastica e così via.
Il ministro Nordio non ritiene la questione preoccupante, in virtù dell’esistente normativa contro questi comportamenti. Si rimanda così alle norme specifiche di settore, con il rischio però di una “minore certezza delle regole”, citando il Presidente dell’Anac Giuseppe Busia. Poi, il già citato problema nelle indagini, che nell’insieme potrebbero rallentare la giustizia, anziché sveltirla come auspicato.
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