Dopo il caso del mancato risarcimento dei genitori di Giuliano De Seta, gli altri incidenti mortali del 2022 e il boom di infortuni, il governo Meloni vuole modificare l’alternanza scuola-lavoro.
Quattro incidenti gravi, di cui tre mortali, nel solo 2022, che si sommano a migliaia di infortuni denunciati. E poi la goccia che ha fatto traboccare il vaso, cioè il caso dei genitori del 18enne Giuliano De Seta, morto dopo essere stato colpito da una lastra in metallo mentre lavorava gratuitamente in un’azienda di Noventa di Piave, in provincia di Venezia. L’alternanza scuola-lavoro è sempre più nell’occhio del ciclone e per questo il governo Meloni vorrebbe intervenire per riformarla.
Secondo il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, così com’è il sistema non funziona e “non tutela gli studenti e la loro vita”. Per questo ha spiegato che sta lavorando con la ministra del Lavoro Marina Calderone per “predisporre una normativa più giusta e più avanzata”.
Alcuni, tra professori e intellettuali, spingono per una riforma complessiva che riveda il significato fondamentale dell’alternanza scuola-lavoro, polemizzando rispetto al concetto di un’istruzione che dovrebbe preparare più a diventare cittadini in senso lato, anziché esclusivamente lavoratori.
A fronte di vari casi positivi di integrazione tra scuola e mondo del lavoro, soprattutto negli istituti tecnici e professionali, con avvicinamento dei ragazzi a professionalità pratiche, quali sono stati i problemi dell’alternanza scuola-lavoro obbligatoria?
Alternanza scuola-lavoro, l’Inail non risarcisce la famiglia della vittima
Giuliano De Seta, a soli 18 anni, è morto schiacciato da una lastra di metallo lo scorso settembre durante l’alternanza scuola-lavoro. Si tratta della terza vittima, dopo i casi di Lorenzo Parrelli (18 anni) e Giuseppe Lenoci (16 anni), morti anche loro nel 2022, facendo scoppiare le proteste degli studenti in piazza.
L’Inail (Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro) ha fatto sapere che non darà nessun risarcimento ai genitori di Giuliano. La norma attuale, infatti, prevede che si debba pagare il risarcimento solo quando chi fa alternanza scuola-lavoro è anche “capofamiglia”.
I ragazzi e le ragazze che tramite la scuola fanno un’esperienza di lavoro in un’azienda, sono infatti considerati ufficialmente solo degli “osservatori” dei processi di lavoro, che devono “orientarsi” per acquisire competenze e diventare “occupabili”. Non sono quindi né stagisti, né lavoratori, né praticanti o apprendisti.
La ministra del lavoro Calderone si è detta “consapevole, come mamma, che nessun risarcimento economico potrà mai lenire il loro dolore, ma a questo si aggiunge anche il senso di profonda ingiustizia che deriva dal vulnus normativo esistente”. Da qui la promessa di un intervento.
Cos’è l’alternanza scuola-lavoro e come si sceglie l’azienda
Ma il mancato risarcimento dell’Inail è solo la punta di un iceberg ben più ampio. L’alternanza scuola-lavoro esiste fin dal 2003: fu infatti inserita nell’ordinamento dalla nota “riforma Moratti” su base volontaria, venendo poi praticata in molti istituti tecnici e professionali.
Con la riforma Buona Scuola del governo Renzi, poi, il sistema è stato reso obbligatorio per tutti a partire dal 2017. Insomma, ha coinvolto anche i licei. Tramite l’alternanza, quindi, si acquisiscono punti che costituiscono requisito indispensabile di ammissione all’esame di Stato alla fine del ciclo di studi di istruzione secondaria. Dal 2020, però, a causa della pandemia, la norma è sospesa: l’alternanza si fa sempre, ma non è indispensabile per accedere all’esame di Stato.
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A seconda del tipo di scuola, poi, è previsto un montante orario diverso nell’ultimo triennio: 90 ore complessive per i licei, 150 per gli istituti tecnici e 210 ore per gli istituti professionali. Quelli che vengono chiamati tecnicamente percorsi trasversali per l’orientamento possono essere svolti in: imprese, associazioni sportive e di volontariato, enti culturali, ordini professionali e istituzioni.
A scegliere dove fare questa sorta di primo tirocinio è lo studente assieme a un professore tutor scolastico. In base alle competenze del ragazzo/a e alle disponibilità delle aziende e degli enti, la scuola attiva il progetto. Lo studente o la studentessa firma poi una Carta dei diritti e dei doveri, mentre esiste una piattaforma online che dovrebbe far incontrare domanda e offerta e in cui si possono segnalare mancanze o negatività.
Scuola, la mancanza di monitoraggi pubblici
Le segnalazioni negli ultimi sei anni sono state molteplici, così come le difficoltà da parte delle scuole, soprattutto i licei, a trovare aziende e istituzioni che facciano fare progetti realmente formativi per il futuro percorso lavorativo dei ragazzi e delle ragazze. Sono centinaia, infatti, i casi di alternanza fatti in enti come le biblioteche (senza poter imparare a gestire effettivamente le strutture, ma limitandosi ad attività ludiche) o in aziende di fast food, dove è facile scadere nello sfruttamento lavorativo, mentre non si acquisiscono particolari competenze specifiche o professionalizzanti.
C’è poi il caso denunciato dall’Alleanza Verdi e Sinistra di due scuole di Roma che hanno attivato dei progetti di alternanza alla Mes Spa, un’azienda che è specializzata nella produzione di armi.
L’Osservatorio nazionale sull’alternanza, istituito nel 2018 per monitorare i dati dei pcto, è durato cinque mesi e poi è stato abolito dal governo gialloverde. I report del ministero dell’Istruzione sono invece fermi all’anno scolastico 2016/2017 (quando furono conteggiate circa 200mila strutture ospitanti e quasi 1 milione di studenti in alternanza). Insomma: il controllo pubblico è scarso e anche per questo valutare gli effetti sulla formazione dei ragazzi e sull’incontro tra scuola e mondo del lavoro è quasi impossibile.
Alternanza scuola-lavoro, quanti infortuni dal 2017?
Quanto alla sicurezza, ci sono varie regole, tra cui quella che i ragazzi devono essere assistiti da tutor dell’azienda ospitante, con un addetto per ogni cinque studenti in caso di attività ad alto rischio, come nelle fabbriche dove sono morti i ragazzi.
Non si riescono però ad evitare migliaia di infortuni. Dal 2017 al 2021 in Puglia si è raggiunto il record, con circa 15mila denunce di infortunio (su una platea potenziale di circa 100mila ragazzi in alternanza) e la Cgil che parla di un clima di “paura e ricatto con cui molti giovani vivono queste esperienze”, per cui il sindacato non avrebbe “contezza di come si svolga la relazione tra le aziende e gli enti e gli studenti del territorio”.
Al boom in Puglia si sommano vari altri casi nelle altre regioni e province, più sporadici, ma comunque molto gravi: come il ragazzo di 17 anni rimasto ferito in un’officina meccanica di Montemurlo (Pistoia) nel 2018, il coetaneo della provincia di Cuneo finito in terapia intensiva dopo essere stato travolto da una cancellata in ferro nel 2020 o il 16enne caduto da cinque metri d’altezza mentre era su una piattaforma per montare uno striscione a Rovato.
Il piano del governo per rivedere l’alternanza scuola-lavoro
Il piano del governo consiste innanzitutto nel rivedere la norma sui risarcimenti dell’Inail. Secondo la ministra Calderone potrebbe essere fatto con il prossimo decreto lavoro in arrivo a fine mese. Con le modifiche non si dovrebbe più verificare un caso di mancato indennizzo come quello della famiglia di Giuliano De Seta.
Dopodomani, 12 gennaio, ci sarà poi un tavolo tecnico sulla sicurezza sul lavoro con le parti sociali e i datori di lavoro, allargato ai ministri dell’Università e dell’Istruzione Anna Maria Bernini e Valditara, assieme a Inail e Ispettorato nazionale del Lavoro.
Si punta innanzitutto a rafforzare la formazione dei ragazzi sulla sicurezza durante l’alternanza e a rendere più proficuo e sicuro l’accompagnamento dello studente da parte dei tutori (aziendale e scolastico), con un costante dialogo tra loro, anche per “l’efficacia educativa, professionale, umana e culturale dell’esperienza”, come ha spiegato Valditara.
Questo, dice l’esponente leghista, in linea con le nuove linee guida sull’orientamento pubblicate prima di Natale per “la personalizzazione dei percorsi formativi e la valorizzazione concreta dei talenti individuali” e con la decisione di mettere un docente tutor per ogni classe, per seguire gli studenti con problemi d’apprendimento o brillanti.
Secondo il ministro dell’Istruzione, però, l’alternanza scuola-lavoro non va abolita. “Uno studio americano di Heckman-Kautz del 2016 - ha detto Valditara - mostra che è una delle poche prassi educative nella scuola secondaria superiore per la quale si ha evidenza empirica importante di effetti positivi sulla acquisizione da parte del giovane delle competenze non disciplinari. Capacità di risolvere problemi, imprenditorialità, empatia, capacità di adattamento, pensiero creativo, gestione del tempo: le cosiddette soft skills. Fondamentali anche per i liceali”.
Scuola, le quattro sfide del governo Meloni
Dall’opposizione l’Alleanza Sinistra Verdi ha chiesto invece l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta sull’alternanza, prima di tutto per verificare i casi di sfruttamento. E poi per ripensare l’intera struttura dei progetti formativi.
Secondo il presidente dell’Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli, “negli istituti tecnici e professionali l’alternanza è sempre stata praticata e valorizzata, anche prima che venisse resa obbligatoria, mentre nei licei il percorso è sempre stato visto con diffidenza e pregiudizio”. I presidi dei licei fanno quindi notare che sarebbe necessaria una maggiore possibilità di sperimentazione e una più efficace programmazione dall’alto.
Il problema da risolvere ha quindi quattro facce: c’è il nodo della sicurezza, quello dello sfruttamento e quello dello scarso monitoraggio pubblico, oltre al dibattito sul senso stesso, dal punto di vista etico e didattico, dell’alternanza-scuola lavoro (almeno per alcuni percorsi di studio). Risolverli tutti e quattro assieme sarà una sfida più che impegnativa per il governo Meloni.
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