Serve facilitare le trattative per il rinnovo dei contratti scaduti per circa 6,8 milioni di lavoratori. Per questo il ministero del Lavoro sta ragionando sulla possibilità di detassare gli aumenti.
6,8 milioni di lavoratori privati sono in attesa del rinnovo di contratto; a tal proposito, già Mario Draghi nei mesi scorsi aveva cercato d’incentivare sindacati e associazioni datoriali a raggiungere al più presto un accordo, così da adeguare le retribuzioni - il cui potere d’acquisto è eroso dall’inflazione crescente - al costo della vita attuale, ma con scarsi risultati.
Lo stesso sta facendo il governo Meloni, tant’è che la ministra del Lavoro, Marina Calderone, sta pensando a una serie di soluzioni per favorire la chiusura delle trattative in corso per i rinnovi di contratto. D’altronde non è semplice arrivare a un accordo, anche perché le stesse imprese stanno pagando le conseguenze del’inflazione, senza dimenticare poi che vengono da anni di crisi economica.
Per questo motivo c’è una proposta sul tavolo dalla ministra del Lavoro che piace a entrambe le parti e potrebbe dare una forte spinta ai rinnovi contrattuali: nel dettaglio, si tratta di rendere esentasse gli aumenti di stipendio che verranno riconosciuti con i nuovi contratti, così da limitare l’esborso a carico delle imprese ma senza penalizzare i lavoratori dipendenti.
Ma c’è un problema, e non di scarsa rilevanza: le risorse che una tale misura richiederebbe.
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Come spiegato dalla ministra al Lavoro, Marina Calderone, il governo sta facendo il possibile per individuare strumenti normativi che possano facilitare “l’efficace soluzione dei contratti collettivi scaduti”.
Situazione che in alcuni settori si protrae ormai da troppo tempo: basti pensare che per gli addetti alla sicurezza il rinnovo del contratto è atteso ormai da 7 anni.
Nel dettaglio, oggi risultano 591 contratti scaduti, per circa 6,8 milioni di lavoratori privati interessati. Al netto di quanto fatto dal governo per contrastare la perdita del potere d’acquisto delle retribuzioni, come ad esempio lo sgravio contributivo del 2% e 3% per chi guadagna meno di 2.692 euro, servirà anche il contributo dei datori di lavoro, i quali dovranno necessariamente aumentare gli stipendi adeguandoli al costo della vita.
Ovviamente non si tratta di una decisione dei singoli, in quanto un accordo dovrà essere collettivo. A tal proposito, c’è una misura che potrebbe sbloccare la trattativa: detassare gli aumenti di stipendio riconosciuti dal nuovo contratto, così da limitare l’onere che graverebbe sulle imprese ma mantenendo inalterato l’importo spettante ai lavoratori.
D’altronde si tratta di una strada che il governo Meloni ha già intrapreso con la legge di Bilancio 2023, quando ad esempio ha deciso di dimezzare la cedolare secca che si applica sui premi di risultato, per la quale - entro i 3.000 euro - l’aliquota dell’imposta sostitutiva vien portata dal 10% al 5%. Un sistema in cui lo Stato si fa carico di una parte, quella fiscale, dell’aumento, chiedendo però un maggiore sforzo alle imprese. Lo stesso, insomma, di quanto potrebbe succedere per i rinnovi di contratto.
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Esempio
Pensiamo a una contrattazione ferma ormai da anni perché le richieste dei sindacati non coincidono con quelle delle associazioni datoriali. Ad esempio, i sindacati chiedono un aumento di 100 euro lordi, cifra considerata troppo elevata dalla controparte che invece si ferma a 50 euro lordi.
Raggiungere un accordo a queste condizioni sembra essere impossibile, ed è qui che la misura pensata dal ministero del Lavoro potrebbe sbloccare l’impasse: senza tasse sugli aumenti, o comunque in misura più bassa rispetto a quelle solitamente previste, si potrebbe raggiungere facilmente un accordo, ad esempio per un rinnovo di 60 euro netti al mese.
Gli ostacoli
Ma non si tratta di un’ipotesi priva di ostacoli, tant’è che non è la prima volta che si è tentata questa strada per facilitare i rinnovi di contratto. Tuttavia, nei casi precedenti è sempre arrivata la bocciatura della Ragioneria di Stato, convinta che una tale misura non sarebbe economicamente sostenibile.
E oggi le condizioni non sembrano essere diverse dal passato, visto che il problema risorse resta e anzi sembra essersi persino incentivato.
Senza dimenticare poi che autorizzando una tale agevolazione per i prossimi rinnovi si andrebbero a svantaggiare quei settori dove invece il nuovo contratto è già stato siglato.
Per il momento, quindi, l’impegno preso dalla ministra del Lavoro, che ne ha parlato in un’interrogazione promossa dal Pd alla Camera, non sembra di facile realizzazione, perlomeno per quanto riguarda la possibilità di detassare gli aumenti di stipendio. Potrebbero esserci misure alternative, ma i costi dovranno essere contenuti.
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