Aumento buste paga, c’è la data: perché i tempi rischiano di essere molto lunghi

Giorgia Bonamoneta

02/10/2022

Aumentano le buste paga, ma i tempi sono lunghi. Secondo la Nota di Aggiornamento al Def la forbice tra stipendi e salari è sempre più ampia e il potere d’acquisto degli italiani crolla.

Aumento buste paga, c’è la data: perché i tempi rischiano di essere molto lunghi

Le buste paga aumenteranno, ma non nel breve periodo. Nel frattempo, mentre l’inflazione corre al 10%, il potere d’acquisto degli italiani continua a scendere. La Nota di Aggiornamento al Def segnala che un primo recupero del potere d’acquisto avverrà solo a partire dal 2024, quando nel settore privato gli aumenti in busta paga saranno del +2,5% in più rispetto all’aumento attuale che viaggia intorno al +1,8%. In ogni caso, dati al ribasso rispetto al tasso di inflazione che allarga la forbice tra prezzi dei beni di prima necessità (beni alimentari, bollette) e salari.

Gli aumenti in busta paga ci saranno, ma con una tempistica piuttosto lunga perché il calcolo dell’adeguamento non si basa sui prezzi dei beni al consumo - questi possono essere conseguenze di shock inflazionistici di origine esterne - ma attraverso l’armonizzazione dei prezzi al consumo al netto dei beni energetici importati, ovvero l’Ipca-Nei. Seguendo tale indice, nel momento di un abbassamento del prezzo dell’energia, del gas naturale e altri combustibili, anche il valore degli altri beni e quindi del costo della vita si ridurrebbero in tempi più brevi.

Nella Nota di Aggiornamento al Def, approvata questa settimana del Consiglio dei Ministri, si prevede che le buste paga degli italiani perderanno in media un valore effettivo di almeno il 5,3%, continuando a rimanere l’unico paese membro dell’Unione Europea con gli stipendi inferiori a quelli di trent’anni fa.

Busta paga in aumento per salvare il potere d’acquisto dell’italiani: si deve attendere il 2024

Ogni anno, dopo la stagione estiva, viene pubblicata la Nota di Aggiornamento al Def. Questo documento contiene le indicazioni per rivedere la legge di Bilancio e programmare interventi più o meno incisivi per salvaguardare sul medio-lungo periodo il potere d’acquisto degli italiani. Nella crisi geopolitica nella quale ci troviamo a vivere, la Nota di Aggiornamento al Def ha assunto un’importanza strategica, poiché rivela l’instabilità della nostra economia e permette di ragionare su interventi di urgenza per impedire a famiglie e imprese di collassare.

Nella Nota di Aggiornamento al Def si legge che per il settore privato le retribuzioni saranno in aumento dell’1,8% per l’anno 2022, del 2,9% per il 2023 e del 2,5% nel 2024. Tutti dati al di sotto del tasso d’inflazione, che al contrario continua a crescere. È vero anche però, come si ricorda nella Nadef, che l’indice per l’adeguamento delle retribuzioni non si armonizza con l’inflazione, perché rischia di subire dinamiche repentine e altalenanti. Infatti, in base alla riforma degli accordi contrattuali del 2009, il punto di riferimento per l’adeguamento dei retribuzioni è il tasso di variazione dell’indice armonizzato dei prezzi al consumo al netto dei beni energetici importati, come ricorda Tgcom24.

Dopo tutto è già successo in passato che con il rientro dei valori pre-crisi del gas naturale e degli altri combustibili, il costo della vita si riducesse velocemente, garantendo un recupero del potere d’acquisto.

Inflazione potere d’acquisto: in Italia stipendi inferiori a quelli di 30 anni fa

Un riassunto degli ultimi dati Ocse in merito agli stipendi potrebbe essere ironicamente «si stava meglio quando si stava peggio». Infatti il valore degli stipendi italiani oggi è più basso di quello registrato trent’anni fa. Mentre l’Italia stagnava nell’ultimi trent’anni, altri Paesi del mondo hanno visto un importante incremento della percentuale di salari. I valori più alti sono quelli dell’est Europa dove gli stipendi sono aumentati anche del +292%. In Italia, le soluzioni proposte in campagna elettorale sono state il taglio del cuneo fiscale o anche il salario minimo, bisognerà però attendere la legge di Bilancio per capire in che modo si muoverà il nuovo governo.

Nel frattempo l’inflazione continua a crescere e sfiora il 9%. L’aumento del carovita coinvolge tanto il costo dell’energia, quanto i beni alimentari, che hanno raggiunto un aumento del +11%, trovandosi ai massimi storici dal 1983.

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