Allarme aviaria, mai così tanti casi come nel 2022: Italia secondo paese per allevamenti infetti

Claudia Mustillo

03/10/2022

Allarme influenza aviaria nel mondo: mai così tanti casi. L’Italia seconda per infezioni negli allevamenti. Ecco cosa succede.

Allarme aviaria, mai così tanti casi come nel 2022: Italia secondo paese per allevamenti infetti

Oltre al Covid-19 c’è un’altra epidemia che allarma il mondo: l’avaria. Sono stati registrati 2.500 focolai e oltre 47 milioni di volatili sono stati abbattuti negli allevamenti. Inoltre, l’influenza avaria è stata registrata in oltre 3.500 uccelli selvatici dalla Norvegia al Portogallo. L’Italia è il secondo paese per numero di focolai negli allevamenti, in totale 317, dopo la Francia che ne ha oltre mille.

Questi i numeri della più grande epidemia di influenza aviaria 2021-2022 mai vista in Europa secondo l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) e il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc). C’è il rischio per la trasmissione all’uomo ma è stato classificato dalle agenzie Ue livello basso e medio per chi è esposto per motivi professionale.

Allarme aviaria, cosa sappiamo?

Quest’anno il virus ha raggiunto le colonie riproduttive di uccelli marini, sulla costa nord atlantica, causando un alto tasso di mortalità soprattutto in Germania, Francia, Paesi Bassi e Regno Unito. Come è stato spiegato da Efsa e Ecdc, il numero di focolai negli uccelli domestici è diminuito rispetto ai mesi precedenti, ma è stato più di cinque volte superiore rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Per questo l’emergenza continuerà a lungo: il numero di rilevamenti del virus è stato costante e «senza precedenti».

Negli scorsi anni, infatti, durante il periodo estivo si registrava un rallentamento nella diffusione dell’infezione, raggiungendo anche zero casi positivi o quasi.

«È chiaro che l’attuale epidemia è tuttora in corso - dichiara Guilhem de Seze di Efsa - con l’inizio della migrazione autunnale e l’aumento del numero di volatili selvatici che svernano in Europa è probabile che un maggior numero di essi risulti a rischio di infezione da Hpai, a causa della persistenza del virus in Europa».

Nell’autunno del 2021 il virus ha varcato per la prima volta l’Oceano Atlantico, diffondendosi dall’Europa al Nord America. Nelle aree densamente popolate e nei sistemi di produzione avicola altamente esposti all’influenza aviaria, sottolinea Efsa in una nota, «andranno prese in considerazione strategie di prevenzione a medio e lungo termine».

Influenza aviaria: quali rischi per l’uomo

Nell’uomo il virus può provocare sintomi diversi: da una lieve infezione delle vie respiratorie, febbre e tosse, fino a una polmonite grave, sindrome da distress respiratorio, shock e persino la morte.

Al momento, il rischio trasmissione nell’uomo è stato classificato livello basso, e da basso a medio per i soggetti esposti per motivi professionali dalle agenzie Ue. Il contagio con il virus dell’aviaria si verifica dopo il contatto diretto con animali infetti (vivi o morti), le loro escrezioni (in particolare con le feci e gli oggetti o superfici contaminate da queste). Ma invece, non c’è alcun rischio di trasmissione attraverso il consumo di carne o uova.

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