Banche italiane, la grande scommessa di Piazza Affari rischia di fallire?

Laura Naka Antonelli

25/03/2025

Di mezzo la politica ma anche il ruolo dei sindacati. L’attenti: alla fine del risiko “ci sarà chi vince e chi perde”.

Banche italiane, la grande scommessa di Piazza Affari rischia di fallire?

Di tutte le OPS che le banche italiane hanno annunciato in pompa magna a Piazza Affari, quante andranno davvero a buon fine?

La domanda è d’obbligo, visto che è stata proprio la febbre sul risiko esplosa in Borsa a far salire le azioni del settore bancario italiano: non solo quelle delle prede, ma anche delle predatrici. Basta guardare al trend dei titoli direttamente interessati dai vari dossier.

Il trend YTD delle azioni coinvolte nelle 5 operazioni di risiko bancario

Pur limitandosi alle performance YTD, ovvero a quelle riportate dall’inizio del 2025, il messaggio che arriva dai numeri è chiaro: le azioni delle banche italiane continuano a puntare verso l’alto: UniCredit ha guadagnato più del 42%; la sua preda Banco BPM è forte di un rialzo pari a quasi +32%.

MPS-Monte dei Paschi di Siena ha riportato un rialzo di oltre il 13%, mentre la sua preda Mediobanca ha segnato un progresso superiore a +28%.

BPER è reduce da un balzo di quasi il 26%, mentre i titoli della banca che ha messo nel mirino, ovvero di Banca Popolare di Sondrio, sono scattati a Piazza Affari di oltre il 44%.

Meno brillante il trend di Banca Ifis, che YTD ha visto le azioni salire del 6% circa, mentre la preda Illimity ha incassato un guadagno di oltre il 9%.

Anima Holding, la società del risparmio gestito oggetto dell’OPA di Banco BPM, ha guadagnato nello stesso arco temporale più del 5%.

In generale, le azioni del settore bancario italiano, hanno continuato a marciare al rialzo, a dispetto dei tagli dei tassi di interesse dell’area euro varati dalla BCE, che hanno privato le banche di quel sostegno significativo ai margini netti di interesse che si era confermato una certezza negli anni 2022-2023 delle strette monetarie.

Banche italiane, gli attori principali delle partite aperte a Piazza Affari

Market mover che ha pilotato il trend dei titoli bancari sono state senza alcuna ombra di dubbio le transazioni di M&A annunciate da alcune banche italiane:

L’avvertimento della FABI: senza la firma del sindacato queste OPS rischiano di fallire

Di tutte queste operazioni di risiko, ha parlato oggi il segretario generale della FABI, il sindacato dei bancari numero uno in Italia, facendo alcune precisazioni, e avvertendo come non è detto che per tutte le partite aperte a Piazza Affari il successo sia assicurato. Anzi, ha precisato Lando Maria Sileoni, gli esiti di alcune operazioni di M&A sono tutto fuorché certi. Non che Piazza Affari e gli investitori non lo sappiano.

Ma Sileoni oggi ha lanciato un attenti anche al ruolo che rivestirà a Piazza Affari la stessa FABI, ergo la Federazione Autonoma dei Bancari italiani.

Facendo riferimento alle cinque scalate protagoniste di Piazza Affari, nel rimarcare l’imperativo di vigilare sui vari dossier, Sileoni ha ricordato che l’Italia ha a disposizione gli “strumenti per gestire questi i cambiamenti, rispetto ad altri paesi europei”, rinfrescando la memoria a quanti forse hanno dimenticato un piccolo particolare: “ senza la firma del sindacato queste operazioni societarie corrono il rischio di fallire”.

Sileoni ha ribadito che, “in questa prima fase, bisogna vigilare sulle cinque scalate ostili”, aggiungendo che “ l’obiettivo è la difesa delle persone che rappresentiamo , una difesa da cambiamenti epocali per il settore e del modello di banca che produrranno inevitabilmente una serie di cambiamenti organizzativi all’interno delle banche, con direzioni generali che spariranno e sistemi informatici che si accorperanno ”.

Ci saranno chiusure degli sportelli bancari, ma abbiamo gli strumenti contrattuali per gestire questi cambiamenti: non ci sono alibi”, è stato l’avvertimento di Sileoni, che ha parlato nel corso dell’evento organizzato dalla FABI “Milano capitale finanziaria italiana” organizzato dal sindacato per la giornata di oggi, 25 marzo 2025.

Sileoni non ha fatto nulla per nascondere il timore che le varie nozze proposte tra le banche italiane finiscano con il provocare una emorragia di posti di lavoro. D’altronde, è stata la stessa FABI a mettere in evidenza qualche giorno fa che il risiko bancario coinvolge in tutto più di 102mila lavoratori bancari.

L’avvertimento: delle cinque scalate, due probabilmente si impantaneranno per la politica

Detto questo, oltre al ruolo che il sindacato riveste nel determinare il successo delle OPS, un altro ostacolo al buon esito delle OPS, ha ricordato il numero uno della federazione, è rappresentato dalla politica:

Sono convinto che, di cinque scalate ostili, tre andranno in un certo modo e due probabilmente si impantaneranno. Questo perché lì dove c’è di mezzo la politica, e le prime avvisaglie le ho viste, tenderanno a creare una serie di ostacoli cercando di allungare i tempi”.

E “se si allungano i tempi di un’OPS è chiaro che l’operazione poi alla fine va a rischio ”, ha fatto notare Sileoni.

Ad avallare i sospetti della FABI è stato nel corso dello stesso evento Roberto Speziotto, responsabile del personale di Banco BPM, chiamato a partecipare all’evento del sindacato.

Nel menzionare l’OPS lanciata da UniCredit su Banco BPM, Speziotto ha parlato di una offerta pubblica di scambio che ha riaperto “il tema degli esuberi”, menzionando quei “900 milioni di sinergy cost pubblicati nel prospetto OPS di Unicredit”: una somma che “vuol dire andare a incidere sulle teste, come insegna tra l’altro la storia. Di fusioni, ha ricordato il manager, lui stesso “ne ha viste tante”.

Speziotto ha confermato che tra il personale “c’è un clima di preoccupazione”, aggiungendo che “come Banco BPM abbiamo 1,7 miliardi di costo del personale, circa 800 milioni di spese amministrative: totale due miliardi e mezzo, il che significa che fare 900 milioni di sinergie vuol dire andare a incidere sulle teste”.

FABI, Sileoni: non credete agli AD con l’acqua alla gola. La frase sui dividendi

Non sono mancati allo stesso tempo gli affondi di Lando Maria Sileoni contro i vertici, in generale, delle banche italiane:

Quando ascoltate amministratori delegati che con enfasi parlano della loro banca, a difesa delle persone e della loro banca, non dovete credergli per niente: non per avidità personale, quello che interessa è accontentare il mercato e i fondi, distribuire dividendi sempre più importanti ”.

E ancora, sempre riguardo alle partite aperte di risiko: “Dovremmo essere abili a non farci ingannare dai proclami di chi, ogni giorno che passa, si sente sempre più l’acqua alla gola perché sta perdendo la banca. Noi sulle vicende di mercato non c’entriamo niente e né vogliamo entrarci, però non ci devono raccontare né Biancaneve e sette nani né Cenerentola, pensando di poterle far passare come verità assoluta. Perché all’ultimo momento, ricordate di quello che vi dico, mezz’ora prima della conclusione della scalata proprio quei dirigenti saranno i primi che metteranno sul mercato le loro azioni e incasseranno ”.

La triste verità, ha ribadito Sileoni, è che alla fine del risiko, “non ci saranno situazioni ibride a metà” ma, piuttosto, “ ci sarà chi vince e chi perde ”.

A tal proposito, il numero uno del sindacato ha menzionato anche il caso specifico del dossier UniCredit-Banco BPM, invitando i sindacati stessi a remare verso la stessa direzione: “È legittimo e giusto che la FABI di Banco BPM difenda la sua banca e che quella di Unicredit difenda Unicredit e così via. Ma una volta chiuse le ostilità sarà tutto il sindacato che dovrà evitare trattamenti economici di serie A e serie B ”.

Intanto oggi le azioni delle banche italiane continuano a correre: in pole position sul Ftse Mib le azioni UniCredit, in vista del grande giorno che aggiungerà, o toglierà, un tassello all’ambizione di Andrea Orcel di conquistare la rivale italiana BPM.

Seguono a ruota tra i titoli migliori dell’indice benchmark di Piazza Affari Banca Mediolanum, Banco BPM, Intesa SanPaolo.

Equita SIM promuove le nozze tra UniCredit e Banco BPM

L’attenzione degli investitori concentra in particolare sul dossier UniCredit-Banco BPM, tornato sotto i riflettori degli analisti di Equita SIM:

La SIM ha continuato a blindare le nozze tra le due banche italiane: “Continuiamo a ritenere che l’integrazione tra le due realtà abbia una forte logica industriale, permettendo di rafforzare il posizionamento in Italia, attraverso due network altamente complementari e possibilità di mettere a fattor comune le fabbriche prodotto, con significativo spazio per generazione di sinergie”, hanno scritto gli analisti di Equita.

La previsione è di una entità risultante dalla fusione che presenterebbe un CET1 superiore al 13% e un ROTE adjusted superiore al 20%, a fronte di un rapporto tra prezzi e utili attesi al 2027 pari a 7,1 volte e un rendimento attorno all’11%.

Secondo Equita SIM, la transazione di M&A andrebbe a favore soprattutto degli azionisti del Banco, che si ritroverebbero a diventare soci di “ un vero campione nazionale, con maggiore scala, un ampio set di fabbriche prodotto e potenziale per mettere a fattor comune investimenti in canali distributivi e IT”.

Equita ha alzato anche il target price sulle azioni UCG, da 54 euro a 58,5 euro.

Corsa delle banche italiane a Piazza Affari, rischio bolla?

Sostenuto dagli ennesimi rialzi delle azioni del settore bancario italiano, l’indice di riferimento Ftse Italia Banche balza oggi del 2%, salendo attorno a quota 27.457 punti.

Ma l’interrogativo assilla diversi investitori, che assistono da tempo alla corsa dei titoli delle banche italiane. Che succederebbe alle azioni se di colpo e per qualsiasi motivo le partite del risiko bancario finissero con il fare flop, soprattutto sulla scia di manovre, come ha avvertito Sileoni, di natura politica?

D’altronde, il governo Meloni è entrato subito a gamba tesa nei vari dossier, accanendosi contro l’operazione UniCredit-Banco BPM, apparsa subito ai suoi occhi alla stregua di una sorta di “matrimonio che non s’ha da fare”.

Lo stesso ha poi benedetto senza alcuna esitazione la mossa che MPS ha lanciato su Mediobanca, che lo vede tra l’altro coinvolto attraverso il Tesoro, tuttora maggiore azionista del Monte ancora di Stato. Tutto, mantenendo sempre gli occhi ben aperti su Generali, il colosso assicurativo di cui, non per niente, Mediobanca è maggiore azionista. Negli ultimi 6 mesi, l’incasso del sottoindice dei titoli bancari italiani è balzato di quasi il 41%.

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