Busta paga, servono 4,5 miliardi per confermare lo sgravio contributivo del 2%. Altrimenti gli stipendi saranno più bassi e soggetti alla perdita del potere d’acquisto causata dall’inflazione.
Nel 2022 si è fatto - e speso - molto per aumentare lo stipendio degli italiani. Prima c’è stata la riforma fiscale, con l’introduzione provvisoria di uno sgravio contributivo dello 0,8% utile per compensare le perdite dovute all’addio al trattamento integrativo di 100 euro, poi - vista la riduzione del potere d’acquisto delle retribuzioni dovuta all’inflazione - il governo ha introdotto un bonus una tantum di 200 euro erogato nelle buste paga di luglio. E non è finita qui, perché con il decreto Aiuti bis lo sgravio contributivo suddetto è stato portato al 2%, tagliando così ulteriormente il cuneo fiscale.
Ma non è abbastanza e i partiti lo sanno, tant’è che in questa campagna elettorale si continua a parlare con insistenza di taglio del cuneo fiscale e di aumento delle retribuzioni. Tuttavia, bisognerà fare i conti con le risorse, visto che il governo Draghi lascia al prossimo esecutivo un’eredità importante: già solo per confermare lo sgravio contributivo del 2%, infatti, bisognerà individuare 4,5 miliardi di euro.
Taglio del cuneo fiscale: ripartire dallo sgravio contributivo
Se davvero il prossimo governo intenderà ridurre le tasse sul lavoro, non potrà esimersi dal confermare lo sgravio contributivo introdotto dal governo Draghi. Ricordiamo, infatti, che sia lo sgravio dello 0,8% previsto dalla legge di Bilancio 2022 che quello ulteriore dell’1,2% del decreto Aiuti bis sono in vigore solamente per l’anno corrente.
Se non dovesse cambiare qualcosa, quindi, le buste paga saranno più basse a partire dal 1° gennaio 2023. Una vera e propria beffa per quei lavoratori con reddito inferiore ai 35 mila euro, i quali sono già stati penalizzati dalla riforma fiscale 2022 vista l’abolizione del trattamento integrativo (ex bonus Renzi) per chi ha un reddito superiore a 15 mila euro. Questi, infatti, rischiano di guadagnare persino meno rispetto a quando venivano applicate le vecchie detrazioni e aliquote Irpef.
Il fatto che i tempi per la legge di Bilancio 2023 siano stretti di certo non aiuta, in quanto il nuovo governo dovrà trovare le risorse anche per altre misure, come ad esempio la rivalutazione delle pensioni o il taglio dei costi dell’energia.
La prima cosa da fare, quindi, dovrebbe essere confermare lo sgravio contributivo del 2,0%, mantenendo l’aliquota contributiva lato dipendente al 7,19%. Una misura che da sola costerebbe 4,5 miliardi di euro l’anno, non pochi considerando lo stato attuale delle finanze.
Tuttavia, come si può pensare a un nuovo taglio del cuneo fiscale se prima non si conferma quanto già fatto? Cancellare lo sgravio contributivo vorrebbe dire ripartire da zero, con buste paga più basse che inoltre pagano le conseguenze dell’inflazione registrata in questi ultimi mesi.
Cosa succede se lo sgravio contributivo non viene confermato
Oggi sulle buste paga con imponibile lordo contributivo pari a 2.692 euro si applica uno sgravio contributivo del 2%, il quale è in vigore fino a dicembre 2022. Poi, come visto sopra, bisognerà individuare 4,5 miliardi di euro se lo si vuole confermare almeno per altri 12 mesi (più la tredicesima).
Se non sarà così l’aliquota contributiva lato dipendente, oggi scesa al 7,19%, tornerebbe a essere del 9,19%. Ad esempio, per uno stipendio di 2.000 euro ci sarebbe un riduzione del netto di circa 40 euro al mese, poco più di 520 euro l’anno considerando anche la tredicesima. Per uno stipendio lordo di 2.500 euro, invece, la perdita in busta paga sarebbe di 50 euro al mese, 650 euro mensili.
Senza dimenticare che nel frattempo l’inflazione aumenta e gli stipendi restano fermi al palo, il che comporta una sostanziosa perdita del potere d’acquisto delle retribuzioni.
Già lo sgravio del 2% sembra appena sufficiente per limitare le conseguenze dell’inflazione, figuriamoci se si rinuncia anche a questo. Insomma, quella che dovrà affrontare il prossimo governo non sarà una sfida semplice, specialmente se oltre a confermare la misura suddetta si intende tagliare ulteriormente il cuneo fiscale, obiettivo che potrebbe richiedere almeno 10 miliardi di euro per il solo 2023.
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