Dal 1° maggio cambia - ancora - la busta paga: al via il nuovo sgravio contributivo che verrà introdotto dal Decreto lavoro di prossima emanazione. La guida completa.
Le buste paga cambieranno, ancora, dal primo maggio. Nello spazio finale della busta paga, dove vengono indicate tutte le voci che trasformano l’imponibile previdenziale in stipendio netto per intenderci, figurerà di fatti il nuovo sgravio contributivo che verrà introdotto dal Decreto lavoro di prossima emanazione.
Il tutto in continuazione di quanto già fatto dal governo Meloni con la legge di Bilancio 2023, con la quale è stato istituito uno sgravio contributivo per le buste paga d’importo inferiore a 2.692 euro, con l’obiettivo di tagliare la quota di contributi dovuta dal lavoratore e aumentare lo stipendio netto a parità di lordo (senza quindi maggiori oneri per l’azienda).
Un valido aiuto che consente di supportare i lavoratori in un periodo in cui, con gli stipendi fermi al palo e l’inflazione che avanza, le retribuzioni rischiano di svalutarsi molto velocemente. Ma non è abbastanza ed è per questo che l’esecutivo, preso atto della disponibilità di 3,4 miliardi di euro già per il 2023, ha scelto d’intervenire già nel mese di maggio potenziando lo sgravio contributivo che così dalla prossima busta paga sarà più alto rispetto all’ultimo mese.
Per quanto riguarda le cifre bisognerà attendere ancora qualche giorno (l’approvazione del Decreto lavoro è attesa per lunedì 1° maggio) ma per il momento le indiscrezioni ci dicono che dovrebbe esserci un incremento dell’1% dello sgravio già esistente, con vantaggi in busta paga variabili a seconda dello stipendio percepito.
Cos’è lo sgravio contributivo in busta paga e dove è indicato
Prendete l’ultima busta paga e - dopo esservi assicurati che l’importo imponibile lordo è pari o inferiore a 2.692 euro - potete accertarvi del fatto che il vostro datore di lavoro stia provvedendo all’applicazione dello sgravio contributivo introdotto dall’ultima legge di Bilancio 2023 nel rispetto delle disposizioni contenute nella circolare Inps n. 7 del 24 gennaio.
Nel dettaglio, dovete guardare nella parte finale della busta paga, lì dove sono indicate le voci che incidono sull’imponibile lordo e lo trasformano in netto: tra le trattenute Irpef - con le dovute detrazioni - e i dati previdenziali, dovrebbe figurare infatti uno sgravio contributivo che riduce la quota di contributi dovuta all’Inps.
Dovete sapere, infatti, che sull’imponibile è calcolata una quota di contributi utili ai fini della pensione: in totale l’aliquota per il lavoratore dipendente ammonta al 33%, di cui la maggior parte grava sul datore di lavoro. I contributi dovuti, infatti, sono così distribuiti:
- nel pubblico impiego il 24,20% grava sull’amministrazione, l’8,80% sul dipendente;
- nel settore privato, invece, il 23,81% grava sul datore di lavoro, mentre del restante 9,19% se ne fa carico il lavoratore.
Tali percentuali si applicano sull’importo lordo imponibile dello stipendio da cui, una volta sottratta la quota di contributi a carico del dipendente, viene sottratta l’Irpef dovuta (con l’aggiunta delle addizionali).
Tuttavia, dal 1° gennaio 2023 di una piccola quota a carico del lavoratore se ne fa carico lo Stato. Nel dettaglio:
- per le buste paga d’importo inferiore a 2.692 euro (reddito annuo di 35 mila euro) si applica uno sgravio del 2%, con l’aliquota contributiva che scende così al 6,80% per i lavoratori del pubblico impiego, 7,19% per quelli del settore privato;
- laddove la busta paga risulti persino inferiore a 1.923 euro lo sgravio è del 3%, con l’aliquota contributiva che scende rispettivamente al 5,80% e al 6,19%.
Il che significa un minore esborso di contributi ma, per il motivo sopra indicato, un Irpef leggermente maggiore (vista la base imponibile più alta) che va a limitare parzialmente i vantaggi derivanti dallo sgravio. Ad esempio, non significa che uno stipendio di 1.000 euro avrà diritto a 30 euro in più in busta paga, ossia l’equivalente dei minori contributi dovuti, in quanto bisogna aggiungere le imposte che gravano su tale importo. Di fatto si tratta di un vantaggio compreso tra i 20 e i 25 euro netti in busta paga, il che dipende anche dalle detrazioni di cui può godere il lavoratore.
A tal proposito, qui trovate tutte le cifre dello sgravio contributivo applicato da gennaio 2023, ma resta il fatto che l’importo risparmiato dovrebbe essere anche indicato in busta paga nello spazio corrispondente.
Come cambia la busta paga da maggio 2023
Ebbene, l’importo indicato nel cedolino nella parte riferita allo sgravio aumenterà a partire dalla busta paga di maggio. O meglio, la decorrenza del nuovo sgravio contributivo sarà maggio 2023, poi potrebbe essere che i datori di lavoro - in attesa delle relative informazioni Inps - tardino di qualche mese prima di applicarlo. In ogni caso, in sede di prima applicazione ne verranno riconosciuti anche gli arretrati.
Nel dettaglio, con il Decreto lavoro verranno utilizzati 3,4 miliardi di euro per aumentare presumibilmente dell’1% i suddetti sgravi, arrivando così alle seguenti aliquote:
- 4% in meno per coloro che guadagnano meno di 1.923 euro al mese, con l’aliquota contributiva così che scenderà a 4,80% per i dipendenti pubblici, 5,19% nel settore privato;
- 3% in meno per chi guadagna comunque meno di 2.692 euro al mese, con le nuove aliquote che saranno rispettivamente del 5,80% e del 6,19%.
Ne conseguirà, quindi, un risparmio di un ulteriore 1%: ad esempio, chi prende 1.000 euro di stipendio verserà 10 euro in meno di contributi, il che comporterà uno stipendio netto più alto di circa 7 o 8 euro. Chi ne prende 2.000 euro, invece, verserà 20 euro in meno di contributi, mentre chi ne prende 2.500 euro beneficerà di un risparmio di 25 euro.
Se la misura dello sgravio dovesse essere confermata in un più 1% qui ne trovate tutti gli importi; ma non è da escludere che possano esserci differenze rispetto alle indiscrezioni, con il governo che comunque farà il possibile per supportare i redditi più bassi limitando così la perdita del potere d’acquisto.
La busta paga tornerà normale nel 2024?
Attenzione, per il momento i suddetti sgravi vengono confermati solamente per il 2023. Il rischio, quindi, è che laddove il governo non dovesse trovare le risorse (si parla di circa 8 miliardi di euro) le aliquote contributive torneranno a essere le solite: 9,19% per il dipendente privato, 8,80% per il pubblico, le stesse che oggi si applicano interamente per chi guadagna più di 2.692 euro.
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