Come si calcola il Trattamento di fine rapporto: dalla formula alla rivalutazione aggiornata al 2023, ecco tutto quello che serve sapere.
Il Tfr, conosciuto anche come liquidazione o buonuscita, è quel trattamento che spetta al dipendente alla cessazione del rapporto di lavoro, qualunque sia la causa.
Si tratta di una retribuzione differita, in quanto il dipendente ne matura una certa parte per ogni mese d’impiego, la quale viene accantonata dal datore di lavoro (o versata all’apposito fondo Inps in presenza di determinate circostanze). L’intero importo maturato viene rivalutato ogni anno, per poi essere pagato in un’unica soluzione al termine del rapporto di lavoro. Regole leggermente differenti sono previste per i dipendenti pubblici, per i quali i tempi di liquidazione del Tfr sono più lunghi e la somma viene dilazionata in più tranche di pagamento.
Dal momento che si tratta di un’informazione che riguarda da vicino tutti i lavoratori, è importante conoscere le regole per il calcolo dell’importo del Tfr così da farsi un’idea di quanto spetterà alla cessazione del contratto.
Un’informazione utile anche per prendere una delle decisioni più importanti per il lavoratore, riguardante la destinazione del Tfr: che sia al momento dell’assunzione, come pure successivamente, bisognerà scegliere tra lasciare le somme accantonate in azienda oppure se destinarle a un apposito fondo di previdenza complementare.
Sul calcolo del Tfr, la cui formula apparentemente può anche sembrare complicata, incidono diversi fattori, come ad esempio la parte riferita alla rivalutazione degli importi accantonati negli ultimi anni. Proveremo a semplificare il tutto procedendo per passi e facendo degli esempi, così da aiutarvi a capire quale sarà, seppur in linea di massima, il tesoretto che verrà liquidato al termine del rapporto di lavoro.
Cos’è il Tfr?
Come prima cosa è bene ricordare che il Tfr - nel linguaggio comune conosciuto anche come liquidazione - è quella somma che il datore di lavoro riconosce al dipendente alla cessazione del rapporto di lavoro, con i tempi per il pagamento che differiscono in base al settore di appartenenza (ad esempio a seconda che si tratti di dipendenti pubblici o privati).
Non si tratta però di un “regalo” del datore di lavoro: il trattamento di fine rapporto, infatti, è la parte di retribuzione del dipendente che viene accantonata ogni mese, per poi essere erogata una volta cessato il rapporto di lavoro.
Deve essere riconosciuto indipendentemente dalle motivazioni che hanno portato alla cessazione del rapporto di lavoro. Quindi, chi sta per andare in pensione, oppure chi ha un contratto a tempo determinato in scadenza, o anche chi sta riflettendo sulla possibilità di presentare le dimissioni, sarà certamente interessato a scoprire a quanto ammonta il Tfr finora maturato.
Guida al calcolo
La normativa sul Tfr ha subito diverse variazioni nel tempo. Introdotto per la prima volta negli anni venti (dalla Carta del Lavoro del 1927) questo fino agli anni ‘80 è stato calcolato in proporzione all’anzianità di servizio del lavoratore. Conosciuta comunemente come “liquidazione”, infatti, questa si calcolava prendendo come riferimento l’ultima retribuzione percepita dal dipendente, la quale veniva moltiplicata per il numero degli anni di servizio.
Oggi, invece, il calcolo del Tfr è disciplinato dall’articolo 2120 del Codice Civile, nel quale si legge che:
In ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, il prestatore di lavoro ha diritto a un trattamento di fine rapporto. Tale trattamento si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all’importo della retribuzione dovuta per l’anno stesso divisa per 13,5. La quota è proporzionalmente ridotta per le frazioni di anno, computandosi come mese intero le frazioni di mese uguali o superiori a 15 giorni.
Quindi, per conteggiare il Tfr si somma per ciascun anno di lavoro una quota pari all’importo della retribuzione annua percepita divisa per il coefficiente 13,5.
Esempio pratico
Prendiamo come esempio un lavoratore che ha lavorato per 36 mesi prima di presentare le dimissioni percependo negli anni una retribuzione sempre crescente pari a: 20.000 euro, 22.000 euro e 25.000 euro lordi.
Per farsi un’idea di quanto si è maturato negli anni, quindi, bisogna dividere per il coefficiente 13,5 la retribuzione annua, e poi sommare il tutto. Nel dettaglio, avremo che:
- 20.000/13,5 = 1.481,48 euro;
- 22.000/13,5 = 1.629,62 euro;
- 25.000/13,5 = 1.851,85 euro.
Il risultato è che in tre anni è stato accantonato un Tfr pari a 4.962,95 euro. Tuttavia, non sarà questo l’importo effettivamente percepito dal lavoratore dal momento che ci sono altri due fattori da considerare: il tasso di rivalutazione e la tassazione.
Come si rivaluta il Tfr
Per far sì che l’effettivo valore reale del Tfr non venga alterato nel tempo, ogni anno sulla quota accantonata si applica un tasso di rivalutazione.
Questo è pari ad un tasso fisso dell’1,5%, al quale si aggiunge una quota variabile pari al 75% dell’aumento dell’inflazione certificato a dicembre dall’Istat rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. L’ammontare accumulato nell’ultimo anno, però, non viene rivalutato dal momento che non è oggetto di erosione inflazionistica.
Dal momento che il tasso dell’1,5% è annuale, questo va rapportato al numero di mesi trascorsi dall’inizio dell’anno.
Esempio pratico
Gli importi del Tfr, quindi, vengono rivalutati al 31 dicembre di ogni anno. Per vedere in che modo questa rivalutazione incide sull’importo riprendiamo l’esempio precedente, ipotizzando che il rapporto di lavoro sia cessato il 31 dicembre e che negli anni precedenti l’inflazione sia aumentata costantemente nella misura dell’1%.
Le quote accantonate, quindi, sono rivalutate ogni anno per un tasso di rivalutazione del 2,25%, risultato di 1,5% + 0,75% (1%*75%). Il risultato finale è il seguente:
- rivalutazione per il primo anno di lavoro: 1.481,48*2,25%= 33,33 euro
- rivalutazione per il secondo anno di lavoro: 1.629,62€*2,25%= 36,66 euro
- nel terzo anno di lavoro, invece, non è prevista alcuna rivalutazione della quota del Tfr accantonata.
Ai 4.962,95 euro risultanti dal precedente calcolo, quindi, bisogna aggiungere altri 70 euro circa, arrivando così a 5.032 euro. È importante precisare, però, che si tratta di un importo lordo, dal momento che bisogna tener conto della tassazione prevista per il Trattamento.
Tasso di rivalutazione 2023
Sul tasso di rivalutazione del Tfr, come visto sopra, incide l’inflazione registrata negli ultimi mesi. Era ovvio, quindi, che alla luce del caro prezzi nel 2023 venisse registrato un tasso molto alto.
A tal proposito, come comunicato dall’Istat nelle scorse settimane, il tasso utilizzato per la rivalutazione del Tfr è pari al 9,97%. Questo verrà applicato su tutte le somme trattenute dai datori di lavoro fino al 31 dicembre 2021 (in quanto quelle riferite agli ultimi 12 mesi non vengono rivalutate).
Tassazione del Tfr
La tassazione del Tfr è un tema particolarmente complesso; per calcolare il netto dal lordo, infatti, non si applica la tassazione Irpef ordinaria per aliquote e scaglioni previste per l’anno di liquidazione del Tfr, bensì un’aliquota media che viene conteggiata prendendo le aliquote Irpef negli anni in cui le singole quote sono state maturate.
Questo avviene per il rispetto del principio dell’equità dell’imposizione fiscale, con il quale si stabilisce che il reddito prodotto su più anni non possa essere tassato con le aliquote di riferimento dell’anno di liquidazione, bensì sulla base di un’aliquota media.
Vista la complessità del procedimento del calcolo del Tfr netto dal lordo, abbiamo deciso di trattare l’argomento in una guida specifica (clicca qui), dove trovate tutte le informazioni sulla tassazione del TFR così da farvi un’idea di quanto effettivamente andrete a percepire al momento dello scioglimento del rapporto di lavoro.
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