Chi può non aprire la partita Iva?

Paolo Ballanti

27/05/2022

In quali casi non è necessario aprire la partita Iva? Ecco quando imprenditori, società, artisti e professionisti sono esenti dall’Imposta sul Valore Aggiunto e dagli adempimenti connessi

Chi può non aprire la partita Iva?

L’Imposta sul Valore Aggiunto (Iva) ha lo scopo di tassare i consumi e in particolare tutte quelle operazioni che sono in possesso di tre differenti requisiti:

  • Un requisito «oggettivo», per cui deve trattarsi di cessioni di beni o servizi (imponibili);
  • Un requisito «soggettivo», dal momento che l’operazione dev’essere effettuata da imprese, professionisti o artisti, nello svolgimento della loro attività;
  • Un requisito «territoriale», posto che l’operazione è svolta nel territorio italiano.

La mancanza di una sola delle tre condizioni comporta l’esclusione dall’assoggettamento a Iva.

Di conseguenza, se un’operazione rientra tra quelle imponibili, ma è posta in essere da soggetti diversi da imprenditori o professionisti (ad esempio un privato), la stessa si considera esente.

Tuttavia, anche tra imprese, società, artisti e professionisti, esistono delle ipotesi in cui non si applica l’imposta. Si pensi, ad esempio, ai lavoratori autonomi occasionali o ai collaboratori coordinati e continuativi.

Al di là di quelli che sono i requisiti oggettivi, legati al tipo di operazione effettuata, analizziamo in dettaglio chi può non aprire la partita Iva in quanto esente da imposta.

Chi è soggetto a Iva?

Il decreto del Presidente della Repubblica del 26 ottobre 1972 numero 633 dal titolo «Istituzione e disciplina dell’Imposta sul Valore Aggiunto (Iva)» prevede all’articolo 1 che la stessa si applichi sulle cessioni di beni e le prestazioni di servizi, effettuate nel territorio dello Stato, nell’esercizio di imprese o di arti e professioni.

Quali imprenditori possono non aprire la partita Iva?

Gli imprenditori soggetti a Iva sono coloro che svolgono un’attività commerciale o agricola in maniera abituale ovvero un’attività non commerciale organizzata in forma d’impresa.

In particolare, si considera abituale una prestazione svolta con sistematicità, ripetitività e regolarità, anche se in favore di un solo committente.

Fanno eccezione, e pertanto hanno la possibilità di non aprire la partita Iva, le seguenti casistiche:

  • prestazioni occasionali, anche se esercitate da persone fisiche titolari di partita Iva per l’esercizio di un’attività diversa;
  • gli imprenditori individuali che effettuano operazioni estranee all’attività commerciale o agricola.

È stata in particolare riconosciuta occasionale (con Risoluzione dell’Agenzia Entrate del 27 gennaio 2006 numero 18) l’attività dei venditori porta a porta che nell’anno solare totalizzano un reddito, al netto della deduzione forfetaria del 22%, inferiore a 5 mila euro.

In tal caso, l’Iva sulle provvigioni opera al superamento della suddetta soglia. Negli anni successivi quello di sforamento del tetto, l’interessato resta soggetto a Iva, anche se non supera il limite di 5 mila euro.

Quali società possono non aprire la partita Iva?

Eccezion fatta per le società di comodo, si considerano sempre svolte nell’esercizio d’impresa e come tali rientranti nel campo di applicazione dell’Iva le attività di:

  • Società di persone e assimilate (società in nome collettivo, società in accomandita semplice, società di fatto, società d’armamento), eccezion fatta per società semplici (con alcune deroghe) e Geie (Gruppo di Interesse Economico Europeo);
  • Società di capitali (società per azioni, società in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata, società cooperative e di mutua assicurazione);
  • Società costituite all’estero.

Le società di comodo, al contrario, non sono soggette a Iva limitatamente a una serie di operazioni.

Il motivo risale al fatto che talune operazioni svolte sono considerate non commerciali, in quanto nascondono finalità elusive, non rivolte al mercato, ma destinate a consentire un mero godimento di beni e servizi da parte dei titolari diretti o indiretti.

L’esenzione dall’Iva opera tanto per le realtà che svolgono esclusivamente attività di mero godimento, quanto per quelle impegnate marginalmente nelle prestazioni in parola.

In entrambe le ipotesi, la società è comunque soggetta a imposte diverse dall’Iva e, se svolge attività commerciali non di comodo, deve farsi altresì carico dell’Imposta sul Valore Aggiunto.

Le attività considerate di comodo riguardano in particolare:

  • possesso e gestione da parte delle società di una serie di beni, a patto che la partecipazione alla società stessa consenta, in maniera gratuita o dietro un corrispettivo inferiore al valore normale, il godimento personale da parte dei soci o dei loro familiari;
  • possesso di partecipazioni, quote sociali, obbligazioni o titoli simili (se non strumentale né accessorio ad altre attività esercitate) al fine di percepirne i relativi dividendi o interessi, in assenza di strutture deputate a svolgere attività finanziaria o di indirizzo.

Per quanto concerne il primo punto, i beni interessati sono:

  • Abitazioni classificate o classificabili nella categoria catastale A (eccezion fatta per la A10) e le relative pertinenze;
  • Unità da diporto nonché complessi destinati a ormeggio, ricovero o servizio;
  • Mezzi di trasporto a uso privato o aeromobili da turismo;
  • Complessi sportivi o ricreativi.

Quali artisti e professionisti possono non aprire la partita Iva?

Sono soggetti passivi Iva quanti operano nell’esercizio di arti e professioni. Due sono le condizioni richieste.

  • deve trattarsi di un’attività di lavoro autonomo, con assenza del vincolo di subordinazione (presente ad esempio nei rapporti di lavoro dipendente);
  • la prestazione dev’essere esercitata con professionalità, in maniera abituale e non occasionale.

Sono pertanto da escludersi i lavoratori autonomi occasionali, posto che si qualificano come coloro che compiono un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione (fin qui nulla di diverso rispetto alle attività soggette a Iva) ma in maniera occasionale, senza i requisiti di professionalità e prevalenza.

In linea di principio, chi svolge due attività, una di lavoro dipendente e l’altra autonoma, può aprire la partita Iva a patto che si faccia una valutazione sul requisito della professionalità, in particolare sull’entità dei corrispettivi percepiti.

Nel caso ad esempio di chi è impegnato in via principale in un rapporto di lavoro dipendente ed effettua altresì un’attività collaterale (senza obblighi specifici nei confronti del committente) la professionalità è esclusa (e si può non aprire la partita Iva) se la prestazione autonoma ha una modesta rilevanza economica.

Esistono altre attività escluse?

Sono escluse dal campo di applicazione dell’Iva le collaborazioni coordinate e continuative (co.co.co.), in alternativa:

  • rese da soggetti che non esercitano per professione abituale altre attività di lavoro autonomo;
  • rese da soggetti che svolgono un’attività di lavoro autonomo professionale (soggetta a Iva), a patto che la collaborazione non sia inerente a tale attività.

Al contrario, sono interessate le prestazioni di co.co.co. comprese nell’oggetto dell’attività svolta per professione abituale. Si pensi alle collaborazioni relative alla mansione di amministratore, sindaco o revisore di società, prestate da ragionieri o dottori commercialisti.

L’Iva è altresì esclusa per:

  • associazioni in partecipazione il cui apporto è costituito esclusivamente da lavoro, a patto che l’associato non svolga altre attività di lavoro autonomo soggette pertanto a Iva;
  • attività di levata dei protesti esercitata dai segretari comunali;
  • prestazioni meramente occasionali di arbitrato, rese da persone fisiche non iscritte in albi, ruoli o elenchi professionali ovvero, se iscritte, qualora non sussista una correlazione diretta tra la prestazione stessa e l’albo, ruolo o elenco di appartenenza;
  • attività di vigilanza e custodia, rese da guardie giurate di cui al regio decreto legge numero 1952/1935.

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