L’Agenzia delle Entrate chiarisce in quali casi per la chirurgia estetica è possibile avvalersi dell’esenzione Iva. Ecco l’elenco degli interventi.
Si paga sempre l’Iva per gli interventi di chirurgia estetica? Ecco cosa dice L’Agenzia delle Entrate.
Sempre più persone decidono di fare ricorso alla chirurgia estetica per migliorare il proprio aspetto, acquistare maggiore sicurezza e in alcuni casi con finalità terapeutiche.
Su tali prestazioni vi sono sempre dubbi in merito al trattamento fiscale e in particolare alla possibilità di sottoporsi all’intervento in convenzione con il SSN e al regime Iva. L’Agenzia delle Entrate è recentemente intervenuta con la risposta a un’istanza di interpello, la n° 211 del 28 ottobre 2024, che ha chiarito ulteriormente l’ambito delle esenzioni Iva per la chirurgia estetica. Ulteriori chiarimenti arrivano dalla giurisprudenza che nel tempo si è consolidata.
In Italia ci sono dei trattamenti molto richiesti per migliorare il proprio aspetto.
Nella maggior parte dei casi le prestazioni sono soggette a Iva, ma vi sono casi in cui la stessa non è dovuta perché viene classificata come prestazione medica con finalità terapeutica.
Gli interventi volti a migliorare l’aspetto fisico di una persona possono infatti avere risvolti pratici anche sulla salute, migliorandola. Proprio da tale natura ibrida nasce la difficoltà nel determinare se agli interventi debba essere applicata l’esenzione Iva prevista dall’articolo 10, n.18, del dpr 633 del 1972.
Ecco un breve elenco delle prestazioni di chirurgia estetica con esenzione Iva.
Esenzione Iva per le prestazioni dell’anestesista
L’esenzione Iva è disciplinata dal decreto Iva (DPR 633 del 1972), articolo 10, comma 1, il n° 18 prevede l’esenzione per le prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione della persona rese nell’esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza. Specifica che tale regime si applica anche nel caso la prestazione sanitaria costituisce una componente di una prestazione di ricovero e cura.
Ne consegue, in base a quanto precisato dall’Agenzia delle Entrate, che le prestazioni dell’anestesista, nell’ambito di interventi di chirurgia estetica, in quanto trattasi di prestazioni terapeutiche necessarie a tutelare, mantenere e stabilizzare le condizioni vitali del paziente sono esenti da Iva anche se l’intervento avviene per finalità estetiche.
Nel caso in oggetto l’istanza è presentata da una società non convenzionata con il SSN e chiede se si applica l’esenzione Iva per:
- prestazioni degli anestesisti effettuate nell’ambito della chirurgia plastica sia per finalità curative che estetiche;
- affitto sala operatoria;
- camera per il decorso post-operatorio;
- farmaci somministrati.
L’Agenzia sottolinea che per le prestazioni dell’anestesista deve ritenersi applicabile l’esenzione Iva, mentre tale beneficio deve essere escluso per l’affitto della sala operatoria e per la messa a disposizione della camera per il decorso post-operatorio. Per le ultime due voci si applica l’aliquota Iva al 10%.
Infine, è dovuta l’Iva anche per i farmaci utilizzati in sala operatoria in fase di intervento e fatturati unitamente all’affitto della sala operatoria, rientrando anch’essi tra le prestazioni di cura.
Chirurgia estetica ibrida, cosa prevede la legge
Non solo prestazioni dell’anestesista, possono essere esenti da Iva anche alcuni interventi. Ci sono operazioni chirurgiche da considerare di volta in volta come prestazioni a mero contenuto cosmetico, oppure a tutela della salute. Ricadono in questa duplice natura interventi come la blefaroplastica che solleva la palpebra cadente. Tale intervento migliora l’estetica del volto ringiovanendolo, ma di fatto in molti casi va a ripristinare il campo visivo compromesso dal cedimento della palpebra. Possono avere natura ibrida anche le operazioni al seno come la mastoplastica additiva o riduttiva e la rinoplastica in quanto migliora la funzionalità respiratoria.
Proprio riguardo a tale classificazione, sono sorte numerose controversie che la Corte di Cassazione ha provato a dirimere con l’ordinanza 26906 del 13 settembre 2022 in cui chiarisce qual è il discrimine e quindi per quali interventi di chirurgia estetica non si paga l’Iva.
A rendere difficile l’interpretazione delle norme è il concetto di salute, perché si fa sempre più strada l’idea che in esso debba essere compreso anche il benessere psicologico che può essere leso, fino al punto di essere invalidante, da un difetto fisico o dalla mancata accettazione anche nell’ambiente sociale di riferimento di un determinato inestetismo.
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Il caso: chirurgia estetica con esenzione Iva generalizzata e non giustificata
In seguito a verifiche della Guardia di Finanza nei confronti di un medico chirurgo plastico, è emerso che lo stesso aveva compilato ricevute per le prestazioni e che nelle stesse non era stata addebitata l’Iva. Si trattava di interventi come lipoaspirazione, asportazione di tessuto adiposo peripalpebrale, lipofilling, ritidectomia e simili.
In relazione a ogni intervento, il chirurgo aveva qualificato lo stesso come «trattamento sanitario con scopo diagnositco o curativo}», oppure come trattamento estetico con scopo cosmetico.
L’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate, opera una qualificazione in contrasto con quella del chirurgo che per queste prestazioni aveva provveduto al recupero dell’Iva non versata con aliquota ordinaria (22%). Ritiene che l’esenzione di imposta sia dovuta solo nel caso di trattamenti finalizzati a diagnosticare, curare o guarire da malattie anche di carattere psicologico, ovvero tutelare, mantenere o ristabilire la salute delle persone.
Il chirurgo avverso questo provvedimento propone ricorso e la Commissione Tributaria Provinciale lo accoglie. Questa ha basato la sua decisione sul fatto che solo al medico deve riconoscersi la possibilità di valutare la natura di un intervento. Infatti, anche un’operazione meramente estetica può assumere una finalità terapeutica sotto il profilo psicologico.
L’Ufficio propone il ricorso presso la Commissione Tributaria Regionale e questa sposa la tesi del giudice di primo grado, rigettandolo. Alla base di questa decisione vi è il postulato che il concetto di salute e di malattia non può essere limitato a un mero fatto fisico accertabile con strumenti diagnostici e che, nella società attuale, l’estetica di un soggetto rappresenta una componente importante per il benessere psico-fisico e mentale, integrando il concetto di salute.
I giudici di secondo grado hanno accolto come cause di malessere la vergogna, la bassa autostima, l’incapacità di relazionarsi con gli altri per un difetto fisico, e hanno così ampliato il concetto di salute.
Corte di Cassazione: l’esenzione Iva è un’eccezione
L’Ufficio propone quindi ricorso in Cassazione e la Suprema Corte ribalta l’interpretazione estensiva data dal giudice di secondo grado.
Pur riconoscendo che, in effetti, una mastoplastica riduttiva non è solo un intervento volto a modellare il seno, ma consente di ridurre i problemi di postura, che la blefaroplastica può migliorare il campo visivo, la rinoplastica migliora la funzione respiratoria e così altri interventi, è necessario comunque restringere il campo dell’esenzione Iva.
La Corte delimita il campo delle prestazioni sanitarie esenti da Iva indicate nell’articolo 10 del dpr 633 del 1972: dal punto di vista soggettivo trattasi di prestazioni rese da operatori sottoposti a vigilanza ai sensi dell’articolo 99 del testo unico delle leggi sanitarie approvato con regio decreto il 27 luglio 1934, n.1265.
Dal punto di vista oggettivo l’esenzione deve ritenersi valida per prestazioni aventi a oggetto:
- diagnosi (ad esempio l’asportazione di una porzione di tessuto al fine di eseguire una biopsia);
- cura;
- riabilitazione.
La Corte inquadra la tematica all’interno anche del diritto dell’Unione Europea (direttiva 2006/112/CE) e sottolinea che rientrano tra le prestazioni esenti quelle che:
- mirano a diagnosticare, trattare, curare o guarire malattie o problemi di salute, mantenere o ristabilire la salute delle persone;
- hanno finalità terapeutica.
Di conseguenza le semplici convinzioni soggettive che sorgono nella mente di una persona non sono rilevanti al fine di determinare se lo scopo dell’intervento è terapeutico (il fatto che una donna si convinca di avere bisogno di un seno più grande non basta a definire l’intervento terapeutico). Inoltre, visto che l’esenzione dall’Iva rappresenta un’eccezione e non la regola ordinaria, le esenzioni devono essere interpretate restrittivamente.
Fatta questa premessa, la Corte di Cassazione ribadisce che spetta al contribuente che vuol far valere il regime di esenzione dimostrare i presupposti che legittimano la richiesta del trattamento fiscale agevolativo.
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