Come richiamare in sede il dipendente in smart working?

Paolo Ballanti

9 Gennaio 2023 - 18:25

Il potere dell’azienda di richiamare in presenza il lavoratore in smart working dev’essere definito nell’accordo individuale di lavoro agile. In quali ipotesi ciò è consentito e con quali limiti?

Come richiamare in sede il dipendente in smart working?

Lo smart working rappresenta una particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, senza precisi vincoli di orario o luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa.

Quanto appena descritto è figlio della definizione fornita dall’articolo 18, comma 1, legge 22 maggio 2017 numero 81, con cui è disciplinato il lavoro a distanza nell’ordinamento italiano.

Nel regolamentare lo smart working, il legislatore ha dato enorme importanza all’accordo individuale tra dipendente e azienda, quale documento che disciplina le modalità di esecuzione della prestazione lavorativa a distanza.

Tra i punti fondamentali dell’accordo figura il luogo di lavoro. Il lavoratore in smart working, infatti, svolge di norma l’attività in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno degli stessi.

L’accordo può prevedere una serie di limitazioni nella scelta del luogo esterno, ad esempio escludendo i luoghi pubblici, aperti al pubblico o comunque inidonei per motivi di sicurezza personale, protezione, segretezza e riservatezza dei dati.

Sempre l’accordo permette alle parti di definire quando, come e con quale preavviso poter richiamare in ufficio il lavoratore in smart working. Analizziamo la questione in dettaglio.

Come richiamare in sede il lavoratore in smart working?

Le ipotesi e le modalità che consentono al datore di lavoro di richiamare in sede il dipendente in smart working devono essere definite nell’accordo di lavoro agile.

In particolare, il rientro in presenza del lavoratore può essere contemplato al verificarsi di problematiche tecniche che impediscano o ritardino in maniera significativa lo svolgimento dell’attività lavorativa o il contatto con colleghi e clienti.

Un’altra casistica sono i picchi di lavoro o lo svolgimento di particolari attività tali, per le loro caratteristiche o la necessità di avere contatti diretti con altre persone, da imporre necessariamente la presenza in sede.

Azienda e lavoratore possono altresì accordarsi per prevedere il ritorno in ufficio in occasione di riunioni straordinarie.

Con quanto preavviso richiamare in ufficio il lavoratore?

Il preavviso da garantire al lavoratore, anch’esso da definirsi nell’accordo individuale, dev’essere legato alla motivazione alla base del ritorno in sede.

Nel caso di problematiche tecnico - informatiche, tali da impedire il corretto svolgimento dell’attività lavorativa, il preavviso dev’essere alquanto ridotto, considerata l’impossibilità, da parte del dipendente, di rendere la prestazione.

Discorso diverso per:

  • picchi di attività, suscettibili di essere individuati secondo un calendario condiviso con il dipendente, pertanto con un anticipo anche di settimane se non mesi;
  • riunioni straordinarie, dove il preavviso può essere definito, ad esempio, da due a quattro giorni.

Con quali modalità richiamare in sede il dipendente in smart working?

Le modalità con cui il datore di lavoro o il responsabile diretto possono richiamare in sede il dipendente in lavoro agile sono rimandate ancora una volta all’accordo individuale.

Le opzioni a disposizione possono concretizzarsi in:

  • comunicazione via mail;
  • comunicazione attraverso il portale interno dell’azienda, accessibile con nome utente e password personale del lavoratore;
  • comunicazione sui servizi di messaggistica istantanea;
  • comunicazione a mezzo sms sul telefono aziendale in dotazione al dipendente;
  • comunicazione telefonica.

Da notare che i primi due mezzi di comunicazione garantiscono maggiore formalità e tracciabilità alla comunicazione aziendale.

Chi ha il potere di richiamare in sede il lavoratore?

Il potere di richiamare in ufficio lo smart-worker spetta innanzitutto al datore di lavoro, in qualità di soggetto che detiene il potere direttivo, definito dall’articolo 2104 del Codice civile.

La norma in questione prevede, al comma 2, che il prestatore di lavoro deve «osservare le disposizioni per l’esecuzione e per la disciplina del lavoro impartite dall’imprenditore e dai collaboratori di questo dai quali gerarchicamente dipende».

In sostanza, il potere direttivo si concretizza nell’adottare una serie di disposizioni con lo scopo di garantire l’esecuzione e la disciplina del lavoro. Trattasi, ad esempio, di:

  • distribuzione dell’orario di lavoro;
  • trattamento economico;
  • mutamento di mansioni;
  • trasferimenti;

cui si aggiungono appunto le decisioni in materia di lavoro agile.

Il potere direttivo può essere esercitato anche dai collaboratori del datore di lavoro, superiori gerarchicamente al lavoratore.

In conclusione, il potere di richiamare in sede il dipendente in smart working può spettare, in base all’accordo di lavoro agile:

  • al datore di lavoro;
  • al datore di lavoro e ai suoi collaboratori, di norma il responsabile del settore, dell’ufficio, del reparto o della sede di appartenenza del dipendente interessato.

L’accordo di smart working

L’accordo di lavoro agile (eccezion fatta per le disposizioni derogatorie di volta in volta introdotte dal legislatore) dev’essere stipulato per iscritto ai fini della regolarità amministrativa e della prova.

L’accordo, la cui validità può essere a termine o a tempo indeterminato, è chiamato a disciplinare:

  • le modalità di esecuzione della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali;
  • le forme di esercizio del potere direttivo del datore di lavoro;
  • gli strumenti utilizzati dal dipendente;
  • i tempi di riposo del lavoratore;
  • le misure tecnico - organizzative necessarie per garantire la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro;
  • se previsto, il diritto all’apprendimento permanente, in modalità formali, non formali o informali, nonché alla periodica certificazione delle relative competenze;
  • l’esercizio del potere di controllo del datore di lavoro sulla prestazione resa dal dipendente all’esterno dei locali aziendali;
  • le condotte, connesse all’esecuzione della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali, che danno luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari.

Si può recedere dall’accordo di smart working?

Il ritorno in sede del dipendente è definitivo nel caso in cui una delle parti (azienda o lavoratore) receda dall’accordo di smart working. A tal proposito è necessario premettere che il recesso dalla modalità di lavoro agile non riguarda in alcun modo la risoluzione dal contratto di lavoro subordinato. Le due fattispecie operano su binari diversi, come tali soggetti a procedure e normative distinte.

Questo significa che il recesso dall’accordo di lavoro agile non comporta automaticamente la risoluzione del contratto di lavoro che, in assenza di ulteriori dichiarazioni di una delle parti (dimissioni, licenziamento o risoluzione consensuale) prosegue regolarmente.

Nello specifico:

  • non è consentito il recesso da un accordo di smart working a termine, in assenza di un giustificato motivo;
  • se l’accordo di lavoro agile è a tempo indeterminato, il recesso è consentito, in assenza di un giustificato motivo, con un preavviso non inferiore a 30 giorni;
  • se l’accordo è a tempo indeterminato, il recesso in presenza di un giustificato motivo è ammesso senza preavviso.

Al contrario, nel caso di lavoratori disabili, eccezion fatta per le ipotesi in cui sussista un giustificato motivo, il termine di preavviso non può essere inferiore a 90 giorni, allo scopo di consentire un’adeguata riorganizzazione dei percorsi di lavoro rispetto alle esigenze di vita e di cura del lavoratore.

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