La riforma Cartabia ha introdotto una nuova mediazione per le liti di condominio, che sarà in vigore dal 30 giugno. Ecco cosa cambia e quali sono i poteri dell’amministratore.
La riforma Cartabia sul processo civile ha modificato il ruolo dell’amministratore di condominio nel procedimento di mediazione. Quest’ultima, oltre a essere obbligatoria prima di poter intraprendere una causa in materia condominiale, può anche rivelarsi estremamente utile per dirimere le controversie. Oltretutto, anche se alcune novità sarebbero già dovute entrate in vigore, la riforma avrà pieno effetto dal 30 giugno.
La risoluzione attraverso la mediazione condominiale è spesso conveniente per entrambe le parti, in termini di rapidità e costi. È dunque fondamentale sapere come procedere e cosa cambia con la nuova mediazione prodotta dalla riforma Cartabia.
Mediazione condominiale, cos’è e a cosa serve
La mediazione civile è spesso estremamente utile e vantaggiosa, ma questo aspetto nella materia condominiale è ancora più evidente. Oltre al fatto che le liti di condominio sono spesso molte e frequenti, c’è un vantaggio indiscutibile nella risoluzione attraverso la mediazione. Si tratta della possibilità di raggiungere un accordo, conservando così dei rapporti cordiali tra le parti.
Trattandosi di liti condominiali è infatti assai probabile che i soggetti coinvolti abbiano relazioni vicine e durature; perciò, è sicuramente più agevole la risoluzione pacifica e comune rispetto all’intervento giudiziale. Ci sarebbe poi da considerare che di norma le parti coinvolte in una lite condominiale hanno diversi interessi comuni e diverse necessità specifiche, il che è spesso un aiuto per trovare un compromesso sufficientemente vantaggioso per entrambi.
In ogni caso, il tentativo di mediazione è indispensabile per avviare una causa civile in materia condominiale, quindi, anche in apparente mancanza di presupposti per la riuscita dell’accordo, bisogna almeno provarci, perlomeno formalmente. Di norma, poi, la mediazione è preferibile perché le persone coinvolte si sentono più a proprio agio e libere nell’esporre le proprie idee.
La mediazione, comunque, deve essere richiesta con apposita istanza presso un organismo di mediazione con sede nel circondario del tribunale di competenza, ossia lo stesso in cui è collocato il condominio. La mediazione condominiale è idonea per tutte le controversie civili che possono interessare il condominio, comprese quelle che riguardano:
- Parti comuni,
- spese del condominio;
- amministratore;
- assemblea di condominio;
- regolamento del condominio.
L’amministratore ha un ruolo non indifferente nella mediazione condominiale che però, come vedremo, cambia parzialmente con la nuova mediazione introdotta dalla riforma Cartabia.
La nuova mediazione condominiale, cosa cambia dal 30 giugno
La riforma Cartabia ha disposto l’abrogazione di alcuni commi dell’articolo 71 quater del Codice civile (introdotto dalla riforma del condominio). In particolare, resterà uguale soltanto il primo comma dell’articolo citato, il quale definisce le controversie in materia di condominio. La riforma ha poi introdotto il rinvio all’articolo 5 ter del decreto legislativo n. 28 del 4 marzo 2010 per la legittimità della partecipazione dell’amministratore di condominio.
Di conseguenza, l’amministratore di condominio è legittimato a prender parte, aderire o attivare un procedimento di mediazione, ma il verbale d’accordo (o la proposta) del mediatore devono essere sottoposti alla decisione dell’assemblea condominiale. Quest’ultima deve fornire un responso entro la data prevista, secondo le maggioranze previste dall’articolo 1136 del Codice civile. Se l’assemblea non approva l’accordo o la proposta la mediazione si considera non conclusa, si può però procedere con la causa civile.
Con la nuova mediazione, quindi, l’amministratore acquisisce la facoltà di agire nella mediazione in modo indipendente rispetto all’assemblea, la quale viene interpellata in ultimo sulla decisione finale. L’obbiettivo di questa differenza è di snellire le procedure evitando alcuni passaggi all’amministratore di condominio.
È però improbabile che la libera iniziativa sia la prima scelta degli amministratori, che rischierebbero di ingarbugliarsi in procedimenti ritenuti non necessari dal condominio. Resta comunque la libertà dell’amministratore di assumere provvedimenti di urgenza o particolare necessità anche in modo indipendente.
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