Lo stipendio orario inferiore a 4 euro viola i principi costituzionali. Ecco cosa fare nel caso sia una situazione che vi riguarda da vicino.
Ha fatto notizia nei giorni scorsi la sentenza con cui il Tribunale di Milano, sezione Lavoro, ha ritenuto incostituzionale uno stipendio inferiore a 4 euro l’ora (3,96 euro per l’esattezza) percepito da una dipendente di un istituto di vigilanza, disponendone un aumento.
A sorprendere il fatto che nel quantificare lo stipendio l’azienda abbia tenuto conto delle cifre indicate dal contratto collettivo di categoria, non essendo quindi colpevole di violazione contrattuale. Il Tribunale, infatti, ha ritenuto che nonostante fosse in linea con quanto stabilito dal Ccnl, la paga oraria prevista viola il diritto a uno stipendio adeguato tutelato dalla Costituzione (all’articolo 36).
La sentenza, quindi, riconosce un’ulteriore tutela per il dipendente che per diverse ragioni si ritrova con una paga oraria molto bassa. A tal proposito, fermo restando che il ricorso ai giudici è solo l’ultimo passaggio, vediamo cosa è consigliato fare laddove lo stipendio percepito risulti inferiore alle 4 euro l’ora.
Accertarsi che ci sia un contratto
Sembra inverosimile, eppure ci sono casi in cui il dipendente non sa se sta lavorando in nero oppure se c’è un regolare contratto. Aziende poco serie, infatti, non fanno firmare il contratto, mentre altre volte non consegnano la busta paga mensile.
A tal proposito, se guadagnate meno di 4 euro l’ora, o comunque cifre appena superiori, vi consigliamo come prima cosa di accertarvi della presenza di un contratto di lavoro. E laddove vi verrà risposto che si tratta di “una prova”, ricordate che anche il periodo di prova deve essere contrattualizzato. Anche un giorno di lavoro senza contratto si configura quindi come lavoro in nero e come tale bisognerà comportarsi: in tal caso, infatti, la prima cosa da fare è pretendere che il datore di lavoro vi regolarizzi, anche ricorrendo alle apposite istituzioni se necessario.
Consultare il contratto collettivo di categoria
Una volta accertato che siete in regola vi consigliamo di consultare quanto previsto dal Ccnl a cui il contratto individuale rimanda. Nella gerarchia delle fonti, infatti, i contratti collettivi di categoria si trovano in una posizione di maggior rilevanza: ciò significa che l’accordo individuale tra azienda e lavoratore deve tener conto di quanto stabilito dall’accordo collettivo, sia per quanto riguarda lo stipendio che per gli altri aspetti normativi.
Il contratto individuale può infatti prevedere solamente un trattamento di maggior tutela rispetto a quanto previsto dal Ccnl di riferimento: sono sanzionabili, quindi, tutti i trattamenti di maggior sfavore, ad esempio uno stipendio più basso.
Laddove lo stipendio percepito risultasse inferiore a quanto indicato dalla tabella allegata al contratto collettivo, o comunque il datore di lavoro non riconosca alcune delle tutele in esso contenute, è consigliato il seguente iter:
- in primis rivolgersi al datore di lavoro facendo presente la violazione contrattuale, pretendendo così un aumento di stipendio o comunque il riconoscimento di tutte le tutele indicate nel Ccnl;
- in caso di mancata concessione del datore di lavoro si potrebbero consultare i sindacati presenti in azienda così da valutare il da farsi;
- in alternativa, il dipendente può recarsi presso l’Ispettorato territoriale del lavoro facendo presente il problema.
Cosa fare se è il contratto di categoria a prevedere uno stipendio molto basso
La legge non fissa un salario minimo (come invece in altri Paesi, ad esempio la Germania), rimandando quindi la quantificazione dei minimi stipendiali alla contrattazione collettiva.
E va detto che nella maggior parte dei casi questo strumento ha funzionato: basti pensare, ad esempio, che solitamente i contratti collettivi fissano una retribuzione minima oraria sopra i 9 euro, cifra da molti indicata per il salario minimo.
Tuttavia, esistono delle eccezioni: ci sono dei casi, infatti, in cui i contratti collettivi vengono firmati con associazioni sindacali minori, accordi nei quali vengono fissati dei minimi contrattuali inferiori a quelli indicati dai contratti più rappresentativi di quel determinato settore. Ed è per questo che c’è il rischio che un dipendente si ritrovi a guadagnare meno di 4 euro l’ora nonostante l’azienda sia nel pieno rispetto delle norme presenti nel contratto collettivo.
Come anticipato, a questi non viene in sostegno la legge ma ancora meglio: è la legge fondamentale dello Stato, la Costituzione, a fissare infatti il principio al giusto stipendio a cui tutti i contratti collettivi devono attenersi.
Nel dettaglio, l’articolo 36 della Costituzione riconosce il diritto a una “retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”, principio a cui nessun contratto può derogare.
Ed è per questo motivo che nel caso della lavoratrice della provincia di Padova è intervenuto il Tribunale nel riconoscere uno stipendio superiore a quello indicato non solo dall’accordo individuale ma anche da quello collettivo, obbligando di fatto alla revisione dell’intero Ccnl applicato.
Quindi, laddove la paga risultasse inferiore a 4 euro l’ora e il datore di lavoro agisca nel rispetto degli obblighi contrattuali, è possibile intraprendere una causa contro l’azienda al fine da farsi riconoscere un aumento di stipendio direttamente dal Tribunale.
Ovviamente prima di intraprendere questa tortuosa, e anche onerosa, strada vi consigliamo di chiedere il parere di un avvocato esperto in materia di diritto del Lavoro, come pure dei sindacati che potrebbero appoggiarvi in questa battaglia, i il quale saprà indicarvi il miglior iter possibile.
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