Chi convive con una persona con molti debiti rischia pesanti conseguenze come il pignoramento dei beni e dei conti correnti. Ecco quali sono e come evitarle.
Avere dei debiti è una situazione senza ombra di dubbio stressante e complicata, ma il debitore nella maggior parte dei casi è perfettamente a conoscenza della propria posizione. Al contrario, non è sempre chiaro cosa rischia la persona che convive con chi ha debiti.
La preoccupazione più usuale per chi convive con un debitore è quella di subire ripercussioni sui propri beni, o addirittura sui propri conti correnti. In effetti si tratta di un’eventualità piuttosto frequente, motivata in ogni caso dal recupero di crediti dal soggetto coinvolto.
In caso di convivenza, a prescindere dalla presenza di un legame parentale o affettivo, può risultare molto difficile individuare con precisione un unico proprietario dei beni presenti nell’abitazione. Da questo meccanismo derivano le possibili complicazioni per i conviventi, ma conoscendo le circostanze è possibile attuare dei metodi per evitarle.
Le ripercussioni per chi convive con un debitore
Fra gli ultimi step della procedura di recupero crediti è previsto il pignoramento dei beni del debitore da parte dell’ufficiale giudiziario, il quale è autorizzato da un decreto ingiuntivo a requisire tutti i beni presenti all’interno dell’abitazione del debitore.
Naturalmente l’ufficiale effettua una selezione, preferendo esclusivamente tutti quegli oggetti che possono concretamente incidere sulla situazione debitoria in ragione del loro valore. Di solito si tratta per l’appunto dei beni più preziosi contenuti in casa, come i prodotti elettronici, gioielli, elettrodomestici ma perfino il mobilio.
Il pignoramento si rivolge senza eccezioni all’intero complesso di oggetti presenti nella residenza del debitore, senza considerare una possibile proprietà dei conviventi. Il rischio più immediato e concreto per i coinquilini è proprio quello di subire il pignoramento di beni propri, considerati in possesso del debitore.
Per evitare che ciò accada, non è sufficiente una semplice dichiarazione ma servono prove concrete e certe. A questo proposito, infatti, non ha alcuna rilevanza la presenza di una fattura d’acquisto perché questo documento viene considerato come privo di data certa.
I mezzi di prova basati sulla sola parola dei coabitanti non sono validi, nel dettaglio non serve a nulla presentare questi documenti:
- Scrittura privata non registrata
- Fattura
- Scontrino
- Testimonianza di un terzo soggetto
Il pignoramento si basa proprio sulla presunzione che tutti i beni nell’abitazione siano in possesso del debitore, perciò sui conviventi ricade completamente l’onere della prova, vale a dire quello di dimostrare il proprio possesso su determinati oggetti.
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Affinché le dichiarazioni del convivente vengano prese in considerazione è perciò indispensabile corredarle da documenti inequivocabili, come:
- Atti notarili.
- Scritture private registrate in tempo antecedente.
- Acquisti effettuati con mezzi di pagamento tracciabili.
Si tratta dunque di prove non troppo semplici da reperire, che peraltro potrebbero essere ritenute non valide dall’ufficiale giudiziario. Questo significa che il pignoramento di tali beni avverrà senza esclusioni, ma resta al convivente la possibilità di presentare ricorso in sede giudiziale.
Pignoramento di immobili, conti correnti e veicoli: cosa rischia il convivente
Convivendo con una persona che ha debiti si rischia quindi di essere privati dei beni che si trovano all’interno dell’abitazione comune. Il pignoramento può tuttavia riguardare anche un’altra tipologia di oggetti, come la casa stessa, i conti correnti e i veicoli.
In queste casistiche, tuttavia, la posizione dei conviventi è decisamente più leggera, in quanto la prova del possesso è molto più semplice da reperire ed esibire. Quando, ad esempio, la proprietà della casa è divisa fra il debitore e l’altro soggetto convivente, è sufficiente mostrare l’atto di proprietà.
Questo consentirà di far ricadere le conseguenze esclusivamente sulla quota appartenente al debitore. Nel concreto, questo molto spesso si traduce con la vendita della casa e la corrispondenza dell’importo spettante al proprietario non debitore.
Per quanto riguarda i conti correnti, poi, i rischi si riducono davvero al minimo perché si tratta di beni nominativi e non è sufficiente abitare insieme per condividerli. Così come avviene per gli immobili, il conto corrente cointestato viene pignorato soltanto riguardo alla metà in possesso del debitore.
Per i veicoli vale ancora lo stesso meccanismo, quindi il principale rischio relativo a queste tipologie di beni è l’eventuale procedura di vendita, che comporta comunque un certo disagio e un tempo variabile. Esistono tuttavia due situazioni in particolare, nelle quali i conviventi sono piuttosto a rischio.
I conviventi sono coniugi
I coniugi rispondono in automatico dei debiti privati dell’altro, a meno che non abbiano stipulato un regime di separazione dei beni. Questo significa che gli acquisti effettuati in modo separato rimangono di proprietà del legittimo proprietario, e non parte del patrimonio del coniuge, pertanto inattaccabili.
Con la separazione dei beni, quindi, è come se i coniugi fossero semplici coinquilini e difatti sono sottoposti alle medesime procedure riguardo al pignoramento. L’unico punto al quale bisogna prestare attenzione è che, quando i coniugi non lo specificano, il regime considerato è quello di comunione, per il quale i beni sono di proprietà di entrambi senza distinzioni di sorta.
Il convivente è anche il garante del debitore
A prescindere dal legame matrimoniale del convivente, questo va incontro a pesanti conseguenze soltanto quando ha ricoperto il ruolo di garante per il debitore. Quando si verifica questa situazione, il convivente dovrà rispondere dei debiti altrui esattamente come se fossero propri.
Il garante quindi diventerà a tutti gli effetti un debitore, ma soltanto al termine della completa e insoddisfacente procedura di recupero crediti dal debitore originario. Quest’ultimo ha comunque la facoltà di concordare un piano di rientro, sfruttando la legge sul sovraindebitamento per evitare conseguenze sul garante.
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