Scopriamo cosa significa ingiuria, le sue conseguenze giuridiche dopo la depenalizzazione, e come difendere i tuoi diritti ottenendo un risarcimento
Offendere l’onore e il decoro di una persona è un atto che può lasciare segni profondi, ben oltre il momento in cui avviene. Con l’abrogazione del reato di ingiuria il tema non ha perso rilevanza, ma ha assunto una nuova dimensione: non si parla più solo di offese faccia a faccia, ma anche di insulti digitali, gesti denigratori e danni alla reputazione in ambiti professionali e privati.
Le offese possono assumere diverse forme: dal messaggio offensivo sui social media al litigio in ufficio davanti a testimoni. Ma dove finisce la libertà di espressione e inizia la violazione della dignità altrui? Vediamo tutte le informazioni necessarie per affrontare il tema dell’ingiuria, che tu voglia difendere la tua reputazione, tutelare i tuoi diritti o semplicemente capire come agire in situazioni delicate.
Che cosa si intende per ingiuria?
“L’ingiuria è l’offesa all’onore o al decoro di una persona presente, realizzata attraverso parole, gesti o altri mezzi capaci di ledere la dignità altrui”.
Questo reato, disciplinato dall’art. 594 c.p. prima della sua abrogazione, si distingueva per il fatto che l’offesa doveva essere diretta a una persona fisicamente presente o comunque percepibile in modo diretto dall’offeso.
La differenza tra un’offesa generica e l’ingiuria risiede nella volontarietà e nella consapevolezza dell’atto. Infatti, per essere considerata ingiuria, l’offesa doveva essere intenzionale, con lo scopo di ledere l’onore o il decoro altrui, e manifestarsi in un contesto in cui l’offesa potesse percepire direttamente l’atto o le parole.
Oggi l’ingiuria è stata depenalizzata, con il D.lgs. n. 7 del 2016, trasformandosi da reato in illecito civile (art. 2043 c.c.). Quindi, tale condotta non è più reato e non si procede più in sede penale per tale condotta, ma è possibile agire civilmente per ottenere subito un risarcimento dei danni subìti. In ogni caso, restano punibili penalmente condotte affini, come minacce o atti persecutori, che, a differenza dell’ingiuria, possono integrare fattispecie di reato.
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Ingiuria o diffamazione: qual è la differenza?
La differenza tra ingiuria e diffamazione secondo il Codice Penale è una delle domande più frequenti in ambito giuridico.
Mentre l’ingiuria presuppone l’offesa diretta alla persona presente, la diffamazione coinvolge comunicazioni denigratorie rivolte a terzi in assenza dell’interessato, come nel caso di commenti denigratori fatti a più persone o pubblicati online.
Questo la rende un reato con un potenziale impatto sociale più ampio.
La diffamazione, disciplinata dall’art. 595 c.p.:
“sussiste quando l’offesa viene arrecata in assenza della persona offesa e comunicata a più persone.”
È il caso di dichiarazioni offensive espresse come, ad esempio in una riunione o su piattaforme digitali, oppure di accuse denigratorie trasmesse a terzi. La mancanza della presenza del diretto interessato è uno degli elementi dirimenti per distinguere la diffamazione dall’ingiuria.
Un ulteriore elemento distintivo riguarda le conseguenze giuridiche. Mentre l’ingiuria non costituisce più reato, la diffamazione continua ad esserlo. Infatti, può comportare pene più severe, con sanzioni aggravate quando l’offesa è compiuta attraverso mezzi di ampia diffusione, come i social media o la stampa.
La legge sull’ingiuria: passato e presente
L’ingiuria, come originariamente disciplinata dall’art. 594 c.p., prevedeva una sanzione penale per chiunque offendeva l’onore o il decoro di una persona presente. La legge intendeva proteggere due beni giuridici fondamentali: l’onore, inteso come la stima sociale riconosciuta a una persona, e il decoro, che riguarda la percezione della dignità personale. Questi valori ritenuti essenziali non solo per l’individuo, ma anche per garantire un tessuto sociale rispettoso delle relazioni interpersonali.
La scelta del legislatore di depenalizzare il reato di ingiuria, trasformandolo in un illecito civile, si inserisce in un più ampio processo di razionalizzazione del sistema penale, volto a riservare la sanzione penale a condotte di maggiore gravità.
Il reato di ingiuria prevedeva pene che potevano includere una multa o, nei casi più gravi, la reclusione.
Va precisato che la depenalizzazione non ha eliminato ogni tutela per le offese rivolte direttamente a una persona. Nei casi in cui l’ingiuria sia accompagnata da altri comportamenti lesivi, come minacce o atti di violenza, tali condotte possono integrare reati penalmente rilevanti, come la violenza privata (art. 610 c.p.) o le minacce (art. 612 c.p.).
Le diverse forme di ingiuria
- L’ingiuria può essere verbale e si concretizza con l’uso di parole offensive pronunciate direttamente al destinatario. Questa modalità è una delle comunità più immediata, spesso verificabile in situazioni di conflitto personale o durante alterchi.
- Vi è poi l’ingiuria gestuale, che si realizza attraverso azioni, comportamenti o gesti che trasmettono un contenuto offensivo. Questo tipo di ingiuria può manifestarsi, ad esempio, attraverso atteggiamenti denigratori o gesti universalmente riconosciuti come insultanti.
- Un’evoluzione recente è l’ingiuria digitale, che avviene attraverso mezzi di comunicazione elettronica come i social media, le applicazioni di messaggistica o le email. Sebbene la presenza della persona offesa sia essenziale per qualificare un’offesa come ingiuria, le nuove tecnologie hanno ampliato i confini di questa nozione, consentendo modalità di interazione diretta che prima non esistevano.
Le conseguenze dell’ingiuria verbale e digitale possono variare a seconda della gravità dell’offesa e del contesto in cui si è verificata. Anche un messaggio inviato su una piattaforma social può essere considerato ingiuria se rivolto direttamente alla persona offesa.
Come agire in caso di ingiuria?
Dopo la depenalizzazione dell’ingiuria, molte persone si chiedono cosa fare in caso di ingiuria depenalizzata.
- Il primo passo è raccogliere prove dell’offesa, documentando l’offesa subita e rivolgersi a un avvocato specializzato in diritto civile per valutare le opzioni disponibili. Sapere come raccogliere prove per dimostrare un’ingiuria è di grande importanza per ottenere un risarcimento. È utile conservare screenshot di messaggi offensivi, registrazioni vocali o testimonianze di chi ha assistito all’evento.
- In questo caso, l’avvocato può redigere una lettera di diffida indirizzata alla persona che ha commesso l’ingiuria. La lettera di diffida, oltre a contestare formalmente l’offesa, può richiedere il risarcimento dei danni subiti, specificando l’importo richiesto e le ragioni della richiesta.
- Se la diffida non ottiene il risultato sperato, si può avviare un’azione civile (una causa), presso il tribunale competente. L’atto di citazione deve contenere una dettagliata esposizione dei fatti, l’indicazione delle prove raccolte e una quantificazione del danno subito. In questa fase, sarà il giudice a valutare se l’offesa integra un’ingiuria e a quantificare eventualmente il risarcimento dovuto.
Infine, è importante tenere conto dei tempi di prescrizione. Sebbene l’ingiuria non sia più un reato penale, l’azione civile per il risarcimento del danno è soggetta ai termini di prescrizione previsti dal codice civile, generalmente cinque anni dal momento in cui l’offesa è stata commessa.
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Condanna per ingiuria: sanzioni e pene previste
La sanzione principale per chi commette un’ingiuria oggi è rappresentata dall’obbligo di risarcire il danno arrecato alla persona offesa. Il risarcimento per danno morale da ingiuria può includere sia la sofferenza psicologica subita sia eventuali danni alla reputazione. Il giudice valuterà l’entità dell’offesa e le circostanze per determinare un risarcimento equo. Inoltre, sorge anche l’obbligo di risarcimento del danno patrimoniale, qualora si dimostri che l’ingiuria abbia avuto conseguenze economiche negative, come la perdita di opportunità lavorative o danni alla reputazione professionale.
Il giudice civile, valutando l’entità dell’offesa e le circostanze in cui è avvenuta, valuta l’importo del risarcimento. Tra i criteri considerati ci sono la gravità dell’offesa, il mezzo utilizzato per commetterla, il contesto sociale e professionale della vittima e le eventuali ripercussioni personali o professionali subite. In alcuni casi, il giudice può anche disporre misure correttive accessorie, come l’obbligo di pubblicare una rettifica o le scuse su un mezzo di comunicazione, specie se l’offesa è stata commessa in un contesto pubblico o ha avuto un’ampia risonanza.
Esempi di ingiuria e casi storici importanti
L’ingiuria può assumere forme diverse, con conseguenze specifiche a seconda del contesto. In ambito lavorativo, ad esempio, la Corte di Cassazione ha stabilito che gli insulti rivolti a un collega davanti ad altri possono danneggiare la reputazione professionale e la serenità lavorativa. In una sentenza degli anni 2000, un dipendente fu condannato per aver offeso un collega, causando danni significativi alla sua immagine.
In ambito familiare, invece, le ingiurie si manifestano spesso durante separazioni o conflitti coniugali. Un caso di scuola vide un coniuge rivolgere insulti gravi al partner, portando la Corte a riconoscere il diritto della vittima a un risarcimento per danno morale.
Con l’avvento delle tecnologie, si sono diffusi casi di ingiuria digitale, come offese dirette tramite social media o messaggi privati. In un episodio recente, un utente fu condannato per insulti inviati in tempo reale via chat, considerati equiparabili all’ingiuria tradizionale e puniti con un risarcimento.
Infine, un episodio storico riguardò un politico italiano, accusato di aver insultato un giornalista in diretta televisiva. Questo caso suscitò grande attenzione per il ruolo pubblico dei protagonisti e per il dibattito giuridico che ne scaturì, incentrato sul confine tra libertà di espressione e offesa personale. Sebbene il caso si concluse prima della depenalizzazione dell’ingiuria, esso rimane un punto di riferimento per comprendere come il contesto e la notorietà delle parti possano influire sulla valutazione delle offese.
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