Ira della Cina dopo la decisione di alcuni Paesi, tra cui l’Italia, di chiedere un test ai viaggiatori in arrivo: per Pechino si tratterebbe di una diffamazione per motivi politici.
La Cina è di nuovo nell’occhio del ciclone per via del Covid, con tutto il mondo che sta monitorando con preoccupazione la situazione all’interno della Grande Muraglia dove il virus starebbe circolando ormai in maniera incontrollata dopo la fine delle restrizioni decise da Xi Jinping.
Al momento è difficile capire con certezza cosa stia succedendo in Cina, visto che da tempo le autorità sanitarie locali hanno smesso di rendere noti i bollettini quotidiani relativi a contagi e decessi; anche quando lo facevano comunque i dati Covid di Pechino erano considerati sempre come ampiamente sottostimati.
Nei giorni scorsi così la Cnn ha diffuso la notizia di come a dicembre in Cina ben 250 milioni di persone avrebbero contratto il Covid, mentre nelle scorse ore dal Regno Unito è arrivata una stima di 9.000 morti al giorno nel Paese orientale.
In questo scenario, l’Italia per prima in Europa ha deciso di introdurre la necessità di un test negativo per i viaggiatori provenienti dalla Cina, con la decisione che è stata poi plaudita e rivendicata anche da Giorgia Meloni nel corso della conferenza stampa di fine anno.
“C’è questa situazione in Cina, ci siamo mossi immediatamente in coerenza con quello che avevamo chiesto di fare in passato - ha dichiarato la presidente del Consiglio –. Ci aspettiamo che l’Unione europea voglia operare in questo senso”.
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Alle preoccupazioni sul Covid di Giorgia Meloni ha risposto, in maniera indiretta per conto dell’Unione europea, l’Ecdc (Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie) che ha definito “ ingiustificato ” lo screening dei viaggiatori dalla Cina.
Dopo l’Italia però adesso anche la Spagna ha deciso di adottare la nostra stessa linea verso i viaggiatori in arrivo dalla Cina, aggiungendosi così all’elenco che al momento comprende fuori dal Vecchio Continente Stati Uniti, Giappone, India, Taiwan e Corea del Sud.
Misure queste che hanno fatto andare su tutte le furie la Cina, con il ministro degli Esteri cinese Wang Wenbin che ha usato parole di fuoco contro le restrizioni intraprese da alcuni Paesi nei confronti dei viaggiatori cinesi.
“Questo tipo di retorica è guidata da preconcetti, è volta a diffamare la Cina e ha motivazioni politiche - ha dichiarato Wang Wenbin -. Ci auguriamo che i Paesi seguano un approccio di risposta basato sulla scienza e lavorino insieme per garantire la sicurezza dei viaggi transfrontalieri”.
Il Covid così rischierebbe di diventare l’ennesimo terreno di scontro politico tra Pechino e parte dell’Occidente, con il ministro cinese che ha ammonito poi di come i viaggi transfrontalieri siano fondamentali per “mantenere stabili le catene industriali e di approvvigionamento globali e contribuire alla solidarietà globale contro il Covid e alla ripresa economica mondiale”.
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