Il ddl Nordio è legge, la riforma della giustizia in 10 punti

Ilena D’Errico

12 Luglio 2024 - 23:19

Il ddl Nordio è stato approvato anche in Camera dei deputati ed è ora legge. Ecco cosa prevede la riforma della giustizia in 10 punti, dall’abrogazione dell’abuso d’ufficio alla legge bavaglio.

Il ddl Nordio è legge, la riforma della giustizia in 10 punti

Il ddl Nordio, Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale, all’ordinamento giudiziario e al codice dell’ordinamento militare, è legge. Con l’approvazione in Camera dei deputati (119 voti a favore, 109 contrari e nessun’astensione) la riforma della giustizia penale prende il via, all’insegna dei principi del garantismo e della riservatezza.

Nemmeno l’approvazione definitiva mette a tacere le polemiche sul disegno di legge, accusato di limitare la repressione di reati gravi come la corruzione per via dell’abrogazione del reato di abuso d’ufficio e di mettere in discussione la libertà giornalistica (da cui l’appellativo di legge bavaglio).

Al di là delle controversie, ci si aspetta molto da questo cambiamento, che promette di snellire la burocrazia e difendere la presunzione di innocenza, garantita dalla Costituzione a tutti i cittadini. Ecco cosa prevede il ddl Nordio in 10 punti.

L’abuso d’ufficio non è più un reato

Tra le innovazioni più importanti c’è quella più discussa e dibattuta, l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio. Ora che il ddl Nordio è stato approvato in via definitiva anche alla Camera non c’è più alcun dubbio: l’abuso d’ufficio non è più un reato. Visto l’elevato squilibrio tra le accuse di reato e le effettive condanne, con l’effetto di rallentare la burocrazia per il timore dei pubblici ufficiali, è stato abrogato l’articolo 323 del Codice penale.

Non bisogna comunque dimenticare che restano comunque in vigore le normative che regolano le funzioni della Pubblica amministrazione, con particolare riferimento alla disciplina dei concorsi pubblici. La fattispecie dell’abuso d’ufficio resta dunque vietata indirettamente laddove il regolamento preveda precisi criteri di condotta da adottare, ma non sarà più di pertinenza penale.

Il ministro Nordio ha comunque assicurato l’introduzione di nuovi meccanismi sanzionatori per non porsi in contrasto con la regolamentazione dell’Unione europea e dell’Onu, limitando il rischio che alcuni comportamenti (come la cosiddetta raccomandazione) vengano lasciati impuniti.

Bisogna inoltre tenere conto dell’introduzione del reato di peculato per distrazione, previsto nel ddl Carceri, che sebbene non pensato per questo scopo potrebbe attenuare la mancanza di controllo su reati più gravi, come la corruzione, portata dalla cancellazione dell’abuso d’ufficio.

Cambia il traffico di influenze illecite

Un’ulteriore stretta alla punibilità della raccomandazione, con la limitazione del traffico di influenze illecite. Il ddl Nordio modifica l’articolo 346 del Codice penale, limitando la punibilità alla sussistenza dei seguenti elementi:

  • Intenzionale sfruttamento delle relazioni con il pubblico ufficiale;
  • relazioni esistenti e non più solo asserite;
  • utilità economica (data o promessa);
  • versamento a fine remunerativo.

Questo significa che saranno punibili soltanto i soggetti che, sfruttando reali relazioni con un pubblico ufficiale, vengono ricompensati in denaro per una mediazione illecita. Questo significa, ad esempio, che lo scambio di favori non integra gli estremi di reato. La pena minima è però alzata a 1 anno e 6 mesi (da 1 anno), mentre la massima resta pari a 4 anni e 6 mesi.

Vietate le intercettazioni che coinvolgono terzi

Il ddl Nordio limita anche le intercettazioni, vietando di riportare dati e conversazioni che riguardano terzi soggetti estranei al procedimento. Il limite è volto a tutelare i diritti delle persone non coinvolte, a meno che siano rilevanti ai fini della repressione del reato.

Tutela delle comunicazioni tra imputato e difensore

La riforma della giustizia interviene anche sulla procedura penale, al fine di tutelare le garanzie di libertà del difensore. In particolare, si aggiungono due commi all’articolo 103 del Codice di procedura penale stabilendo:

  • il divieto di acquisizione da parte dell’autorità giudiziaria delle comunicazioni tra difensore e imputato in qualsiasi forma, salvo che ci siano fondati motivi che si tratti del corpo del reato;
  • l’autorità giudiziaria e gli organi delegati dovranno interrompere le operazioni di intercettazione se la comunicazione è fra quelle vietate.

Viene anche ampliato il divieto di pubblicazione e di rilascio in copia delle intercettazioni, salvo la dimostrata rilevanza. Il limite si estende con vigore a tutti i dati di terze persone.

Vietata la pubblicazione dell’avviso di garanzia

Il ddl Nordio vieta anche di pubblicare l’avviso di garanzia, imponendo ai giornalisti di limitarsi a descrivere sommariamente i fatti. Questo è uno degli elementi che ha maggiormente preoccupato il Consiglio nazionale dei giornalisti, che lamenta una lesione del diritto all’informazione dei cittadini.

L’intento è preservare la presunzione d’innocenza sancita dall’ordinamento anche nelle dinamiche sociali, ma potrebbe avere comunque un effetto controproducente. I testi delle ordinanze sono senza dubbio caratterizzati da oggettività, mentre la possibilità di ometterli fornendo invece un resoconto rende più difficile contenere le considerazioni personali dell’autore.

Il Pubblico Ministero non può appellare i proscioglimenti

Sarà fatto divieto ai Pubblici ministeri di appellare le sentenze di proscioglimento per i reati che prevedono la citazione diretta in giudizio. Questi ultimi prevedono come pena la multa o la reclusione fino a 4 anni, ma il massimo può salire nelle ipotesi aggravate (come ricettazione e truffa).

La legittimazione del Pubblico ministero ad appellare le sentenze di proscioglimento è un tema ricorrente nella giustizia penale, era stato già abolito nel 2006 con la legge Pecorella ma ripristinato dopo l’illegittimità dichiarata dalla Consulta della Corte Costituzionale. Anche in questo caso, tuttavia, il fine è preservare il garantismo.

La nuova approvazione delle misure cautelari

Un ulteriore limite ai poteri dei Pubblici ministeri: l’applicazione delle misure cautelari da loro richiesta dovrà prima passare da una composizione collegiale composta da 3 magistrati, anziché un solo Giudice per le indagini preliminari. L’indagato dovrà inoltre essere avvertito con un preavviso minimo di 5 giorni.

Fra le novità, questa è quella che crea maggiori perplessità anche fra coloro che condividono gli intenti della riforma. Con la grave carenza di magistrati e le regole sull’incompatibilità, il rischio è di sovraccaricare ulteriormente la macchina della giustizia. Difficilmente si può auspicare in una risoluzione in soli 2 anni, questo è infatti il tempo previsto dalla riforma per l’applicazione delle norme.

L’obiettivo di questa previsione è quello di garantire la difesa preventiva dell’imputato, con eccezioni delle situazioni caratterizzate da particolare urgenza (ad esempio se sussiste un pericolo di fuga o di inquinamento delle prove o di reiterazione dei reati più gravi). Questa eccezione si può interpretare come buon compromesso, perciò la problematicità di questo articolo risiede per lo più nel rischioso rallentamento dei tribunali.

Aumento del ruolo organico della magistratura

La riforma Nordio considera ovviamente anche la carenza di magistrati, prevedendo un aumento del ruolo organico della magistratura da destinare alle funzioni giudicanti di primo grado. Nel dettaglio, si prevede un aumento di 250 unità attraverso gli appositi concorsi.

Ai militari precluso l’avanzamento solo con la condanna

Il ddl Nordio interviene anche sul Codice dell’ordinamento militare, confinando la preclusione dell’avanzamento di carriera soltanto in caso di condanna di primo grado per delitti non colposi, escludendo che debba perdere l’opportunità di avanzamento per il solo rinvio a giudizio o l’ammissione ai riti alternativi. Prima di questo intervento, infatti, le denunce potevano avere effetti devastanti sulla carriera del militare rinviato a giudizio, difficilmente recuperabili nella professione e nella rispettabilità anche in caso di seguente assoluzione.

Giudici popolari in Corte d’Assise

Per l’entrata dei giudici popolari in Corte d’Assise il requisito anagrafico è fissato all’età di 65 anni, che deve sussistere al momento della nomina.

Iscriviti a Money.it

SONDAGGIO