Ancora attesa per il decreto Rilancio con le misure per la ripresa economica: tanti i nodi da sciogliere con le regioni e i sindacati dei lavoratori. Ecco perché il CdM viene ripetutamente rimandato.
La bozza del decreto Rilancio circola ormai da giorni, invece dell’emanazione del testo definitivo non si ha alcuna certezza.
Il Consiglio dei Ministri viene continuamente rimandato e così, proroga dopo proroga, il decreto aprile è diventato decreto maggio poi battezzato decreto Rilancio, probabilmente per scongiurare riferimenti temporali, dato che non sono mancati commenti ironici su un possibile “decreto giugno”.
Quanto manca all’approvazione e quali sono le ragioni del ritardo? Difficile rispondere con certezza, anche perché il decreto economico sembra essere avvolto da un alone di mistero, ma senza dubbio i nodi da sciogliere sono tanti e intricati:
- i rapporti - spesso difficili e conflittuali - con le regioni;
- la regolarizzazione dei lavoratori agricoli;
- gli ammortizzatori sociali per i lavoratori, insufficienti secondo i sindacati;
- le misure per il settore del turismo e i lavoratori stagionali;
- il bonus per le partite Iva e per i liberi professionisti iscritti alle Casse di previdenza privata.
Decreto Rilancio, le ragioni del ritardo
Nonostante la notizia della convocazione del Consiglio dei Ministri, nemmeno oggi è la volta buona per l’emanazione del decreto economico sull’emergenza coronavirus.
In ballo ci sono 55 miliardi di euro, cifra “poderosa” - come dichiarato da Conte - ma che, almeno per il momento, per imprese e famiglie in difficoltà sono ancora un miraggio.
Alla base del continuo procrastinare ci sarebbe la difficoltà di trovare un accordo su alcune misure “di punta” del decreto Rilancio: il bonus per gli autonomi e le partite Iva, la regolarizzazione dei migranti e i rapporti con gli enti locali.
Le bozze del decreto continuano a circolare, le richieste dell’opposizione aumentano e l’opinione pubblica inizia a perdere la pazienza a causa degli slittamenti continui. Un clima che di certo non aiuta il Paese in un momento così drammatico.
Eppure tempo da perdere non ce n’è. Molti settori sono in grave sofferenza economica e chiedono aiuti il prima possibile: ristoratori, lavoratori stagionali e dello spettacolo e albergatori hanno bisogno di risposte e liquidità; i sindacati chiedono al Governo maggiore attenzione verso gli artigiani e più fondi destinati agli ammortizzatori sociali; le imprese invocano prestiti a fondo perduto; i comuni chiedono più contributi allo Stato, dato che lo stop al turismo ha causato il crollo delle tasse di soggiorno.
Più il tempo scorre inutilmente più aumentano i punti controversi e si aggravano quelli già esistenti.
Inutile ribadire che serve convocare il Consiglio dei Ministri senza indugio e il prima possibile, anche perché l’attesa rischia di dare un alibi alle regioni per agire “di testa propria” con ordinanze che si discostano dai parametri nazionali.
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