In quali casi il lavoratore può rassegnare le dimissioni senza rispettare l’obbligo di preavviso? E cosa succede laddove invece non fosse possibile?
Quando si rassegnano le dimissioni c’è un obbligo molto importante da osservare: serve comunicare la propria decisione al datore di lavoro, attraverso la modalità telematica disponibile sull’apposito portale del ministero del Lavoro, con congruo preavviso.
Rassegnare le dimissioni senza preavviso espone il lavoratore a una sanzione di tipo economico che comporta la rinuncia a una parte dell’ultimo stipendio: dalle competenze di fine rapporto, infatti, viene sottratta la cosiddetta indennità di mancato preavviso, pari all’importo dello stipendio che avrebbe percepito nel caso in cui avesse lavorato in quel periodo. Questo obbligo è stato introdotto per tutelare la posizione dell’azienda: considerando il fatto che le dimissioni del lavoratore possono essere presentate anche senza motivo, perlomeno viene dato al datore di lavoro il tempo necessario per assumere e formare un sostituto, o comunque per rivedere l’organizzazione in azienda.
Non è sempre così, però, in quanto ci sono circostanze in cui le dimissioni senza preavviso sono consentite, legittimando così l’interruzione dell’attività lavorativa già dal giorno successivo a quello in cui è stata inviata la comunicazione.
A tal proposito, ricordando che la durata del preavviso di dimissioni è indicata nel Contratto collettivo di riferimento e che varia in base all’anzianità e alla posizione ricoperta (più è importante e più è lungo questo periodo), vediamo quali sono i casi in cui non bisogna preoccuparsene, nonché quali sono le sanzioni per chi invece sceglie comunque di dimettersi in tronco non dando tempo al datore di lavoro per metabolizzare la decisione.
Dimissioni in tronco: quando è possibile
Generalmente è possibile dimettersi senza preavviso in tutti i casi in cui sussiste la giusta causa.
Nel dettaglio, ciò avviene quando da parte del datore di lavoro si sia verificata un’inadempienza di gravità tale da impedire la prosecuzione del rapporto di lavoro anche solo per un’altra giornata, il dipendente è autorizzato a rassegnare le dimissioni immediate, non presentandosi al lavoro già nella giornata successiva. In questo caso, oltre a non rischiare di dover corrispondere l’indennità di mancato preavviso, il dipendente non perde neppure il diritto alla Naspi.
È possibile licenziarsi in tronco durante il periodo della maternità, ovvero dal momento in cui si è venuti a conoscenza della gravidanza fino al compimento del 1° anno di età del figlio. Il preavviso non è obbligatorio neppure in presenza di accordi collettivi di esodo, o in caso di dimissioni incentivate dall’azienda.
Il mancato preavviso è autorizzato anche nel caso delle dimissioni rassegnate durante il periodo di prova, quando tanto il datore di lavoro quanto il dipendente hanno la possibilità di valutare se sussistono le condizioni per proseguire con il rapporto di lavoro. Qualora non dovesse essere così, entrambe le parti potranno interrompere immediatamente il periodo di prova, senza alcun obbligo di preavviso.
Le dimissioni in bianco nel 2025
A tal proposito, è bene ricordare che da quest’anno è considerata al pari delle dimissioni l’assenza ingiustificata del lavoratore che si protrae per 15 giorni. In questo caso scattano immediatamente le dimissioni e si considera anche il mancato preavviso, con la conseguenza poi che non si potrà beneficiare della Naspi.
Cosa rischia il dipendente che non rispetta il preavviso
Salvo i suddetti casi, comunicare le dimissioni con largo preavviso è obbligatorio.
Il preavviso è stato introdotto per tutelare il datore di lavoro in caso di dimissioni del proprio dipendente. A differenza del licenziamento, infatti, le dimissioni possono essere presentate senza doverle per forza motivare ed è per questo che il dipendente può scegliere di interrompere il rapporto di lavoro in qualsiasi momento.
Per limitare il danno provocato dalla perdita di un dipendente, però, la legge riconosce un certo periodo di tempo in cui l’azienda può selezionare e formare un suo sostituto, senza perdere l’apporto lavorativo fornito da colui che ha presentato le dimissioni.
Questo periodo è appunto il preavviso, durante il quale il dipendente deve continuare a lavorare con tutti i diritti e doveri che ne derivano. Visto quanto appena detto, il dipendente non può smaltire le ferie arretrate per aggirare il periodo di preavviso, il quale inoltre viene sospeso in caso di malattia e infortunio. Il preavviso, dunque, deve essere sempre lavorato.
Per questo motivo in caso di mancato rispetto del preavviso l’azienda ha diritto a un indennizzo economico per il danno ricevuto, il quale sarà corrisposto dal dipendente stesso.
Nel dettaglio, qualora il lavoratore presenti le dimissioni senza il dovuto preavviso subirà una trattenuta nell’ultima busta paga per un importo pari all’indennità sostitutiva calcolata in base alle giornate di preavviso.
A tal proposito è importante ricordare che qualora il dipendente comunichi la propria intenzione di non rispettare il preavviso al momento della notifica delle dimissioni non potrà revocare la sua decisione; il preavviso infatti si considera immediatamente non rispettato e si procede automaticamente con una decurtazione dello stipendio pari all’importo della retribuzione che sarebbe spettata durante il periodo di preavviso non lavorato.
Vi è comunque la possibilità di fare accordi. Ad esempio, qualora sia il nuovo datore di lavoro a chiedervi di dare le dimissioni senza preavviso così da iniziare subito con l’attività lavorativa, potrete sottoscrivere un accordo affinché si faccia carico personalmente dell’indennizzo dovuto alla vecchia azienda.
Quanto si paga di mancato preavviso?
Come anticipato, l’indennità di mancato preavviso è pari alla retribuzione potenzialmente spettante al lavoratore nel caso in cui il periodo di preavviso fosse stato lavorato.
A tal proposito, ai fini della determinazione dell’ammontare di tale indennità, bisogna considerare tutti gli elementi retributivi aventi carattere continuativo, come pure quelle riferite a vitto e alloggio. Nel caso di retribuzioni atipiche, come ad esempio quelle composte perlopiù da elementi variabili - si pensi ad esempio a coloro che guadagnano specialmente grazie alle provvigioni - l’importo dell’indennità si calcola sulla media degli emolumenti percepiti negli ultimi tre anni di servizio, o comunque durante il minor tempo di servizio prestato (ad esempio negli ultimi due anni per chi ha iniziato a lavorare solo allora).
Nel quantificare l’indennità di mancato preavviso, inoltre, si tiene conto anche di eventuali ratei di tredicesima e quattordicesima.
Per capire quanto bisognerà pagare al datore di lavoro nel caso di mancato preavviso bisogna quindi essere a conoscenza di due informazioni:
- l’importo delle stipendio solitamente percepito;
- il periodo di preavviso indicato dal proprio contratto di lavoro.
A questo punto sarà semplice, moltiplicando la retribuzione giornaliera (che potete ricavare da quella mensile) per il numero di giorni di preavviso dovuti in base alla propria qualifica e al tempo di assunzione, capire qual è l’importo dell’indennità dovuta al datore di lavoro, il quale potrà trattenerla direttamente dalle competenze dovute alla cessazione del rapporto di lavoro.
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