L’Europa in 5 grafici: c’è davvero un allarme crisi?

Violetta Silvestri

05/08/2023

Qual è la situazione economica europea: crisi o segnali di ripresa in vista? In 5 grafici alcune risposte per capire se davvero c’è un allarme economia in Europa.

L’Europa in 5 grafici: c’è davvero un allarme crisi?

Cosa sta succedendo all’economia dell’Europa? L’ottimismo comincia a indebolirsi tra gli investitori e gli analisti, tra la stretta creditizia della Bce che non dovrebbe essere ancora finita e una crescita più fragile e frammentata, nella quale l’industria mostra le maggiori difficoltà.

L’inflazione, intanto, rallenta ma non abbastanza, lasciando aperto il dibattito tra i membri della Banca centrale europea su cosa decidere a settembre: un altro aumento del costo del denaro o una pausa per evitare scosse troppo brusche all’economia reale?

Mentre l’incertezza domina gli scenari delle previsioni nel vecchio continente, la guerra in Ucraina continua e brutte sorprese sul fronte prezzi materie prime potrebbero ancora colpire gli europei. Con il grano in primo piano e la questione gas sempre attuale, i rischi di un balzo dell’inflazione sono in agguato.

L’Europa appare dunque circondata ancora da fattori piuttosto avversi e insidiosi, che non lasciano molto spazio al cosiddetto atterraggio morbido dato ora quasi per certo negli Usa.

C’è davvero un allarme per l’economia europea? 5 grafici aiutano a dare una risposta.

1. Quanto cresce l’Europa

Gli ultimi dati sul Pil dell’Eurozona hanno mostrato il ritorno alla crescita, lanciando un segnale positivo:

Pil Eurozona Pil Eurozona Prodotto interno lordo vari trimestri

Il grafico elaborato da Politico.eu evidenzia che dalla fine del 2022 al secondo trimestre 2023 la performance della crescita della zona euro si è indebolita. Anche se da aprile a giugno 2023 il Pil è tornato a salire rispetto allo stallo del trimestre precedente e al risultato negativo della fine 2022, non tutti sono così convinti che la recessione sia u pericolo scampato.

Da segnalare, inoltre, che nel secondo trimestre 2023 l’intera Ue non è cresciuta, con un Pil fermo a 0,0%.

Gli analisti hanno infatti notato che le economie di Francia e Irlanda si sono dimostrate relativamente resilienti nel secondo trimestre, con la prima che ha registrato un tasso del Pil dello 0,5%, mentre la seconda è cresciuta del 3,3%. Questi risultati hanno quindi influenzato il dato finale dell’Eurozona, che altrimenti sarebbe stato più deludente.

“Senza l’Irlanda, la crescita sarebbe stata dimezzata. Esaminando le componenti più volatili, sosteniamo che l’economia è rimasta sostanzialmente stagnante”, ha affermato Colijn analisti di ING. “A giudicare dai dati del sondaggio che abbiamo finora sul terzo trimestre, i rischi sono al ribasso per i prossimi trimestri”.

Anche per gli esperti di Capital Economics lo scenario resta incerto per l’Eurozona. Escludendo [Francia e Irlanda] la crescita del Pil sarebbe stata solo dello 0,04% t/t, o da zero a un decimale! Poiché è improbabile che questi fattori si ripetano nei prossimi trimestri e l’impatto dell’inasprimento della politica monetaria si sta ancora intensificando, riteniamo che il “Pil della zona euro si contrarrà nella seconda metà dell’anno”, hanno dichiarato.

2. Inflazione ancora “calda”: cosa costa di più?

L’inflazione nell’area dell’euro è scesa al minimo di 18 mesi, ma è ancora ben al di sopra dell’obiettivo del 2% della Banca centrale europea.

Il calo dei prezzi del gas e dell’elettricità ha causato un ribasso del tasso di inflazione complessivo, ma i prezzi dei generi alimentari rimangono elevati. I prezzi nel settore dei servizi sono aumentati rispetto allo scorso anno.

Il grafico elaborato da Politico.eu illustra la situazione:

Inflazione Eurozona Inflazione Eurozona Inflazione delle diverse categorie di beni

Se l’energia e i prezzi dei beni alimentari con alcolici e tabacco sono in rallentamento, pur restano elevati, la traiettoria dei servizi sta salendo. L’inflazione complessiva nell’area dell’euro è stata del 5,3% a luglio, secondo i dati preliminari rilasciati lunedì, inferiore al 5,5% registrato a giugno. Inoltre, l’inflazione core - che esclude i prezzi volatili di cibo ed energia - è rimasta invariata al 5,5% a luglio, mostrandosi più vischiosa.

Da considerare, infine, che l’indice dei prezzi alimentari dell’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura è costantemente diminuito dal picco nell’estate del 2022, ma rimane sostanzialmente più alto rispetto al 2019. Le ultime mosse russe nella guerra in Ucraina hanno anche innescato il balzo del prezzo del grano. Questo fattore, sommato alle calamità legate al clima, può ancora causare shock alle materie prime, con impatti in rialzo sui prezzi in Europa.

3. Crollo del credito a famiglie e imprese

Lo ha illustrato la stessa Bce: il calo dei prestiti per imprese e famiglie nell’Eurozona è da record a causa del rialzo dei tassi. Se questa è una conseguenza voluta dall’Eurotower per spegnere la domanda di denaro e quindi l’inflazione, da una parte è un segnale che allarma.

Le aziende, infatti, fermano così i loro investimenti e le famiglie, già colpite da rate dei mutui sempre più elevate, rallentano il mercato immobiliare.

Il tonfo dei prestiti per imprese e famiglie è ben visibile nel grafico (Politico.eu):

Domanda netta di prestiti imprese e famiglie Domanda netta di prestiti imprese e famiglie Dati sull'Eurozona, con variazione percentuale

I prestiti delle famiglie sono crollati di oltre il 70% e quelli delle imprese del 50%.

4. Record disoccupazione bassa

Il mercato del lavoro continua a essere la sorpresa positiva.

La disoccupazione nell’Ue ha raggiunto il 5,9% a giugno e luglio, il livello più basso dal 2000. Il dato è osservato con attenzione dalla Bce, come indicatore della salute economica e della resilienza in un momento non facile per la crescita. Un lavoro ancora forte può spingere verso tassi più alti.

La mappa di Politico.ue mostra dove la disoccupazione è più elevata e dove più bassa:

Disoccupazione Eurozona in percentuale Disoccupazione Eurozona in percentuale Dati di giugno 2023

5. Una montagna di aiuti di Stato

Pur non essendo un dato macroeconomico, il calcolo di aiuti di Stato elargiti dai Paesi Ue con approvazione della Commissione è un numero importante.

Da marzo 2022 a oggi, come ben si nota nel grafico elaborato da Ispi, sono stati ben 733 i miliardi autorizzati e sborsati dai Governi per sostenere le aziende. La pratica è stata resa eccezionalmente possibile dinanzi alla crisi pandemica, quando le imprese avevano bisogno di aiuti per non soccombere in una economica improvvisamente chiusa.

Tuttavia, questo meccanismo ha messo in evidenza un interventismo massiccio degli Stati più ricchi, che hanno potuto elargire parti di soldi pubblici al settore privato. La Germania svetta come la nazione che più delle altre ha ottenuto il via libera ad aiuti di Stato da marzo 2022. Paesi con economie più piccole hanno criticato questa pratica, seppure un’eccezione, perché li lascia indietro in quanto non in grado di elargire tali somme per sostenere le proprie imprese.

Intanto, tra pandemia e altri sussidi, anche legati alla transizione economica, il cosiddetto capitalismo di Stato in Ue è schizzato:

Aiuti di Stato in Ue Aiuti di Stato in Ue Somme elargite dai Paesi dal 2001 al 2021

La tendenza è diffusa, considerando che anche gli Usa hanno attivato ingenti piani statali per offrire sussidi e sgravi alle imprese. Questo è un segnale di come stia cambiando l’economia globale, non solo europea: pressata da crisi e dalla competizione cinese da vincere.

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