La presidente del Consiglio Giorgia Meloni si è detta soddisfatta per la prima interlocuzione con i vertici europei a Bruxelles, ma rimangono distanze difficili da sanare su crisi energetica e Pnrr.
Strette di mano, sorrisi a favor di telecamera e una dichiarata “soddisfazione” della presidente Giorgia Meloni nella sua prima visita istituzionale a Bruxelles. Nella capitale delle istituzioni europee la numero uno del nuovo governo italiano ieri ha incontrato la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, il commissario all’Economia Paolo Gentiloni, la presidente del Parlamento Ue Roberta Metsola e il presidente del Consiglio Ue Charles Michel.
Sul tavolo le grandi questioni del momento, prima di tutto la crisi energetica. L’obiettivo del governo italiano è chiaro: applicare il prima possibile l’accordo trovato in Consiglio europeo su tetto al prezzo del gas, stoccaggi comuni e riforma del Ttf di Amsterdam, ma anche strappare una revisione del Pnrr, che possa rimodulare le spese e potenzialmente aggiungere dei fondi (magari utilizzando il RePower Eu o un nuovo strumento di bilancio comune).
Su questi punti, sorrisi in pubblico a parte, le posizioni sono distanti. Commissione e Consiglio spingono per non uscire dai binari della difficile mediazione raggiunta tra Paesi del Sud e del Nord Europa, mentre Meloni vorrebbe sforzi più forti per abbassare le bollette a famiglie e imprese senza gravare troppo sui conti pubblici italiani. Insomma: i soldi a disposizione del nostro Paese sono pochi e senza interventi europei rischiano di essere insufficienti. Il dialogo, però, è complicato dalle posizioni italiane sui migranti e sulla riforma del Meccanismo europeo di stabilità.
Cosa chiede Giorgia Meloni all’Ue
Le istituzioni europee hanno apprezzato la visita di Meloni, utile per dare un segnale di unità in Europa. Della serie: è confermato nei fatti che l’Italia non uscirà dall’Ue, anche se il nuovo governo ha una visione meno “europeista” degli esecutivi passati. Detto ciò rimangono i dubbi della Commissione su un’accelerazione chiesta dal governo italiano sul pacchetto di misure sul gas e sulla revisione del Pnrr.
Più volte l’esecutivo europeo ha chiarito che il Piano può essere solo ritoccato in minima parte, non stravolto. Quanto ai fondi tutti hanno ripetuto alla presidente che è quasi impossibile andare oltre quanto già approvato, quindi sostanzialmente il piano RePower Eu: per ora si escludono nuovi interventi in stile Recovery Fund (con finanziamenti a fondo perduto), ma anche sul modello Sure (che prevede prestiti agevolati). L’unica opzione è legare Pnrr e RePower Eu, spostando così in parte i finanziamenti da un settore a un altro. Sul tetto al prezzo del gas, poi, la Commissione sta lavorando per verificarne la praticabilità effettiva.
Su tutti questi dossier pesa il “muro” della Germania e dei “falchi” del Nord, che non vogliono creare nuovi fondi di bilancio comune in Europa e spingono per meccanismi di freno alla speculazione sul gas che non mettano a rischio i loro approvvigionamenti per i prossimi mesi.
Patto di Stabilità, in arrivo la riforma
Un primo segnale dell’eventuale vicinanza della Commissione a Roma lo si vedrà la prossima settimana con la presentazione della proposta di riforma del Patto di Stabilità. Meloni vedrà se nella bilancia delle considerazioni sono valse più le ragioni dei Paesi rigoristi o di quelli che vorrebbero una nuova stagione di investimenti comuni, anche a debito. Dal vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis arriva però un messaggio chiaro all’Italia: questo non è il momento per “troppi stimoli fiscali”, ma “della prudenza nelle politiche di bilancio”.
Le questioni migranti e Mes
A rendere più difficile la trattativa ci sono poi la posizione italiana sui migranti, con i primi battibecchi con Berlino che fanno pensare a una nuova stagione di polemica con le ong ed altri Paesi Ue, ma anche la riforma del Mes. Bruxelles si aspetta che il governo italiano la ratifichi, con la promessa di legarci magari un fondo di stabilità per rendere l’eventuale sorveglianza Ue meno amara, ma Lega e Fratelli d’Italia si sono sempre opposti, ritenendolo un cattivo strumento d’austerity, anche nella nuova versione.
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