Crisi energetica, perché l’Italia non punta sul biometano? “Può sostituire il gas russo, ma per avere i permessi ci vuole un’eternità”

Giacomo Andreoli

18/11/2022

Grecchi (Bip) spiega a Money.it qual è il ruolo del biometano nel sostituire il gas russo e favorire la transizione green. Nonostante il Pnrr rimangono investimenti scarsi e troppa burocrazia.

Crisi energetica, perché l’Italia non punta sul biometano? “Può sostituire il gas russo, ma per avere i permessi ci vuole un’eternità”

Il biogas e soprattutto il biometano possono essere una risorsa rilevante per l’Italia nell’attuale crisi energetica, per sostituire una parte del gas russo e favorire la transizione ecologica. Eppure il nostro Paese non ci punta abbastanza e anche con il Pnrr l’investimento è ancora insufficiente, mentre la burocrazia stritola l’innovazione.

A segnalare i problemi sullo sviluppo di questa forma alternativa di energia è il rapporto “Biomethane, the green molecule to enable energy transition” della società italiana di consulenza Bip. Nodi logistici e difficoltà legislative, che il Piano nazionale di ripresa e resilienza avrebbe affrontato solo in parte, con passi avanti non del tutto risolutivi.

Rapporto «Biomethane, the green molecule to enable energy transition»
Il dossier di Bip sulle potenzialità del biometano e i suoi problemi di sviluppo

Questo segnala il dossier, ricordando gli obiettivi ambiziosi dell’Unione europea anche per l’Italia, previsti dal pacchetto “Fit for 55”: arrivare al 55% di riduzione delle emissioni inquinanti nel 2030 e poi alla neutralità climatica nel 2050. Per farlo si punta a passare nei prossimi otto anni dagli attuali 3 a 35 miliardi di metri cubi di biometano prodotto. Poi, nel 2050, l’Italia dovrebbe arrivare addirittura a coprire il 10,67% del suo fabbisogno energetico nazionale da biogas e biometano. Un’enormità rispetto ad oggi.

Cosa sono biogas e biometano

Il biogas è il gas grezzo che viene prodotto dalla fermentazione (con metano, anidride carbonica e tracce di altri gas). Il biometano è invece un derivato del biogas: si ottiene dopo un processo di raffinazione e purificazione (togliendo acqua, contaminanti e anidride carbonica).

Mentre il biogas viene generalmente usato lì dove viene generato, per produrre elettricità e calore (soprattutto in ambito agricolo), il biometano si può usare più facilmente per usi domestici e industriali. Se viene liquefatto (il cosiddetto “bio-Gnl”) può essere poi usato come carburante per mezzi pesanti e navali.

Oggi in Italia ci sono solo una trentina di impianti di biometano attivi (contro i 337 in Francia e i 242 in Germania), mentre per il biogas siamo al secondo posto in tutta Europa, con circa 2mila impianti funzionanti.

Gas russo, perché il biometano può sostituirlo

Marcello Grecchi, consultant Energy & Industrial di Bip, spiega a Money.it che “nell’ipotesi di rispettare i target definiti dal piano RePower Eu al 2030, la produzione di biometano europea sarebbe in grado coprire per una parte le importazioni di gas russo”.

Il biometano, avendo una catena del valore interamente europea, può poi avere un ruolo nella “diversificazione dell’approvvigionamento e in generale assicurare la sicurezza energetica. Inoltre è rilevante in ottica di decarbonizzazione e transizione energetica, per avvicinare l’Ue agli obiettivi ambiziosi di uso delle energie rinnovabili e riduzione delle emissioni”.

Biometano, gli obiettivi del Pnrr e gli impianti fermi

Il Pnrr mette a disposizione 2 miliardi di euro per rafforzare questo settore della green economy, per arrivare nel 2026 a 2,3-2,5 miliardi di metri cubi di biometano all’anno, mentre oggi siamo fermi a 230 milioni di metri cubi. Il target complessivo, però, visti i nuovi standard italiani ed europei dovuti alla crisi energetica, può arrivare secondo il Consorzio italiano biogas anche a 4 miliardi di metri cubi entro il 2026.

Sarebbe il 30% degli approvvigionamenti di cui abbiamo bisogno per sostituire il gas russo, con una contemporanea riduzione delle emissioni inquinanti dell’80%. Nonostante gli ultimi decreti attuativi del precedente governo Draghi, però, ci sono ancora decine di impianti in fase di costruzione o di progettazione, tra biogas e biometano, ancora fermi.

Il presidente del Consorzio, Piero Gattoni, ha spiegato a Money.it che i ritardi sono stati dovuti per lo più ai tempi lunghi della Commissione europea, con i fondi del Pnrr che sono ancora a rischio, visto che i bandi devono partire entro la fine del mese. Il Consorzio sta ora chiedendo una consultazione sul testo, con l’obiettivo di applicarlo in tempo.

Tutti gli ostacoli burocratici al biometano

Secondo Grecchi per incrementare in maniera significativa la produzione di biometano è indispensabile “uno schema di incentivazione stabile nel tempo e di un quadro normativo che mitighi i rischi legati ad investimenti nel settore, consentendo a produttori e trasportatori di avere minori incertezze sul ritorno del proprio investimento”.

Nonostante il Pnrr, infatti, ad oggi i tempi per costruire gli impianti sono ancora elevati. “Ci sono oneri importanti per i produttori - ci spiega - come i costi e tempi di allaccio alla rete di trasporto e distribuzione (fino a 3 anni per acquisizione permessi e tempi di costruzione) e gli elevati costi di costruzione di unità di liquefazione e trasporto di bio-Gnl, senza ancora adeguati strumenti normativi di supporto”.

C’è, poi, aggiunge, “l’assenza di regolazione per la realizzazione di impianti che permettono flussi di gas dalla rete di distribuzione locale a quella di trasporto, che ostacola l’immissione di biometano negli asset di distribuzione”.

Insomma, come sottolinea il rapporto di Bip, la burocrazia scoraggia ancora le aziende e i piccoli imprenditori agricoli, nonostante gli interventi del governo Draghi tra la fine del 2021 e l’estate del 2022. Non solo: finora molte aziende hanno preferito mantenere il biogas piuttosto che convertirlo in impianti a biometano (più efficaci perché più utilizzabili) per la mancanza di uno schema di incentivi del tutto competitivo e quindi favorevole.

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