Figli maggiorenni che ricevono il mantenimento dai genitori in quanto disoccupati: è possibile obbligarli a cercarsi un lavoro? Ecco cosa prevede la legge e quali sono le soluzioni.
I genitori hanno per legge diversi obblighi nei confronti dei figli, uno dei quali è il loro mantenimento. Ovviamente quest’obbligo non dura in eterno, ma termina quando i figli maggiorenni diventano indipendenti dal punto di vista economico. Ecco che in alcune famiglie pare innescarsi un circolo vizioso, in cui i figli si adagiano nella disoccupazione, sapendo di poter sempre contare sui genitori che provvedono ai loro bisogni. La soluzione sarebbe chiaramente la ricerca di lavoro, ma cosa possono fare i genitori a riguardo? È possibile obbligare un figlio a cercare lavoro?
I genitori possono obbligare un figlio a cercarsi lavoro?
Figli maggiorenni che non cercano lavoro e pretendono di essere mantenuti dai genitori, i quali spesso pensano alle strategie più disparate per riuscire a risolvere la situazione. Spesso il problema principale nasce da una cattiva conoscenza degli obblighi genitoriali stabiliti dalla legge, ecco perché poi si ricercano le soluzioni più impensabili.
Obbligare il figlio disoccupato a cercarsi un lavoro per non gravare più sulla famiglia non sarebbe nemmeno tanto illogico come ragionamento, eppure non è possibile. A prescindere dal rapporto genitoriale, i figli godono di tutti diritti di qualsiasi altro essere umano estraneo e non possono essere obbligati a far qualcosa che non desiderano, con eccezione delle previsioni di legge.
Insomma, non si può obbligare un figlio a cercar lavoro, nemmeno se il figlio in questione ha terminato gli studi e vuole essere mantenuto per semplice pigrizia. Questo però non significa che i genitori debbano effettivamente mantenerlo per tutta la vita, ma nemmeno finché si deciderà a ricercare un’occupazione. In realtà, esiste una semplice risoluzione di questo problema.
Niente mantenimento al figlio che non cerca lavoro
I genitori non possono obbligare i figli a cercarsi un lavoro, ma possono decidere di tagliare il mantenimento. La legge che regola l’obbligo di mantenimento da parte dei genitori, infatti, prevede espresse condizioni per il termine del dovere. Con esclusione dei figli disabili, l’obbligo di mantenimento cessa al compimento di 18 anni, a meno che i figli non decidano di intraprendere o continuare gli studi.
Fino al termine della formazione, dunque, i figli hanno diritto al mantenimento da parte dei genitori, purché la scelta di formarsi sia effettivamente orientata alla futura realizzazione professionale e non fittizia. Insomma, studiare in eterno o farsi bocciare per continuare il percorso scolastico non è un’alternativa plausibile. Il tribunale di Padova con la sentenza n. 813/2018, affermava la decadenza del mantenimento in favore del figlio della coppia in separazione. Quest’ultimo, infatti, non aveva completato gli studi universitari all’età di 34 anni, senza valide motivazioni. I giudici, peraltro, hanno considerato che nella piena età adulta era dovere del figlio trovare un impiego, anche se non corrispondente alle proprie aspettative o progetti formativi.
Il medesimo principio si applica anche riguardo al lavoro. I figli maggiorenni che non intendono studiare o hanno terminato gli studi previsti devono infatti attivarsi concretamente per cercare un lavoro. Nel periodo di ricerca, continuano a ricevere il mantenimento. Quest’ultimo, poi, non è necessariamente escluso da un’assunzione. Si ricorda che affinché l’obbligo cessi è richiesta l’indipendenza economica dei figli.
Di conseguenza, si verifica una situazione quasi assurda e contraria alle aspettative di molti, in cui non cercare un lavoro comporta la revoca del mantenimento; al contrario, iniziare un’occupazione potrebbe consentire di intraprendere la strada per l’indipendenza senza togliere da subito il mantenimento.
Tornando al quesito iniziale, è vero che i genitori non possono obbligare i figli maggiorenni a cercar lavoro, ma è anche vero che ciò non è necessario in quanto possono negare loro il mantenimento (sia diretto che indiretto). Il principio è stato più volte ribadito dalla Corte di cassazione, la cui interpretazione annovera anche i rifiuti immotivati delle proposte di lavoro. Nel dettaglio, la Cassazione ha usato il termine “inerzia colpevole”, che indica precisamente il comportamento di un figlio che non fa nulla per ottenere l’indipendenza economica senza avere alcuna valida giustificazione (ad esempio di salute).
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