Più di 90 giorni di conflitto e Israele non ha ancora una soluzione per il dopo. Nel frattempo aumentano le tensioni a confine e la preoccupazione per un conflitto allargato con il Libano.
La guerra di Israele contro la popolazione palestinese della Striscia di Gaza, venduta al mondo come una “guerra contro il terrorismo di Hamas” (evento scatenante l’attacco del 7 ottobre 2023, a riprova che tutto ciò che ha portato a quel momento può essere facilmente dimenticato) è più grave del previsto. Giorno dopo giorno le decisioni del governo di estrema destra israeliano stanno alimentando la tensione nell’area.
Gli Stati Uniti si presentano ambigui sul territorio. Per due mesi hanno aiutato Israele (anche solo non agendo, non votando le risoluzioni per il cessate il fuoco, senza contare l’invio di armi e il sostegno pubblico) a uccidere oltre 20 mila persone palestinesi, di cui quasi 10 mila bambini; ora hanno cambiato registro e si dicono preoccupati per l’escalation nell’area. Antony Blinken, segretario di Stato americano, ha prima firmato le armi che avrebbero massacrato i palestinesi, poi è volato in Giordania, dove ha chiesto di “fare tutto il possibile per evitare che la situazione al confine tra Israele e Libano porti a un allargamento del conflitto”.
Preoccupazione che gli Stati Uniti hanno riportato anche a Israele, mettendoli in guardia dall’iniziare un conflitto anche con Hezbollah. Secondo la valutazione della Defense Intelligence Agency (DIA) degli Stati Uniti, Israele non riuscirà a vincere una guerra contro Hezbollah in Libano, almeno finché le sue forze sono concentrate su Gaza. Un gesto che potrebbe essere intrapreso dal primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu per la propria sopravvivenza politica.
Il prezzo del potere del leader israeliano potrebbe essere un nuovo fronte del conflitto.
Israele in guerra: le violazioni dei diritti umani
La classe politica israeliana è disposta ad allargare il conflitto per rimanere al potere. Nella giornata è stato reso noto il presunto (senza prove) numero di associati di Hamas uccisi a Gaza. Secondo le fonti israeliane sarebbero almeno 8 mila, un obiettivo che valeva (nel caso i dati fossero reali) la morte dei restanti civili innocenti.
Il ministero della Salute di Gaza - i cui dati sono stati quasi sempre veritieri in passato - segna 22,835 vittime (di cui 9,600 bambini), 58,416 feriti, di cui 8,663 bambini e oltre 7 mila dispersi. Un numero che, al momento, è impossibile confermare perché il sistema sanitario è al collasso. È probabile che i dati siano più alti.
Ora che, almeno secondo il portavoce Daniel Hagari, la leadership di Hamas nel nord di Gaza è stata smantellata, sarà il sud a essere preso di mira. Per questo si sta incoraggiando l’emigrazione “volontaria” dei palestinesi verso l’Africa. A dirlo è stato, recentemente, il ministro israeliano per la sicurezza nazionale, di estrema destra, Ben-Gvir (lo stesso che armava i colonizzatori israeliani per dare loro l’opportunità di eliminare la popolazione locale palestinese e occuparne le case).
Ricordiamo che lo “sfollamento forzato” costituisce un crimine di guerra secondo il diritto internazionale e che porta prove a coloro che, fin dal principio, hanno parlato di pulizia etnica e genocidio.
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Israele e la volontà di allargare il conflitto
Il governo israeliano si è fatto prendere da manie di potere e dopo aver dichiarato di essere riuscito a eradicare (a suon di missili sulla popolazione, i giornalisti e gli ospedali) Hamas dal nord di Gaza, ora pensa di poter sconfiggere anche Hezbollah, che minaccia direttamente. Netanyahu ha bisogno di consolidare il suo potere e come potrebbe farlo, in uno Stato di estrema destra e amante delle armi, se non con l’idea di guerra?
Benny Gantz, alto funzionario israeliano del gabinetto di guerra, si è detto interessato a una soluzione diplomatica con Hezbollah. “Contro chi ha iniziato - dice Gantz - Israele è interessato a una soluzione diplomatica, ma se non riesce a trovarla, Israele e l’IDF elimineranno la minaccia”. “Eroi” contro il terrorismo, Israele si erge anche contro Hezbollah (da cui sembra dipendere la pace del territorio), ma gli Stati Uniti li mettono in guardia su una palese sconfitta.
Un dato economico, che mette in prospettiva lo scontro sbilanciato contro il braccio armato di Hamas, vede Israele approvare l’ennesimo pacchetto di 2,5 miliardi di dollari per la guerra. Lo Stato sta prosciugando le finanze pubbliche, con almeno altri 13,6 miliardi di dollari spesi nel 2024. Questo si tradurrà in una triplicazione del deficit di bilancio fino a circa il 6% del Pil. Anche da un punto di vista di tenuta del governo, Netanyahu non è in buone acque, con la sua popolarità ai minimi. Il rischio è che pur di mantenere il potere, Netanyahu prosegua in intenti espansionistici del conflitto verso il Libano per portarsi a casa una “vittoria”.
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