Il Codacons ha presentato un esposto alla procura della Repubblica dopo che Granarolo e Lactalis hanno annunciato che entro fine anno un litro di latte costerà oltre 2 euro al litro.
Continua a salire il prezzo del latte in Italia, sulla scia della generale inflazione. Contemporaneamente, però, le stalle rischiano di chiudere. A pesare sono crisi energetica, speculazione e mancanza di interventi in sostegno del settore zootecnico. Insomma, una situazione negativa sia per i consumatori che per le imprese, che rischia di generare una spirale sempre più preoccupante per entrambi.
A lanciare l’allarme sulla speculazione legata all’aumento del prezzo del latte è il Codacons. Secondo i monitoraggi dell’associazione, a settembre un litro di latte Uht (sterilizzato) è più caro del 19% rispetto a un anno fa. Si tratta di un aumento di gran lunga più alto della media dell’inflazione, in generale sotto le due cifre.
Il prezzo negli ultimi mesi è cresciuto a dismisura, raggiungendo gli 1,75/1,80 euro al litro (secondo Nielsen). Ora, poi, i due principali produttori, Granarolo e Lactalis, hanno annunciato che entro fine anno il prezzo supererà la soglia dei 2 euro.
Prezzo del latte, chi specula sugli aumenti?
Il Codacons ha appena presentato un esposto alla procura della Repubblica. “In una situazione in cui già migliaia di persone in tutta Italia stanno tirando il più possibile la cinghia per riuscire ad arrivare a fine mese - spiegano dall’associazione - mentre il numero di persone in povertà aumenta giorno dopo giorno, abbiamo chiesto l’intervento delle autorità e l’individuazione dei responsabili dei comportamenti illeciti”.
Il Codacons aggiunge poi che anche il ministero dell’Agricoltura “conferma l’esistenza di una speculazione in corso, che finisce per danneggiare sia i consumatori sia gli allevatori, che vengono pagati ben al di sotto dei costi medi di produzione”.
Ma chi sta approfittando di questi aumenti di prezzo? Gli allevatori, così come i consumatori, sono vittime degli stessi aumenti causati dal caro energia e dal carovita. Quello lattiero caseario è uno tra i comparti più esposto all’impennata di costi registrata negli ultimi mesi. Basti pensare che nei primi nove mesi dell’anno l’energia elettrica è salita del 275%, il gas del 286%; il mais per l’alimentazione del bestiame del 41%, il fieno di erba medica del 57%.
Un allevamento medio-grande, tra i 100 e i 250 capi, in Lombardia per produrre 100 litri di latte spende quasi 51 euro, rispetto ai 47 di un anno fa. E, allo stesso tempo, ad agosto e settembre la remunerazione del prodotto era di 55 euro. Motivo per cui secondo gli allevatori la speculazione va cercata altrove.
La difesa di Assolatte
Anche l’industria della trasformazione rifiuta le accuse di speculazione. Secondo il presidente di Assolatte, Paolo Zanetti, “questo è un periodo difficilissimo per tantissime aziende del nostro settore, alle prese con dirompenti aumenti dei loro costi”.
Per Zanetti, poi, da mesi i trasformatori “stanno facendo i conti con gli aumenti di tutti gli altri fattori di produzione: i costi energetici sono altissimi, il prezzo di cartoni, plastiche e imballaggi è cresciuto di valori compresi tra il 70 e l’80%, i pallet del 58%: ora stiamo semplicemente ottenendo gli aumenti che più che legittimamente abbiamo chiesto mesi fa”.
Assolatte, insomma, si dice convinta che “gli aumenti complessivi che ci siamo caricati sulle spalle sono di gran lunga superiori a quelli certificati dal tasso di inflazione del settore e la spirale dei costi non è ancora terminata”.
Caro-energia, nelle stalle di montagna si uccidono gli animali
Secondo il presidente di Confagricoltura Viterbo-Rieti, Remo Parenti, “un numero imprecisato di stalle che potrebbe chiudere a fine anno”. Le aziende, infatti, da mesi lavorano in perdita nonostante il 74% di ricavi in più per un litro di latte (con la media del prezzo passata da 34 a 60 centesimi).
Le bollette, soprattutto dell’elettricità sono talmente care da annullare questi guadagni e anzi ridurre fortemente gli attivi, fin quasi ad azzerarli. Per Parenti “le bollette devono scendere perché è l’unico modo per abbassare la pressione sulla aziende”.
Secondo Coldiretti “a strozzare gli allevatori italiani è un’esplosione delle spese di produzione in media del 60%” e la situazione più grave è nelle stalle di montagna, dove per Parenti “molte aziende hanno valutato anche gli abbattimenti dei capi per sopravvivere (il calo stimato della produzione di latte del 15% n.d.r.), qualcosa che non possiamo permettere”.
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