Il mondo sull’orlo del baratro e mercati finanziari in allerta: in questo contesto così volatile, ecco perché 4 fattori possono aumentare il rischio caos.
Mai come in queste settimane i mercati finanziari sono alle prese con incertezza e volatilità. Che il mondo stia precipitando in una crisi su più fronti è opinione diffusa.
I motivi di preoccupazione non mancano: dall’esito della guerra in Ucraina, con la svolta di Trump a favore di Putin che ha spiazzato Europa e il mondo intero alle continue minacce di tariffe da parte del tycoon, potenzialmente in grado di innescare una guerra commerciale senza precedenti. Poi ci sono i rischi legati all’instabilità tedesca, con il voto in Germania di domenica 23 febbraio a interessare soprattutto il futuro dell’UE. Infine, la sfida tecnologica dell’Intelligenza Artificiale resta ancora in primo piano.
Tutti questi fattori di incertezza torneranno alla ribalta nella settimana dal 24 al 28 febbraio. Ecco perché, secondo l’analisi di diversi esperti interpellati da Reuters, i prossimi giorni potrebbero essere esplosivi.
1. Guerra in Ucraina, quale svolta?
Tre anni dopo l’invasione da parte della Russia, l’Ucraina si trova a un punto di svolta che era poco immaginabile fino all’arrivo di Trump alla Casa Bianca. In ballo non c’è soltanto la pace, ma anche un diverso approccio nel suo significato.
La fiducia degli investitori nel fatto che un cessate il fuoco promosso da Trump avrebbe migliorato le prospettive economiche dell’Ucraina ha innescato un sorprendente rialzo dei suoi titoli obbligazionari, con i warrant indicizzati al PIL che hanno brevemente raggiunto il livello più alto dall’inizio del 2022.
Tuttavia, un cambiamento retorico altrettanto sorprendente ha allarmato l’Europa: Trump ora definisce il presidente ucraino Volodymyr Zelenskiy un “dittatore” e lo ha escluso dai colloqui degli Stati Uniti con la Russia volti a raggiungere un accordo di pace. L’Europa, inoltre, deve pagare il conto per la normalizzazione ucraina in futuro secondo il presidente USA, che ha chiesto un risarcimento a Kiev per il passato sostegno degli Stati Uniti.
Secondo il Kiel Institute, i Paesi donatori hanno fornito circa 80 miliardi di euro (84 miliardi di dollari) all’anno dall’inizio della guerra, con i contributi europei che superano quelli degli Stati Uniti. Il PIL dell’Ucraina nel 2023 era di circa 179 miliardi di dollari.
Mosca controlla poco meno di un quinto del territorio ucraino. Qualsiasi tentennamento nel sostegno degli USA ostacolerebbe la capacità dell’Ucraina di continuare a combattere.
2. Germania al voto, Europa in bilico
La Germania vota domenica 23 febbraio. I mercati sono concentrati su cosa farà un nuovo governo per dare impulso a un’economia che è rimasta in stallo dopo anni di investimenti scarsi.
La questione è se il Paese tedesco riformerà il suo “freno al debito”, che limita il suo deficit di bilancio strutturale a solo lo 0,35% della produzione, mentre i dazi statunitensi incombono e la spesa per la difesa diventa sempre più urgente.
Per ora, gli investitori ritengono che qualsiasi cambiamento sarà limitato. Il leader conservatore Friedrich Merz, che è previsto guidi il prossimo governo, ha mostrato solo una limitata apertura alle riforme.
Il rischio da tenere d’occhio è se i partiti che si oppongono a tale riforma ottengano abbastanza seggi parlamentari da bloccare la modifica costituzionale.
Le elezioni sono fondamentali anche per capire come l’Europa reperirà le centinaia di miliardi di euro necessari per potenziare le sue difese, come rilancerà transizione energetica e settore automotive, mentre il cessate il fuoco in Ucraina è in bilico.
3. Dazi Trump, altra puntata in arrivo?
Ormai Trump ha abituato gli investitori a proclami minacciosi ogni settimana. La politica tariffaria del tycoon, infatti, sembra intesa soprattutto come ricatto verso i Paesi nemici o considerati tali per gli interessi prettamente nazionali della potenza americana.
Quasi sicuramente Trump finirà di nuovo sui giornali con ulteriori minacce di tariffe: la domanda è se gli operatori economici ascolteranno.
La risposta a detta degli analisti è “non proprio”. State Street ha scoperto che a novembre il 40% di tutta la volatilità del mercato azionario poteva essere spiegato dalla narrazione della guerra commerciale. Ora, è vicino al 2%.
Il cambiamento, affermano gli investitori, è dovuto alla percezione di un crescente divario tra ciò che Trump minaccia e ciò che effettivamente fa. E in questo momento, i mercati hanno molto da elaborare, dall’Ucraina ai semiconduttori.
Degli accordi commerciali potrebbero infatti essere conclusi. Il responsabile commerciale dell’UE ha incontrato i massimi funzionari del settore degli Stati Uniti e Trump afferma che è possibile un nuovo accordo con la Cina.
Tuttavia, la strada peggiore è ancora percorribile. Forse la prossima settimana qualcosa farà davvero credere ai mercati che gli Stati Uniti fanno sul serio sui dazi minacciati per automobili, semiconduttori e chip, prodotti farmaceutici, legname e, come dice Trump, “qualche altra cosa”.
4. I conti di Nvidia e l’ombra cinese di DeepSeek
Il produttore di chip Nvidia riporta i risultati trimestrali per la prima volta dall’emergere del modello IA cinese di DeepSeek, che ha mandato onde d’urto nei mercati.
Nvidia ha subito una perdita record di valore di mercato in un solo giorno il mese scorso, quando il modello DeepSeek a basso costo è stato lanciato, sebbene le azioni da allora siano per lo più rimbalzate.
Il rapporto del 26 febbraio della società metterà alla prova tale rimbalzo, così come la leadership di mercato delle “Magnifiche 7”, che hanno visto performance contrastanti finora nel 2025, poiché altri settori azionari statunitensi hanno ripreso il passo.
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