Quota 41 per tutti: la promessa di Matteo Salvini può essere davvero mantenuta? Ecco cosa viene nascosto in campagna elettorale.
Matteo Salvini spinge con forza su Quota 41 per tutti così da superare quanto stabilito dalla legge Fornero, almeno per la parte riferita alla pensione anticipata.
Oggi, infatti, per andare in pensione guardando solamente ai contributi, senza quindi tener conto dell’età, servono 42 anni e 10 mesi di lavoro per gli uomini, 41 anni e 10 mesi per le donne. L’obiettivo dichiarato della Lega è di portare questo requisito a 41 anni per tutti, come tra l’altro già è previsto per quei lavoratori precoci - ossia chi ha maturato 12 mesi di contributi prima del compimento dei 19 anni - che rientrano nelle categorie dei cosiddetti fragili (disoccupati, invalidi, caregiver e usuranti).
In questo modo si potrà dire di aver effettivamente superato la riforma Fornero, visto che verrebbero rivisti i requisiti per la pensione anticipata. E la Lega può contare anche sull’appoggio dei sindacati, i quali a più riprese hanno chiesto al governo Draghi - nell’ambito dei confronti che avrebbero dovuto portare all’approvazione di una riforma delle pensioni nel 2023 - di ridurre a 41 anni di contributi il requisito minimo per l’accesso alla pensione anticipata.
Ma per quale motivo, se è così facile abbassare tale requisito, non è mai stato fatto prima? Perché servono molti soldi per farlo, risorse di cui al momento l’Italia non sembra di poter disporre.
E la Lega lo sa, tant’è che nell’unica proposta di legge depositata ha previsto una penalizzazione per coloro che decidono di andare in pensione con 41 anni di contributi.
Pensione con 41 anni di contributi: Matteo Salvini la pone in cima alle priorità
Già nel 2018 l’obiettivo primario della Lega era di “cancellare la legge Fornero” introducendo la possibilità per tutti i lavoratori di andare in pensione, indipendentemente dall’età anagrafica, con 41 anni di contributi.
Tuttavia, allora si decise di partire - anche per una questione di costi - con tre anni di Quota 100, per poi passare a Quota 41 per tutti nel 2021. Tuttavia, la “crisi del Papeete” e l’uscita dal governo della Lega, con l’entrata del Partito democratico, fecero sì che questo progetto andasse in archivio.
Nel frattempo, però, la Lega ha depositato un disegno di legge finalizzato all’introduzione di Quota 41 per tutti, sul quale però torneremo in un secondo momento.
La caduta del governo Conte bis e il ritorno nella maggioranza della Lega non hanno cambiato gli scenari, visto l’atteggiamento prudente di Mario Draghi sul fronte pensioni. Tant’è che da qualche mese Matteo Salvini era tornato a parlare di “barricate” nel caso in cui il Governo non avesse fatto nulla per impedire il pieno ritorno della legge Fornero nel 2023.
Adesso che anche il governo Draghi volge al termine, Salvini ha deciso di riprendere il piano originario annunciando di voler introdurre Quota 41 per tutti come misura di flessibilità. “41 anni di lavoro sono abbastanza”, dice, trovando ovviamente il consenso di gran parte della popolazione.
E anche i sindacati sono dalla sua parte, visto che da tempo chiedono al governo Draghi di consentire il pensionamento a 62 anni di età o, in alternativa, con 41 anni di contributi.
Quanto costerebbe Quota 41 per tutti
Come anticipato, però, c’è un problema costi. Estendere a tutti la possibilità di andare in pensione con Quota 41, infatti, comporterebbe un costo di 12 miliardi di euro in più ogni anno.
Un’ulteriore spesa che non possiamo permetterci, poiché già oggi - nonostante le regole introdotte dalla Fornero - l’Italia spende 300 miliardi l’anno per le pensioni, il 16,7% del Pil nazionale. E questa spesa è destinata ancora a salire: indipendentemente da Quota 41 per tutti, infatti, nel 2036 è previsto un picco del 17,4% del Pil.
Quota 41 per tutti: quello che Salvini non dice
Un costo elevato, e la Lega lo sa. Tant’è che nel disegno di legge di cui vi parlavamo in precedenza, il n. 2855 presentato nel corso della XVIII per iniziativa dell’Onorevole Durigon, viene individuato un modo per ridurne la spesa.
Nel testo, infatti, si legge che:
Posto che tali soggetti sono generalmente già destinatari del sistema misto di calcolo della pensione, si propone che anche tale prestazione venga liquidata integralmente con il sistema contributivo.
Quindi, Quota 41 sì ma solo per coloro che accettano che l’assegno di pensione venga calcolato interamente con le regole del contributivo, anche per la parte antecedente al 1996 che diversamente sarebbe stata calcolata con il retributivo.
Tant’è che alla presentazione di tale disegno di legge non mancarono le polemiche di coloro che da anni sostengono, facendo parte di associazioni ad hoc, il progetto Quota 41 per tutti. Tale sistema, infatti, è a tutti gli effetti una penalizzazione, in quanto il ricalcolo contributivo comporta generalmente un taglio dell’assegno.
Ma d’altronde prevedere un ricalcolo contributivo sembra essere l’unico modo per estendere davvero a tutti la possibilità di accedere a Quota 41; la Lega lo sa e si è comportata di conseguenza, ma è importante è che tale aspetto non venga omesso dalla campagna elettorale.
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